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Globalizzazione

Come sostiene Antony McGrew, cercare di dare un senso al dibattito accademico attuale presenta considerevoli difficoltà, dal momento che non c’è una teoria sulla globalizzazione, ma solo una pluralità di resoconti. È comunque possibile identificare 2 gruppi di argomenti:
iperglobalisti = coloro che pensano che la globalizzazione contemporanea sia un imperativo universale che sta ridando forma a tutte le società. Ciò che distingue l’era presente dal passato è l’esistenza di un’unica economia mondiale che trascende ed integra le maggiori regioni economiche mondiali. Entro la dinamica di questo nuovo capitalismo globale c’è una tendenza verso la denazionalizzazione di attività economiche strategiche: oggi solo la finanza globale e il capitale umano delle società, piuttosto che gli stati, che esercitano influenza decisiva sull’organizzazione, la locazione e la distribuzione del potere e della ricchezza economici
scettici = coloro che concepiscono la globalizzazione in termini ideologici. L’intensità dell’interdipendenza globale è ritenuta esagerata, a confronto con la belle epoque del 1890-1914, mentre gli attuali modelli d’interdipendenza suggeriscono che non è un fenomeno così globale come quello rigorosamente confinato agli stati membri dell’OCSE, in quanto solo questi sono stati i veri costruttori di un’economia internazionale più aperta e liberale. Secondo gli scettici, supponendo la novità del presente, i globalisti ignorano la supremazia continuativa del potere nazionale e della sovranità.
Non esiste neanche una definizione unanime di globalizzazione, ma il termine è stato variamente concepito come:
  • azione a distanza
  • compressione spazio-temporale
  • interdipendenza in accelerazione
  • integrazione globale
  • interconnessione interregionale
Il concetto di globalizzazione denota tuttavia molto più che una deformazione delle relazioni sociali e delle attività attraverso le regioni e le frontiere, ma rappresenta un cambiamento significativo nella portata spaziale dell’azione e dell’organizzazione sociale, verso una scala interregionale e intercontinentale.
Siccome una parte significativa della popolazione mondiale non è nemmeno direttamente toccata dalla globalizzazione, questa è dunque un processo che divide profondamente  l’irregolarità della globalizzazione assicura che essa è lontana dal poter essere considerata un processo universale sperimentato uniformemente attraverso l’intero pianeta.

Il dibattito in corso sulla globalizzazione è intrecciato essenzialmente con la questione del potere: le sue modalità, i suoi strumenti, l’organizzazione e la distribuzione. La globalizzazione può significare per alcuni un mondo che si restringe, ma per la maggioranza essa crea un distanziamento ed una profonda disaggregazione delle relazioni di potere: come ha dimostrato la crisi dell’Est asiatico nel 1997, i luoghi chiave del potere globale possono essere davvero immensamente lontani dai soggetti e dalle comunità per le quali decidono il futuro.
In verità, si può ritenere che in molti campi la globalizzazione abbia contribuito ad una notevole politicizzazione della vita sociale creando anche nuove modalità ed arene istituzionali attraverso le quali è possibile contrastare i suoi imperativi. Questo è evidente nei campi dell’economia e della politica.
2 trasformazioni fondamentali hanno dato forma alla costituzione della vita politica contemporanea:
1. lo sviluppo degli stati moderni, che hanno assistito all’omogeneizzazione della società e all’ingrossarsi dei confini nazionali
2. si esprime in vari modi:
istituzionalizzazione di un fragile sistema di governance multistratificata globale e regionale = processo di coordinamento politico tra governi , agenzie intergovernative e transnazionali, istituite per realizzare proposte comuni o beni collettivi attraverso la gestione di problemi che travalicano i confini. Certamente il sistema è ferito da enormi ineguaglianze di potere e rimane un prodotto del sistema interstatuale
notevole transnazionalizzazione della mobilitazione e dell’associazione politica, a cui bisogna aggiungere una proliferazione di associazioni, movimenti sociali, gruppi di cittadini, che si stanno mobilitando ed esercitando potere popolare attraversando i confini nazionali
importante cambiamento nel contenuto e nello scopo del diritto internazionale: le forme del diritto internazionale del XX secolo hanno creato le basi per quella che può essere pensata come una struttura emergente di diritto umanitario, che circoscrive e delimita il potere politico degli stati individuali
spazio politico e comunità politica non sono più sinonimi di territorio nazionale e i governi nazionali non possono essere più visti come gli unici padroni del destino dei loro cittadini.

