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Cosmopolitismo e Globalizzazione

La fine della Guerra Fredda, con la sconfitta del comunismo, ha segnato la fine della storia, dal momento che non esistono altre sfide così potenti al liberalismo. Infatti, le attuali resistenze, come il fondamentalismo islamico o il nazionalismo cinese, sono solo sfide locali, che non hanno tendenze di universalizzazione.
Le ideologie portano alla costruzione di un’identità antropologica unica  COSMOPOLITISMO.

Altre idee rivoluzionarie sono:
IPERGLOBALIZZAZIONE = la globalizzazione sta creando una nuova società che abbatte i vecchi confini statali
VILLAGGIO GLOBALE  CNN effect
FEDERALISMO GLOBALE = le Nazioni Unite dovrebbero dotarsi di strumenti governativi  per rimuovere la guerra bisogna rimuovere gli stessi stati e creare un governo mondiale
Cooper distingue 3 tipi di mondi:
1. mondo post-moderno (UE), nel quale gli stati sono stati superati
2. mondo moderno (USA), in cui ci sono ancora gli stati
3. mondo pre-moderno (Somalia, Afghanistan), in cui gli stati non sono stati ancora creati.
Tuttavia, egli sostiene che nel lungo periodo questa suddivisione non regge, dal momento che parti interagenti tendono ad assomigliarsi  le zone interne diventeranno simili a quelle esterne, imbarbarendosi, oppure le zone esterne vengono stabilizzate.

CRITICHE RECIPROCHE:
1 vs. 2  sottovaluta gli stati
2 vs. 1  non considera gli elementi culturali
1 vs. 3  sottovaluta la forza
3 vs. 1  non considera né l’economia né le istituzioni
1 vs. 4  vedono l’anarchia come una cosa superabile
4 vs. 1  non considera l’identità umana globale

Michael Cox prende in considerazione l’impatto dell’11 settembre e le sue conseguenze sulla duratura relazione transatlantica → la crisi ha messo in luce non solo una profonda struttura fra il mondo occidentale e quello islamico, ma ha messo in discussione l’idea stessa di occidente.
Cox suggerisce che si sta realizzando un nuovo tipo di compromesso fra europei ed americani, il quale, però, sarà molto meno favorevole all’Europa per il semplice motivo che essa è oggi molto meno importante per gli USA.
Cox offre gli argomenti a favore delle 2 visioni:
ottimistica: crede ancora che le fondamenta della relazione transatlantica siano solide, che Kagan e i pessimisti abbiano torto e che ciò che unisce l’Europa e gli USA conterà sempre più delle divergenze. Gli argomenti addotti sono i seguenti:
1. ordine liberale (John Ikenberry) = non è necessario essere a tutti i costi soddisfatti, ma non c’è neppure bisogno di farsi prendere dal panico, perché alla fine della Seconda Guerra Mondiale venne raggiunto una sorta di “new deal” vantaggioso per entrambe le parti → l’Europa si impegnava a investire poche risorse nella propria difesa, la cui responsabilità veniva affidata agli americani, ottenendo però molti privilegi (aiuto americano, accesso al mercato americano, condivisione delle governance globale)

L’Europa e gli USA continueranno a cooperare in futuro tanto quanto in passato, perché il compromesso che esiste oggi è comunque migliore di ogni altra alternativa
2. verità realiste (Edward Carr) = nelle relazioni fondamentali fra stati avviene un cambiamento importante solo quando uno o più degli stati in questione si sentono insoddisfatti circa la distribuzione del potere attuale in modo sostanziale
3. indispensabilità della NATO = la NATO svolge tutta una serie di funzioni essenziali, tra cui:
prevenire una ri-nazionalizzazione della politica estera in Europa
integrare in un più ampio ordine mondiale gli ex paesi comunisti dell’Europa orientale
assicurare l’adesione alle regole politiche democratiche e a quelle economiche liberali di tutta l’Europa nel suo complesso
permettere agli USA di esercitare la propria leadership in Europa

