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La dicotomia tra balancing e bandwagoning

La dicotomia tra balancing e bandwagoning costituisce un argomento di accesa discussione all’interno della teoria delle alleanze. 
Una critica efficace alla teoria tradizionale (ma non al modello dell’aggregazione di potenza) è quella fatta, nell’articolo Bandwagoning for profit, da R. Schweller, il quale critica la posizione di Walt, affermando che il principale errore del dibattito balancing vs. bandwagoning è stato quello di considerare i 2 concetti come antitetici, ma entrambi motivati dallo stesso obiettivo: il raggiungimento della sicurezza. 
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Secondo Schweller, definendo il bandwagoning semplicemente come l’opposto del balancing, se ne dà una visione troppo ristretta. Gli Stati, infatti, nella scelta tra balancing o bandwagoning seguono vari obiettivi. Più precisamente: 
− obiettivo del balancing è l’auto-conservazione e la protezione dei valori che già si possiedono ⇒ DESIDERIO DI EVITARE PERDITE 
mentre 
− obiettivo del bandwagoning è l’espansione ⇒ OPPORTUNITÀ DI GUADAGNO. 

In tutto ciò, dunque, secondo Schweller, la presenza di una minaccia esterna gioca un ruolo di scarsa importanza ⇒ egli propone una definizione di bandwagoning più ampia di quella di Walt, suggerendo inoltre che esso è il comportamento più frequente nella politica internazionale. 
Altri autori hanno criticato la teoria dell’equilibrio della minaccia di Walt. Ecco alcune critiche: 
Robert Kaufman Afferma che le democrazie non si comportano secondo quanto previsto dalla teoria dell’equilibrio della minaccia, perché esistono al loro interno delle costrizioni domestiche che ritardano l’adozione di un comportamento di balancing e ne diluiscono l’efficacia. 
Deborah Larson Afferma che la teoria di Walt non riesce a spiegare perché gli Stati in posizione simile si comportano in maniera opposta, diversamente da quanto previsto dalla teoria. Ad esempio: a volte, gli Stati forti fanno bandwagoning, mentre gli Stati deboli decidono di fare balancing. 

Tuttavia, afferma Schweller, Walt ha decisamente vinto nei confronti di queste critiche, dal momento che queste hanno comunque accettato la sua premessa, secondo la quale la scelta degli allineamenti viene meglio spiegata come risposta ad una minaccia. 
È proprio su questa premessa che Schweller organizza la sua critica. Egli, infatti, sostiene che spesso le scelte di allineamento sono guidate da opportunità di guadagno, così come da pericoli e timori di varia natura ⇒ la teoria dell’equilibrio della minaccia riesce a spiegare solo i casi in cui obiettivo dell’alleanza è la sicurezza. MA, come afferma lo stesso Walt, una delle principali motivazioni del bandwagoning è la condivisione del bottino della vittoria ⇒ occorre analizzare l’origine delle alleanze alla luce delle aspettative di guadagno, indipendentemente dal desiderio di una maggiore sicurezza. 
L’aspetto opportunistico del bandwagoning è molto importante soprattutto nell’analisi del comportamento degli Stati revisionisti. La teoria dell’equilibrio della minaccia, invece, è denotata dal grande difetto di essere tutta centrata sugli Stati soddisfatti e conservatori. Diversamente dai realisti classici, come E. H. Carr e H. Morgenthau, infatti, i realisti moderni tendono ad affermare che gli Stati sono disposti a pagare alti costi e correre alti rischi pur di proteggere ciò che già possiedono e, viceversa, pagherebbero pochissimo e correrebbero bassissimi rischi per migliorare la loro posizione nel sistema ⇒ la connotazione “posizionalisti difensivi” vale solo, secondo Schweller, nel caso degli Stati soddisfatti dell’attuale status quo. 
Ma di certo questo non è l’obiettivo degli Stati revisionisti, decisi a migliorare, non a conservare, la loro posizione nel sistema. 
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Una prima conclusione tratta da Schweller è che le potenze soddisfatte si allineeranno nella coalizione conservatrice, sia che sia la parte più forte sia quella più debole; le potenze insoddisfatte, invece, motivate più dal profitto che dalla sicurezza, faranno bandwagoning con uno Stato revisionista in ascesa. 
Dinamiche di bandwagoning spingono il sistema verso il cambiamento ⇒ è una forma di feedback positivo (il balancing, al contrario, è un feedback negativo, dal momento che mira ad evitare un disequilibrio o, in caso di fallimento, di restaurare l’equilibrio del sistema). 
In questo sta, per Schweller, la principale differenza tra balancing e bandwagoning: 
− balancing = un’attività estremamente costosa che praticamente nessuno vorrebbe intraprendere; alcuni, però, sono costretti a farlo per sopravvivere e proteggere i loro possedimenti; 
− bandwagoning = raramente comporta dei costi e generalmente viene adottato nella speranza di un guadagno. 

