Messaggio del cinema di guerra anni '30 in Europa
In campo diplomatico, politico e ideologico l’Europa del 33 era divisa. Il cinema, che ci dice poco sulla realtà dei fatti può costruirci un immagine del periodo. Mobilitata per una guerra mondiale, la gente aveva combattuto senza pietà ed era pronta a rifarlo. Tuttavia di rado i film descrivono il nemico. E’ difficile pensare però che negli anni Trenta gli Europei avessero dimenticato, il ricordo della catastrofe era ancora vivido, a eccezione di “Piccolo alpino”, nessun film osò insinuare che la guerra è un gioco. Il governo, il partito e i dirigenti dell’ufficio cinematografico sollecitavano continuamente la produzione di film eroici e patriottici, ma il risultato migliore fu "Le Scarpe al sole", che presentava la guerra come sopportabile, non piacevole. I registi italiani erano riluttanti dal celebrare la guerra.
Un aspetto stimolante del cinema di guerra è che sfugge alle etichette: non ci fu una concezione democratica degli eventi in contrapposizione ad una totalitaria; ovunque si tacquero le origini e le ragioni della guerra, e quasi nessun film cercò di considerare il futuro. L’immagine più comune fu la morte del singolo individuo; la guerra è disumana ma deve essere accettata e sopportata.
Un aspetto che merita è il mutamento avvenuto in Inghilterra e Francia dopo il 33: il forte interesse del pubblico per i film di guerra. Gli anni dal 30 al 33 furono un periodo difficile per ragioni economiche (la depressione) e politiche (la minaccia del fascismo), ma fino al 35 la Germania nazista non rappresentò un pericolo per il periodo europeo, e non fu la paura di una nuova guerra a indurre gli spettatori a fare la fila al botteghino. Forse è stato il cinema stesso a rilanciare un nuovo interesse per la descrizione delle ostilità: da un lato c’era il sonoro con le sue potenzialità imprevedibili e dall’altro c’era Hollywood con le sue eccellenti messe in scena; infine c’era un pubblico profondamente coinvolto nelle vicende dell’ultimo conflitto mondiale.
Il tratto più sorprendente del cinema di guerra è l’isolamento e l’autonomia di ogni nazione. Il caso italiano è ancora una volta molto specifico: il fascismo emulò il nazismo sotto molti aspetti (per esempio nella concezione dei raduni di massa) ma ci fu sempre una distanza o totale incompatibilità tra le rispettive rappresentazioni del conflitto.
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Autore:
Laura Righi
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Cinema e studi culturali
- Docente: Michele Fadda
- Titolo del libro: Cinema e identità europea
- Autore del libro: Pierre Sorlin
- Editore: La nuova Otalia
- Anno pubblicazione: 2011
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