L'età di Pericle (460 - 430)
L'età di Pericle (460 - 430)
Dal 460 al 430 Pericle fu re non coronato di Atene. Re perché godette di un potere assoluto, senza corona perché non ebbe altra carica che quella di stratega, alla quale era riconfermato ogni anno dall’Assemblea, pronto sempre a tornare a vita privata in caso di voto contrario dei suoi concittadini. Ma essi lo sostennero sempre, fino a che non morì di peste nel 430. Per tutto questo trentennio, che è definito età di Pericle e che fu in assoluto il periodo di maggior splendore di tutta la storia di Atene, Pericle fu, con il consenso di tutti, l’artefice e il responsabile di ogni scelta di Atene.
All’interno egli fu il promotore di un deciso rafforzamento della democrazia. Permise la partecipazione politica anche ai cittadini poveri, decretando che chiunque partecipasse all’Assemblea o al tribunale percepisse un’indennità che lo ripagasse della giornata di lavoro persa. Si trattò di una misura molto controversa che Pericle seppe controbilanciare con una norma che acconsentiva la cittadinanza solo a chi avesse entrambi i genitori ateniesi (secondo le stime circa 40'000 persone). Secondariamente Pericle fu il campione dei lavori pubblici (tradizionale arma politica del partito democratico): completò la costruzione della cinta muraria voluta da Temistocle, promosse una generale “rivalutazione urbanistica della città” che trasformò Atene in un museo a cielo aperto, e, infine, un grandioso progetto di ristrutturazione dell’acropoli, che vide fra le varie opere anche l’erezione del Partenone: il gigantesco tempio ad Atena oggi simbolo della città, della cui costruzione fu incaricato Fidia, il maggior artista del tempo.
All’esterno Pericle fu il promotore di una politica decisamente imperialista. Mentre con l’aiuto di una larga propaganda democratica cercava di minare l’egemonia dell’oligarchica Sparta, riprese contemporaneamente la lotta contro i persiani, accordando l’aiuto ateniese agli egiziani (che si erano ribellati ai persiani al momento della morte di Serse nel 465); tuttavia nel 452 dovette registrare la durissima sconfitta della sua flotta a largo delle coste egiziane. Di fronte dall’evento gli spartani dimostrano nobiltà, sospendendo per cinque anni il contrasto con Atene, che ne approfittò per condurre le sue forze (che erano anche le forze della Lega di Delo) contro quelle persiane a largo di Cipro. Lo scontro non fu risolutivo ma permise ad entrambi gli imperi di addivenire ad una pace onorevole (la pace di Callia, 449): Cipro e l’Egitto restavano ai persiani che in cambio confermavano l’indipendenza delle città ioniche. Si concludeva così, e questa volta definitivamente, il secolare conflitto fra greci e persiani. Del resto, in pochi decenni la Grecia sarebbe caduta nell’errore della guerra del Peloponneso mentre per l’Impero persiano sarebbe iniziata la decadenza.
PERICLE e l’IMPERO
Anche nei confronti dei suoi alleati Pericle condusse una politica marcatamente imperialista. Con il pretesto di garantire ad esso una maggiore protezione, il tesoro della Lega di Delo fu trasferito ad Atene, mentre lo stesso consiglio direttivo dell’alleanza non fu più riunito e l’Assemblea cittadina ateniese iniziò di fatto a prendere le decisioni comuni al suo posto. Anche il contributo in denaro che le polis dovevano versare per finanziare la guerra contro i persiani divenne senza più finzioni un tributo ad Atene, che Pericle impiegò da un lato per erigere le sue favolose opere pubbliche e dall’altro per la flotta (la quale, se è vero che combatteva i persiani, era però al contempo anche utilizzata per costringere le stesse polis della lega alla sottomissione).
L’imperialismo giunse al culmine quando Atene vietò alle polis della lega di battere moneta ed impose loro l’uso della dracma ateniese; quelle che si ribellarono furono attaccate dalla flotta e costrette all’obbedienza, mentre tutte le altre dovettero comunque subire l’ingerenza ateniese nei loro affari interni, sotto forma di sostegno alle forze democratiche (l’idea era quella che se ogni polis avesse avuto un governo democratico, questo non avrebbe rifuggito la sottomissione Atene, sapendo che essa sarebbe sempre stata sua alleata contro le forze aristocratiche). Infine, qua e là nei territori conquistati a città ribelli o in località geografiche strategiche, furono fondate cleruchie di cittadini ateniesi (un misto fra la colonia militare e lo scalo commerciale).
Insomma, quella che all’origine era un’alleanza paritaria fra polis greche in funzione antipersiana si era trasformata in uno strumento dell’egemonia Ateniese, o, se si preferisce, in un impero di città-stato mantenuto assieme grazie alla supremazia sul mare di Atene, che da città egemonica si era trasformata in città tirannica. Se Atene avesse allora saputo superare il suo amor proprio per dare vita ad un unione basata non solo sulla minaccia della forza ma sul senso di nazionalità e bene comune, allora la storia greca avrebbe avuto un altro corso. Ma come si è già approfondito, l’unità politica sovra-cittadina non era qualcosa di fattibile nella Grecia antica, e così quello di Atene rimase solo un labile impero, pronto a sfaldarsi non appena Sparta avesse deciso di intervenire, garantendo il suo aiuto alle polis sottomesse che desideravano libertà
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