L’art. 13621 c.c.: comune intenzione delle parti
Sulla nozione di comune intenzione delle parti esiste una sostanziale identità di vedute nell’individuare, con tale termine, il reale assetto di interessi, “lo scopo condiviso dalle parti e perciò comune ad entrambi i contraenti” che è criterio ermeneutico e non giudizio di valutazione.
La ricognizione del senso letterale non si contrappone alla ricerca della comune intenzione: entrambe le indicazioni hanno di mira dati oggettivi come le parole usate o i comportamenti o un fine comune.
Resta da precisare se esiste una gerarchia delle modalità interpretative: quando il senso letterale ha condotto a risultati soddisfacenti non si dovrebbe passare a fasi ulteriori; questa convinzione va precisata.
Non c’è dubbio che la scienza giuridica è incentrata dal “primato del testo”.
Ciò significa in primo luogo che “non è consentito attribuire alla dichiarazione un significato privo di congruenza con il testo”.
La chiarezza del dettato dunque non preclude ma induce alla diffidenza rispetto mezzi extratestuali.
La chiarezza e univocità del dettato rileva solo quando lo spirito della convenzione non ne diverge.
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Civile, a.a. 2007/2008
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