Cosa guida gli Stati? il timore o la prospettiva del guadagno?
Tanto per Walt quanto per Schweller le alleanze sono aggregazioni di potenza contro un nemico esterno. In un certo senso, la distinzione tra i 2 è chiara:
Walt prende implicitamente in esame soprattutto il caso delle potenze soddisfatte e conservatrici,
Schweller quello delle potenze insoddisfatte e revisioniste.
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Sottolinea Cesa, ci troviamo di fronte a 2 schemi teorici diversi che spiegano fenomeni e comportamenti diversi.
Il problema è che, impostata in questi termini, la contrapposizione tra balancing e bandwagoning non regge ad un esame più approfondito, tanto è vero che sia Walt sia Schweller avvertono la necessità di qualificare le loro generalizzazioni più caratterizzanti.
Ora, la distinzione tra “guadagno” e “minaccia”, solo apparentemente chiara sulla carta, incontra serie difficoltà nel passaggio dal piano concettuale a quello empirico: mentre per le piccole potenze parlare semplicemente di una “minaccia” ha un significato abbastanza preciso, dalle medie potenze in su la distinzione sfuma sino a diventare impalpabile. Persino nei casi apparentemente più chiari di alleanze “di profitto” c’è una componente di “timore” che non può essere trascurata (esempio: l’alleanza tra la Germania e l’Unione Sovietica nell’estate del 1939). Viceversa, anche nelle alleanze che possono essere spiegate principalmente in virtù di una minaccia comune, si possono rintracciare importanti elementi di “guadagno” (esempi: all’interno delle varie coalizioni che si oppongono alla Francia napoleonica, per lunghi anni la Gran Bretagna e la Russia sfruttano le difficoltà dell’Austria e della Prussia, loro alleate, per conseguire vantaggi politici e territoriali unilaterali).
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Molto spesso, minaccia e opportunità sono inscindibilmente legate ⇒ non sfruttando questa opportunità si rischia di trovarsi a malpartito, e nel reagire a questa minaccia non solo si provvede alla propria sicurezza immediata, ma non si esclude di guadagnarci persino qualcosa.
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