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Ecco perché Schweller afferma che il bandwagoning è la tendenza più tipica e comune nella politica internazionale. 
NB: questo non significa che gli effetti del bandwagoning sono sempre indesiderabili; essi, infatti, dipendono dalla natura dell’ordine esistente: 
− se l’ordine esistente è caratterizzato da conflitto, il bandwagoning potrebbe migliorare le prospettive di una pace più duratura; 
− se si verifica quello che Schweller chiama bandwagoning dello sciacallo, con uno Stato revisionista in ascesa o una coalizione desiderosa di rovesciare lo status quo, la stabilità del sistema diminuisce. Poiché le potenze revisioniste con obiettivi illimitati non possono adottare comportamenti di bandwagoning (sono loro, infatti, il “carro del vincitore”), il bandwagoning offensivo viene attuato esclusivamente dagli aggressori minori, che Schweller chiama Stati revisionisti con obiettivi limitati. Questi Stati generalmente si alleano con il leader revisionista, entrando nella sua sfera di influenza, sia per la prospettiva di un guadagno futuro, sia per timore dello stesso leader revisionista. 
Quando invece il leader revisionista è più forte dell’opposta coalizione conservatrice, esso può promettere guadagni allo sciacallo, in cambio del suo non allineamento con la coalizione avversaria. 
Poiché lo sciacallo è un “accattone” più che un vero predatore, questa forma di bandwagoning è una tipologia di buck-passing tra predatori = lo sciacallo cerca di scaricare agli altri lo sforzo offensivo; 
− se infine si verifica il bandwagoning di ammassamento (piling on) con la più forte coalizione conservatrice, la stabilità del sistema aumenta. Questa forma di bandwagoning si verifica quando l’esito di una guerra è già stato determinato ⇒ gli Stati generalmente si alleano con il vincitore, rivendicando guadagni non meritati. 
Quando il guadagno è la motivazione principale dell’allineamento, il piling on diventa in pratica l’applicazione del bandwagoning dello sciacallo alla fine di una guerra. 
Gli Stati, però, possono decidere di fare piling on anche perché temono che il vincitore li punisca in futuro se non si sono opposti ai perdenti. È la cosiddetta “onda del futuro” (wave of the future). Questa forma di bandwagoning è generalmente indotta da leader carismatici e da ideologie dinamiche, specialmente quando sostenute da una massiccia campagna di propaganda e di dimostrazione della propria superiorità sul campo di battaglia. 

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L’alternativa proposta da Schweller è la cosiddetta teoria dell’equilibrio degli interessi. 
Il concetto di “equilibrio degli interessi” ha un duplice significato: 
− uno a livello di unità = si riferisce ai costi che uno Stato è disposto a pagare per difendere i suoi possessi, relativamente ai costi che pagherebbe per espandere tali possedimenti; 

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Si delinea la gamma completa di interessi degli Stati, che Schweller esprime nel seguente modo: 
− x = i costi che uno Stato è disposto a pagare per aumentare i suoi possedimenti; 
− y = i costi che lo stesso Stato è disposto a pagare per difendere ciò che è già in suo possesso; 
− x ed y variano da 0 ad n. 


Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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