Si può addurre che la globalizzazione stia contribuendo alla riconfigurazione del potere politico; di certo, però, questa riconfigurazione non è sperimentata uniformemente, ma è comunque articolata in maniera comune sotto diversi aspetti:
anziché sostenere che la globalizzazione sta portando alla fine dello stato essa sta piuttosto facendo emergere uno stato più attivista: in un mondo più interdipendente, per raggiungere obiettivi interni i governi nazionali sono costretti a intraprendere intense collaborazioni e cooperazioni multilaterali
gli stati moderni non hanno mai avuto il monopolio pratico dell’autorità sui propri cittadini, ma la crescente significatività dei centri di autorità sopra e sotto lo stato hanno compromesso ulteriormente l’autorità dello stato
gli stati oggi non sono più mondi separati: il crescente coinvolgimento in ordini regionali e globali e la proliferazione di problemi che travalicano i confini ha creato comunità di destino che si sovrappongono
l’ordine del modo contemporaneo può essere descritto come eteroarchia = un sistema nel quale l’autorità è spartita e divisa tra differenti strati di governance e nel quale una molteplicità di agenzie collaborano nel compito della governance.
Questa riconfigurazione del potere statuale pone all’agenda accademica 3 problemi di profonda importanza:
1. la regolazione della globalizzazione: si può rendere la globalizzazione più rappresentativa, responsabile e rispondente ai bisogni delle persone e non solo di quelli dei mercati globali e degli stati più potenti?
2. il ripensamento della pratica e della teoria democratica: la democrazia cosmopolita è un fine praticabile o desiderabile?
3. la ricostruzione della vita politica: se la globalizzazione ha un qualche significato, esso deve essere ricercato nell’approfondimento della sovrapposizione della vita politica interna ed internazionale.

Un tema predominante negli scritti contemporanei sul sistema e sull’economia internazionali è che le forze transnazionali della globalizzazione economica hanno minato lo stato nazione. Contro questa tesi, Robert Gilpin sostiene che lo stato nazione continua ad essere l’attore principale degli affari interni ed internazionali.
Contro la crescente significatività della globalizzazione economica, Gilpin argomenta che l’integrazione dell’economia mondiale è stata fortemente irregolare, ristretta a particolari settori economici e nemmeno tanto estesa quanto molti credono. Considerati in relazione alla dimensione delle economie nazionali e dell’economia internazionale, il commercio, gli investimenti e i flussi finanziari erano più estesi nel tardo ‘800 che oggi.
In aggiunta, la globalizzazione economica è per la maggior parte confinata alla Triade = USA, Europa occidentale, Giappone.
La più importante misura d’integrazione economica ed interdipendenza di economie distinte è quella che gli economisti chiamano legge del prezzo unico = se gli stessi beni e servizi in diverse economie hanno lo stesso prezzo, o quasi, allora queste economie sono fortemente integrate l’una con l’altra. L’evidenza, però, indica che i prezzi degli stessi beni nel mondo differiscono considerevolmente.
Un’altra indicazione dei limiti della globalizzazione è il fatto che ci sono notevoli differenze di prezzo nel costo del lavoro nel mondo e le grandi disparità mondiali negli stipendi sono condizionate molto dalle politiche migratorie fortemente restrittive di molti paesi.
La sovrapposizione della globalizzazione con numerosi altri sviluppi politici e tecnologici che stanno trasformando il mondo rende difficoltoso valutare la globalizzazione economica e le sue conseguenze. Inoltre, molti problemi, considerati un risultato della globalizzazione economica sono in realtà la conseguenza di politiche nazionali e decisioni governative sfortunate → gli ambientalisti si scagliano contro la globalizzazione anche se molti danni ambientali risultano da politiche e comportamenti di governi nazionali.

Secondo la tesi della fine dello stato, la crescente integrazione economica delle società nazionali ha minato l’interdipendenza economica e il ruolo economico dello stato è diminuito come conseguenza di diversi sviluppi:
1. l’intensificazione della competizione commerciale e il bisogno di ridurre i costi per gli affari richiedono una significativa riduzione del welfare e della tassazione corporativa
2. la preminenza del potere nella società slitta dallo stato alle imprese
3. le opzioni politiche dei governi sono limitate dal loro desiderio di attrarre capitale estero e dalla loro paura di fuga dei capitali
4. le richieste di efficienza economica e competitività internazionale necessitano una convergenza dei sistemi nazionali verso un’economia orientata al mercato
5. l’integrazione dei mercati finanziari ha minato l’effettività delle politiche fiscale e monetaria nella gestione dell’economia.
Gilpin però respinge ognuno di questi punti, affermando che il ruolo dello stato è sì diminuito o è stato modificato in alcune forme, ma questo declino deve essere collocato in prospettiva.

