Il primo approccio psicologico al bambino
Il primo approccio con un bambino serve in primo luogo a chiarire scopo e motivazione dell'incontro, e cosa si farà insieme.
Un secondo obiettivo riguarda il fatto che il bambino possa cogliere la specificità dell'incontro psicologico, come una situazione in cui il capire non è un processo dello psicologo sul bambino, ma col bambino, attraverso l'interazione, lo scambio, la relazione. Non è utile procedere all'esame psicologico del bambino fino a che non si ha l'impressione che egli abbia, almeno genericamente, intuito lo scopo dell'incontro.
Terzo punto importante riguarda una prima impressione conoscitiva: è possibile ottenere una prima valutazione del grado di adattamento interno, ed alla realtà esterna; è anche l'occasione per chiarire le ragioni del bambino, ciò che egli sperimenta come disagio, che può anche non coincidere coi motivi della segnalazione.
Di solito è utile, fatto salvo il primo incontro, vedere il bambino da solo, facendo attendere chi lo accompagna in un'altra stanza. Bambini molto piccoli o molto disturbati, invece, possono avere delle difficoltà a restare da soli, e può quindi essere necessaria la presenza di un genitore. In questi casi si guarderà all'interazione bambino-genitore, ed ovviamente si terrà presente che si ha di fronte una coppia: sarà importante evitare quegli interventi che mettono il genitore o il bambino in un “conflitto di lealtà”, cioè di scelta fra noi, da un lato, e il bambino o il genitore dall'altro.
Nei casi di bambini con gravi compromissioni delle funzioni dell'Io, lo psicologo dovrà cercare di favorire la comunicazione verbale, fin dove è possibile, integrandola con altri strumenti, quali l'espressione ludica, grafica ecc. Gli interventi devono essere mirati a contenere l'ansia, prevedendo anche la presenza della mamma o di un familiare se ciò aiuta il bambino a sentirsi più tranquillo e controllato.
In prelatenza il bambino si accosterà alla situazione nuova con un senso di curiosità verso la persona dello psicologo, probabilmente assimilando la nuova situazione a situazioni già note (dottore, insegnante ecc.). Può risultare difficile comunicargli a livello verbale il significato specifico della consultazione. L'uso di una modalità ludica può aiutare a trasmettere dei significati sul suo disagio, sulla sua motivazione, sulle sue aspettative.
La latenza è il periodo di massima armonia fra i sistemi psichici e rappresenta il culmine della forza e della stabilità difensiva. Per questo motivo, il bambino in latenza è di solito facile da accostare. Allo psicologo risulta abbastanza semplice, servendosi di una modalità concreta e realistica, accostarsi al bambino utilizzando l'espressione verbale.
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Dettagli appunto:
- Autore: Salvatore D'angelo
- Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Diagnosi psicodinamica
- Titolo del libro: Psicologia Clinica. problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia
- Autore del libro: A. Lis
- Editore: Giunti
- Anno pubblicazione: 1993
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