La NATO continuerà ad esistere, anche perché l’America ne ha bisogno tanto quanto ne hanno bisogni i paesi europei
4. gestire l’indipendenza/organizzare la globalizzazione = è ovvio che c’è ben di più da fare, per mantenere l’ordine mondiale, che sconfiggere il terrorismo internazionale e debellare la rete tentacolare di Al Qaeda
5. combattere efficacemente il terrorismo = essa comporterà la formazione di coalizioni flessibili di paesi, che potrebbero anche cambiare ed evolvere; i paesi giocheranno ruoli diversi e daranno il proprio contributo in modi differenti
pessimistica: la sola cosa che teneva insieme le 2 regioni dopo la Seconda Guerra Mondiale era la Guerra Fredda  scomparso il conflitto fra Est e Ovest, è inconcepibile pensare che questi 2 grandi continenti possano cooperare strettamente in condizioni di anarchia. Altri fattori hanno ulteriormente contribuito ad accentuare questa tendenza, tra cui il crescente divario di valori fra i 2 continenti. Secondo Cox ci sono 5 fattori che hanno reso più complicate le relazioni dall’11 settembre e che continueranno a farlo in futuro:
1. esperienza dell’11 settembre = l’11 settembre è stato vissuto in modo diverso negli Usa e in Europa. L’indicatore più semplice di questo divario è il fatto che la maggior parte degli europei non pensano di essere realmente “in guerra”, mentre gli americani lo pensano davvero. Inoltre, l’11 settembre ha rafforzato la percezione, da parte dell’America, della propria eccezionalità

Mentre l’11 settembre è stato un evento davvero storico per gli USA e per la futura condotta della politica estera americana, non lo è stato affatto per l’Europa
2. dove sono i pericoli: ciò non vuol dire che l’Europa sia diventata insignificante, ma che ha perso il suo ruolo cruciale agli occhi degli USA → gli USA hanno spostato gradualmente il proprio centro di interesse dalla regione europea, relativamente libera da problemi, alle questioni regionali più pressanti del Medio Oriente e dell’Asia. Inoltre saranno necessarie nuove forme di coalizione che potrebbero facilmente rendere la NATO meno importante in futuro: saranno le minacce, secondo gli USA, a determinare le coalizioni, e non singole coalizioni precostruite a determinare come affrontare i pericoli
3. l’aritmetica della NATO = gli USA spendono nella difesa militare più di tutti gli altri principali paesi messi insieme. Inoltre, mentre la tendenza delle spese militari negli USA è decisamente in crescita, in Europa continua a diminuire e non c’è molta volontà politica di aumentarle, nonostante il parere allarmato di numerosi esperti a favore di un loro incremento

Il divario di capacità militare si sta ampliando invece di ridursi;
ciò comporta che i paesi europei non solo avranno meno influenza sugli USA, ma che questi ultimi prenderanno l’Europa meno sul serio

Se i membri europei della NATO intraprendono un’azione decisa, allora l’Alleanza in quanto tale avrà un futuro come organismo militare significativo; ma se essi non riescono ad agire, l’Alleanza diventerà una sorta di organismo secondario
4. rifiuto del multilateralismo = la tendenza ad allontanarsi dal multilateralismo risale a tanto tempo addietro che forse è un po’ scorretto attribuirla per intero a Bush

Il futuro del multilateralismo e della cooperazione internazionale, inclusa quella con i paesi alleati e amici al di là dell’Atlantico, appare decisamente problematico
5. scontro di visioni = le 2 potenze hanno concezioni piuttosto differenti e sempre più divergenti sul modo migliore in cui il mondo dovrebbe essere organizzato: c’è una differenza, radicata nela storia, fra un’Europa che ha raggiunto la maturità a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale attraverso la condivisione della sovranità nazionale e la costruzione di istituzioni comuni, e gli USA che temono la perdita di sovranità e sono sospettosi nei confronti delle istituzioni che non possono dominare

In virtù del ruolo molto più importante che gli USA rivestono nel sistema internazionale, i policy-maker di Washington sono indotti ad affrontare ogni specifico problema in modo talvolta sgradito agli europei.