1. la crescente integrazione delle economie nazionali ha incoraggiato una maggiore convergenza ed armonizzazione delle pratiche e delle politiche economiche, ma comunque i regimi politici nazionali continuano a prevalere
2. nell’Europa occidentale i programmi di welfare sono eccessivamente generosi e diminuiscono l’efficienza economica  senza dubbio richiedono un arretramento
3. sebbene i confini nazionali siano divenuti più porosi, essi non hanno perso di certo il loro significato: con l’eccezione degli USA, la migrazione verso l’interno è stata fortemente ristretta per proteggere gli interessi di certi settori della società
4. politiche economiche imprudenti sono cattive sia con che senza globalizzazione
5. l’accresciuta mobilità internazionale di capitale ha minato l’abilità di un paese di gestire la sua economia
6. le performance molto differenti delle singole economie nazionali contribuiscono a sostenere l’idea che l’economia mondiale sia ancora divisa in un mondo di stati nazione e nelle loro rispettive economie.
Inoltre, secondo molti studiosi, oggi le organizzazioni internazionali dominano il sistema politico ed economico internazionale. Tuttavia, secondo Gilpin, questi regimi e istituzioni internazionali hanno serie limitazioni: da quando l’economia mondiale è divenuta più integrata e sono sorte nuove e complesse problematiche, un certo numero di questi regimi ed istituzioni ha dato prova di essere inadeguato per i doveri loro assegnati  all’inizio del XXI secolo, le istituzioni internazionali sono messe di fronte a numerosi problemi immediati il cui risultato determinerà la loro natura e il loro ruolo nell’economia globale:
1. deficit democratico = le istituzioni internazionali non sono responsabili verso nessun elettorato o cittadinanza  per riguardo ai desideri dei governi membri, le più importanti organizzazioni operano per di più in segretezza. Tuttavia, sempre più persone stanno cominciando a credere che la loro vita, le culture e il benessere sociale siano soggette a decisioni prese in segreto da anonimi burocrati internazionali → questi interessi crescenti nutrono reazioni violente contro la globalizzazione e minano le fondamenta dell’economia globale gestita da istituzioni internazionali

Sebbene debba essere fatto un serio sforzo per risolvere il deficit democratico, la soluzione non sarà facile, considerando il fatto che ottenere sia un’accresciuta efficienza sia una maggiore trasparenza sono considerati obiettivi contraddittori.
2. autorità e potere = il crescente distacco tra distribuzione di autorità entro le istituzioni internazionali e potere economico. Quando le istituzioni originarie di Bretton Woods (FMI, BM, WTO) furono stabilite e successivamente modificate, l’autorità su queste organizzazioni fu in effetti affidata agli USA e all’Europa occidentale. Oggi, però, la predominanza americana ed europea è divenuta sempre più nociva per le nuove potenze economiche: in particolare, il Giappone è molto scontento circa il suo ruolo subordinato all’interno di queste istituzioni

La discontinuità tra l’autorità e il potere deve essere corretta se si vuole che queste istituzioni sopravvivano: è necessaria la cooperazione tra le maggiori potenze economiche e sarà sempre più necessario includere tra queste quelle nascenti dell’Asia meridionale e orientale. Sfortunatamente, però, gli USA e gli alleati si stanno dirigendo in direzioni differenti e gli scontri tra di loro sono notevolmente cresciuti dalla fine della Guerra Fredda.
3. riforma istituzionale = molti americani influenti e altri studiosi sono giunti a credere che FMI, WTO e altre istituzioni internazionali debbano essere radicalmente riformate per dar conto della modificata distribuzione del potere economico globale e della mutata natura dell’economia mondiale.

Un’idea diffusa nell’opinione dell’elite americana è quella del nuovo medievalismo = il concetto di sovranità nazionale sta venendo meno come conseguenza di sviluppi sia interni che esterni; gli stati si stanno frammentando in sotto-stati come risultato di conflitti etnici e regionali e, allo stesso tempo, sono eclissati dalla nascita di attori sovrastatali (es.: le multinazionali, le organizzazioni internazionali, le ONG)  l’ordine gerarchico e un tempo dominante degli stati nazione è stato sostituito da reti orizzontali di stati, organizzazioni volontarie e istituzioni internazionali.
Il successo delle ONG nell’influenzare le politiche dei governi nazionali e delle istituzioni internazionali è impressionante, almeno in alcune aree. Secondo il nuovo medievalismo, la crescente importanza delle ONG negli affari internazionali sta portando all’emergenza di una società civile mondiale = lo stato nazione è divenuto un servo del capitalismo globale e divide con esso la responsabilità per le carenze economiche e sociali del mondo, come la disuguaglianza, il degrado ambientale e i diffusi abusi dei diritti umani.
Secondo Gilpin, però, sebbene i propositori del nuovo medievalismo parlino dell’emergenza di una cultura civica globale di valori e giudizi condivisi che fornirebbero le fondamenta sociali e politiche di un mondo gestito da ONG, l’evidenza che supporta questa tesi è difficilmente convincente.

