Le poesie religiose e mitologiche di Lope Felix De Vega Carpio

Sono quelle più tarde, e quelle che meglio rivelano l’influenza di Gongora. Qui Lope, con sonetti e romances, riflette sulla passione di Cristo, o rimembra le proprie colpe anelando al perdono di Dio. Una fede sincera ma profondamente turbata, che insiste spesso sui motivi della sofferenza, delle piaghe e delle lividure, con un gusto morboso e ridondante che sa molto di barocco. Del resto pitture dell’epoca che battono sulle medesime immagini sono tantissime.
I poemi di argomento mitologico.
Rivelano la lezione gongorina anche dei poemi di argomento mitologico: Andromeda, Circe, La rosa blanca e soprattutto la Dorotea. La Dorotea è un poema dialogato in prosa, impossibile da mettere in scena per la lunghezza e la lentezza dell’azione, che rappresenta l’apice dell’impegno di Lope nel campo della poesia elevata e riflessiva. Meditata durante tutta la vita, ma concretizzata solo negli ultimi anni, essa è una sorta di grandioso mistero celestinesco dagli ampi risvolti autobiografici, in cui i dati della realtà vengono assunti e trasfigurati in un tripudio di letteratura. I personaggi, infatti, sono tutti letterati e poeti e la trama è continuamente interrotta da lunghi e ornati monologhi, scambi di lettere poetiche, indirizzi in verso, meditazioni e spunti di sermoni. Infine, nella Filomena, Lope critica il passaggio di Gongora al culteranesimo, riconoscendo che il poeta ha meritato i complimenti fin quando ha scritto secondo le sue “naturali forze e in lingua appropriata”, perdendo invece tutto nel passaggio alla nuova poesia. Lope, dicevamo, non iniziava mai polemiche letterarie e spesso lasciava correre. Solo nell’occasione prima citata, e ad una ennesima accusa di popolarismo risponderà a tono, facendo delle stesse critiche una delle bandiere della sua poetica.