Eppure, secondo quanto sostiene G. John Ikenberry, gli Usa sono stati i più impegnati sostenitori delle regole e delle istituzioni multilaterali, ma allo stesso tempo si sono regolarmente rifiutati di farsi coinvolgere negli impegni e negli obblighi istituzionali.
Questa profonda ambivalenza nei confronti del multilateralismo e del governo delle regole si manifesta attualmente nella guerra contro l’Iraq: nel combattere il terrorismo e gli stati canaglia che cercano di dotarsi di armi di distruzione di massa, l’amministrazione Bush ha affermato che gli USA cercheranno di stringere alleanze con i paesi che lo vorranno, ma che, se sarà necessario, agiranno anche senza il consenso delle Nazioni Unite o degli alleati.

Agli occhi della maggior parte del mondo, gli USA hanno di fronte 2 alternative:
1. un mondo in cui gli USA continuano a costruire l’ordine internazionale attorno a regole e istituzioni multilaterali
2. un mondo in cui gli USA iniziano a svincolarsi da queste stesse regole e istituzioni, un mondo basato sulla politica di potenza e sulla ragione del più forte
Tuttavia, Ikenberry sottolinea che, benché alcuni esponenti americani intendano utilizzare la potenza americana per opporsi al multilateralismo e al governo delle regole, la storia insegna che anche gli stati più potenti traggono vantaggio dal sostenere e dall’operare nel rispetto di un sistema internazionale di regole e di istituzioni.
Con la fine della Guerra Fredda e l’assenza di veri rivali geopolitici, gli USA sono in grado di agire da soli, senza sopportare costi eccessivi  il risultato sarà un ordine internazionale più egemonico che multilaterale, basato più sulla forza che sul diritto; il resto del mondo non sarà in grado né avrà la volontà di imporre agli USA restrizioni tali da modificarne la crescente inclinazione unilateralista. Le crescenti disparità di potere hanno creato inoltre nuove divergenze di interessi fra gli USA e il resto del mondo, cosa che riduce ulteriormente le possibilità di cooperazione multilaterale.
Nonostante tutto ciò, permane una serie di incentivi strutturali che spingono gli USA a sostenere il multilateralismo e un ordine basato sulla condivisione di regole:
interdipendenza economica e multilateralismo: man mano che cresce l’interdipendenza economica globale, cresce anche il bisogno di coordinamento multilaterale delle politiche pubbliche  se questa tendenza continuerà nei prossimi anni, è facile prevedere che la domanda di accordi multilaterali, anche e specialmente da parte degli USA, non diminuirà, ma, al contrario, aumenterà.
In effetti, gli USA richiedono un ambiente economico internazionale in espansione e sempre più complesso; tuttavia, per convincere altri stati a contribuirvi, gli stessi USA devono diventare più integrati in questo sistema di regole e istituzioni
potenza americana e multilateralismo = il sostegno americano al multilateralismo può anche derivare da un interesse strategico di ampio respiro a mantenere il potere e a creare un ordine internazionale stabile e legittimo. Il sostegno al multilateralismo, infatti, è un modo per manifestare la propria moderazione e il proprio impegno di fronte agli altri stati e per incoraggiare la cooperazione di stati più deboli
identità politica e multilateralismo = le origini illuministiche della fondazione degli USA hanno conferito loro un’identità che considera i propri principi politici come se fossero di valore e significato universale

La tradizione democratica repubblicana, che enfatizza il principio della legalità, fornisce un forte sostegno a favore di una politica estera orientata al multilateralismo.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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