Secondo Ian Clark c’è poco consenso nella letteratura esistente nel considerare la globalizzazione come fenomeno relativamente recente oppure di lungo periodo. Ad ogni modo, il punto importante da considerare è che ci siano state condizioni particolarmente forti che in certi periodi hanno favorito il corso della globalizzazione, mentre in altri momenti sono serviti come freni a tale corso → queste condizioni hanno aiutato a definire il relativo equilibrio tra le priorità dello stato e la più ampia struttura della regolazione internazionale.
È comune vedere la globalizzazione come qualcosa che è stata accelerata, se non iniziata, con la fine della Guerra Fredda  il principale effetto della fine della Guerra Fredda è stato quello di rompere le barriere che avevano in precedenza tenuto a bada la globalizzazione.
Il problema di questa analisi però è quello di negare l’ampiezza con cui anche la globalizzazione può essere servita per causare la fine della Guerra Fredda.
L’elemento principale a sostegno di questa tesi è quello secondo cui la globalizzazione deriva dal cuore degli stati che si sono formati durante la Guerra Fredda ed è divenuta una forza così potente che alla fine non solo ha indebolito la potenza dei protagonisti (in particolare l’URSS), ma ha anche reso la stessa Guerra Fredda sempre più irrilevante.

Come già affermato, ci si domanda se la globalizzazione sia una specie di forza indipendente o se sia formata politicamente dalla distribuzione del potere internazionale:
la versione liberale tende ad aderire al primo punto di vista → Rosenau: la globalizzazione non è tanto un prodotto o l’estensione del sistema interstatale, quanto una serie del tutto nuova di processi, una forma separata di politica mondiale, iniziata dalle tecnologie che hanno nutrito nuovi bisogni e desideri umani
il punto di vista alternativo nega che la globalizzazione abbia la sua propria logica inesorabile  ammette che essa possa essere facilmente discontinua e reversibile. Questa posizione deriva dalla visione realista della politica internazionale = continua efficacia dello stato e assunto che i mercati e le imprese non possono esistere senza un potere pubblico che li protegga. Allo stesso tempo, però, gli stati non sono rimasti immutati a seguito di questi incontri: nel trasformare l’ambiente economico nel quale operano, gli stati hanno determinato importati trasformazioni in ciò che essi stessi sono e in ciò che cercano di fornire ai loro cittadini

La globalizzazione ha bisogno della legittimazione dello stato, ma allo stesso tempo è la maggiore minaccia per questo: l’economia globale mette in discussione la legittimità di una struttura politica territorialmente demarcata ma al contempo è completamente dipendente da essa per la sua sostenibilità
ESEMPI
la sicurezza: la globalizzazione è il nuovo ambiente o struttura di sicurezza e gli stati sono in ritirata di fronte ad essa: essi sono meno capaci di provvedere alla sicurezza in questo nuovo contesto. Ciò, a sua volta, è associato con il più generale declino della territorialità che è ritenuto indotto dalla globalizzazione. Infine, si registra anche una crescente privatizzazione delle funzioni centrali di sicurezza, in quanto i ruoli dello stato sono sempre più demandati al settore privato e le aziende di sicurezza privata prendono numerose responsabilità internazionali
la democrazia e la pace liberale: il problema che emerge è se la diagnosi della democrazia in condizioni di globalizzazione indebolisca la validità della pace liberale. Il problema cresce a causa del modo di vedere largamente sostenuto secondo cui la globalizzazione corrode l’effettività del governo a livello nazionale e da lì erode i sistemi di responsabilità politica a quel livello. Tuttavia, nel momento in cui vediamo che l’ordine globale ha bisogno di venire in aiuto dello stato nazionale democratico, siamo anche incoraggiati nel credere che lo stato nazionale democratico rimanga il “salvatore” dell’ordine globale pacifico.

L’errore è quello di immaginare che globalizzazione significhi la fine di tutti i progetti di ordine internazionale, quando in realtà ciò che è in corso è la riconfigurazione dei principi di ordine internazionale in modo da riflettere le nuove realtà degli stati globalizzati.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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