Crisi del cinema europeo dagli anni Settanta
L’ampiezza della crisi fu immediatamente rilevata dai manager del settore che capirono che il cinema non stava attraversando semplicemente un ciclo negativo a era sulla via di un inesorabile declino. Il pubblico contemporaneo aveva caratteristiche nuove. L’indiscutibile successo degli “angry young men” non cambiò l’andamento. Dal 1970 il cinema era già una forma di spettacolo relativamente poco significativa e, nel corso degli anni’80 divenne totalmente marginale.
Nonostante l’evoluzione sia stata più lenta e diversamente caratterizzata, sul continente il fallimento fu ovvio come per l’Inghilterra.
In Italia il fenomeno fu simile, ma nella penisola il livello di affluenza indica l’improvvisa estraneità di un pubblico che era stato eccezionalmente fedele al cinema per 30 anni e poi aveva improvvisamente disertato le sale di proiezione.
Finanziariamente il calo degli spettatori fu compensato da un aumento dei prezzi. I canali televisivi sono stati spesso considerati responsabili della disaffezione nei confronti del cinema. Tuttavia non fu esattamente così.
In Germania e in Francia, gli esercenti trasformarono i cinema in multisale. Il fenomeno riguardò anche l’Italia, solo quando il pubblico ebbe un calo sostanziale furono chiuse mole sale e ci fu un rialzo dei prezzi. Il comportamento restrittivo adottato in Inghilterra accelerò il declino.
Il cinema, forma d’arte per eccellenza del 1950, divenne un’attività sociale trascurabile nel 1990. il cinema era in crisi ma è sopravvissuto, con spettatori drasticamente ridotti, grazie a vari supporti. I governi continuarono a finanziare un quarto dei budget. Furono organizzate coproduzioni. Eppure negli anni’80 in Europa sono stati prodotti 350 film l’anno, di cui 2/3 hanno rappresentato veri e propri flop. Vanno considerati altri fattori: l’intervento dei network televisivi; la tv ha contribuito al finanziamento dei film; ci furono poi gli sponsor privati.
Sebbene non fossero più un’attrazione di massa, i film grati tra gli anni’60 e ’90 hanno qualcosa da dire sulla loro epoca e sulla società che li ha prodotti. Chi è andato al cinema per tre decenni? Anche per quanto riguarda l’afflusso alle sale gli anni’60 rappresentano una svolta. La divisione principale riguarda 2 categorie di spettatori: il pubblico “popolare”ella metà del secolo, che era in via di sparizione, e un altro pubblico, di difficile definizione, che faceva registrare un calo più lento ma la cui composizione sociale rimaneva immutata. Nel 1950 andare al cinema era un’attività collettiva. Tre decenni dopo lo spettatore medio era l’individuo singolo, che, occasionalmente, andava al cinema con amici ma che in genere decideva da solo quando, come e che cosa vedere. Sulla scia dei gruppi familiari, le persone con più di 60anni abbandonarono le sale; i pochi interessati avevano abitudini particolari, ma forse questa è stata la forma di partecipazione più motivata.
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Autore:
Laura Righi
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- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Esame: Cinema e studi culturali
- Docente: Michele Fadda
- Titolo del libro: Cinema e identità europea
- Autore del libro: Pierre Sorlin
- Editore: La nuova Otalia
- Anno pubblicazione: 2011
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