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Le conseguenze dell’abuso: i rimedi


Gli ultimi due commi dell’art. 9 della l. 192/98 sono dedicati al profilo rimediale.
L’art. 93 sancisce la nullità del patto attraverso il quale si realizza l’abuso di dipendenza economica, attribuendo al giudice ordinario la competenza a conoscere tutte le azioni in materia.
Nei casi in cui la violazione incida anche sul mercato o sulla concorrenza, l’art. 94 riconosce l’operatività dei poteri attribuiti all’AGCM.
L’esigenza di garantire una forte tutela l’impresa dipendente giustifica una deroga all’art. 1419 c.c. e la nullità è “parziaria e necessaria” giacché l’eliminazione della parte colpita da nullità, pur non essendovi un’espressa indicazione della norma, lascia valido il contratto per il resto.
Ciò in quanto l’estensione della nullità all’intero contratto, finirebbe per vanificare la tutela volta a proteggere spesso un interesse anche alla conservazione del contratto.
La ratio della norma influenza anche la legittimazione ad agire del contratto nullo per abuso di dipendenza economica: essendo la nullità disposta nell’interesse di una parte, è sottratta alla controparte e a chiunque altro la possibilità di scelta di decidere se mantenere o eliminare il contratto.
Come accennato, nel 2001 il legislatore ha modificato l’art. 9 della l. 192/98, sancendo la competenza del giudice ordinario anche per l’azione inibitoria.
La l. 57/2001 ha anche riconosciuto espressamente alla vittima dell’abuso di dipendenza economica, il diritto di ricorrere al giudice ordinario per ottenere il risarcimento dei danni subiti, senza, tuttavia, qualificare la natura (contrattuale, extracontrattuale o precontrattuale) della responsabilità in esame.
Qualora vi sia sovrapposizione delle fattispecie dell’abuso di posizione dominante e del divieto di dipendenza economica si pongono problemi di coordinamento fra le relative discipline.
In particolare, si tratta di stabilire se il giudice competente per le azioni di nullità, risarcimento del danno e ricorsi cautelari, sia quello ordinario, come previsto dalla l. 192/98, o la Corte d’appello come sancito dalla legge antitrust.
Secondo un primo orientamento, in caso di sovrapposizione delle fattispecie, dovrebbe ritenersi prevalente la normativa antitrust; secondo un’altra interpretazione si dovrebbe ammettere il concorso fra le due normative, e attribuire all’impresa che subisce l’abuso la possibilità di valutare se risulti per lei più conveniente rivolgersi ad altro giudice di grado diverso.
Si ritiene, infatti, che la scelta dell’organo giurisdizionale da parte dell’impresa in stato di dipendenza economica, non possa frustrare la ratio, rispondente ad esigenze di celerità, della norma che attribuisce alla Corte d’appello la competenza a pronunciarsi sulle azioni di nullità e risarcimento del danno.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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