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Implicazioni socio-politiche in arte

Implicazioni socio-politiche in arte


Non sarebbe giusto tuttavia accordare alla causa di tanto danno, alla stessa critica, i benefici di un capro espiatorio, come può benissimo divenire il comportamente dell'artista per scusare la rovina di una tesi già confezionata. Il problema storico aperto dalla parentesi medialista è quello di aver voluto rappresentare e fasi rappresentare sulla scena artistica attraverso una metodologia di marketing eccessivamente erosa da più parti. Già nel suo originarsi l'ambizione eclatante di Medialismo era palese: una mostra perfettamente linda, curata e rifinita, un materiale cartaceo del cui messaggio materico si compiaceva persino Obrist, non già nell'empireo ma penitente ed acuto osservatore: il marchio stesso, ideato da Philippe Cazal la dice lunga sulle aspettative dell'una e dell'altra parte in causa. Cazal, che aveva in mente di formare una struttura d'attacco per la conquista di un circuito museale definitivo attraverso varie filiazioni in molti paesi europei; Paolo Vitolo che aveva la certezza di penetrare in territorio francese per poi storicizzare il suo Movimento in Italia e tirare i remi in barca. In tutto questo c'era un ché di consapevolmente vincente, ma rimaneva l'anello debole della catena: il critico. Il problema complesso posto dal Medialismo è tuttavia nella individuazione, per difetto, di un valore in crescente ascesa nell'ambito internazionale, come sarebbe poi divenuta l'età del Politically Correct, dell'attivismo Act Up e dei Gay Consortium, che in breve hanno monopolizzato il cotesto internazionale. Ma più di ogni altra cosa, ha nuociuto alla strategia da "marchio" il fatto che l'identità medialista, ha tralasciato accuratamente il problema socio-politico, che nella 'strategia da marketing' non riuscivano proprio ad inserirsi. In arte, d'altra parte, è assai improbabile che una simile manovra possa riuscire ad un solo critico, ovvero quella di inglobare completamente la contemporaneità attraverso l'identità di una mostra, e pertanto proprio nell'incoerenza teorica di una prassi aziendale, il Medialismo si è spento. Allo stesso modo si dilatavano le strategie dei gruppi di arte giovane; i Piombinesi si impantanavano nelle secche delle strategie e dalla galassia "alternativa" emerge il collettivo Oreste, presente alla Biennale del 1999, con il seguito convegno di Bologna "Come faccio?" che impone inesorabilmente il modello di autogestione delle risorse espositive. A questo punto risulta chiaro che le indagini socio-politiche siano di rilevante impatto nel contesto della contemporaneità.

Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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