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La discriminazione verso il comunismo (1950)


OCCORRE MODIFICARE LA MENTALITÀ. Gli esempi concreti sono più efficaci delle riflessioni generali. Parecchie sono le discussioni che si svolgono nel Consiglio dei ministri sulle misure da assumere nei confronti dei comunisti, spesso terminate con comunicati ufficiali che annunciano vaste iniziative e discriminazioni, in particolare nei confronti dei funzionari dello stato che non diano garanzie di fedeltà al regime democratico. Scelba nel 1954 sbotta dicendo che i comunisti agiscono fuori dalla Costituzione, e auspica addirittura controlli e spionaggi senza alcuna richiesta necessaria alla Magistratura.
Frequenti furono le ondate di perquisizioni poliziesche, di scioglimenti autoritari e di ispezioni prefettizie nei confronti delle cooperative di sinistra; immediatamente operative divennero le estromissioni delle organizzazioni di sinistra da edifici pubblici o da locali dell'ex partito fascista; innumerevoli le discriminazioni nei confronti dei film di sinistra, colpiti in sede di concessione dei crediti, ancora prima di arrivare ai comitati di censura.
Le proposte ben presto strabordarono: Scelba tuonava dicendo che gli impiegati di stato non avevano libertà di critica manco fuori dal lavoro, come da legge del 1908, precedente al fascismo e dunque valida; arrivò a chiedere l'espulsione dei comunisti, ove possibile, dalle commissioni dei concorsi universitari a cattedra.
Il quadro fin ora descritto, però, più che frutto di iniziativa italiana fu la pedissequa applicazione di indicazioni americane elaborate sin dal 1951.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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