Le caratteristiche dei mediatori
Il mediatore sembra esser tale quando e capace di connettere esperienze diverse, nello spazio - frequentando diversi luoghi dove si esercita mediazione educativa - e nel tempo - creando dei ponti tra ciò che si e appreso e quel lo che si potrà apprendere vivere fare.
I mediatori sono tali quando connettono non solo le esperienze che una persona può attraversare, ma anche diverse persone tra loro. Ciò che media si pone in mezzo ai singoli favorendo una convergenza di sguardi di prospettive.
I mediatori servono per fare esperienza: devono poter mettere alla prova il soggetto, ma perché questo sia possibile devono anche «rappresentare il soggetto senza comprometterlo».
Secondo Feuerstein e Tzuriel, ogni apprendimento è mediato: perché i bambini e le bambine possano imparare c’è sempre la predisposizione di qualcosa da parte di un adulto.
I mediatori agiscono distinguendo l’esperienza (educativa, di apprendimento) a cui introducono da quella che si fa normalmente, l’esperienza “diffusa”. In primo luogo, da un punto di vista cognitivo, agiscono modulando la frequenza degli stimoli ambientali: il mediatore amplifica determinati stimoli e ne attenua altri. Ciò consente di con centrarsi su qualcosa di specifico senza essere distratti da altro.
Si tratta di una semplificazione rispetto alla realtà: la mediazione è anche questo. I mediatori lavorano anche sull’ordine e sull’intensità con cui vengono presentati gli stimoli: in modo che l’attività che viene offerta sia sopportabile e praticabile dal soggetto.
Ciò che sembra un compito impossibile può scoraggiare rispetto al cimentarsi in esso, inducendo paura di sbagliare e ansia da prestazione. Così i mediatori elaborano le occasioni che si presentano in modo tale da renderle accettabili, percorribili.
Tutto ciò chiede a chi educa non solo di conoscere a fondo le situazioni in cui si trova a lavorare, ma di conoscerle in funzione della creazione di mediazioni. Ciò che media è il contesto stesso, quando viene modificato in modo, per esempio, da rendere possibile a un bambino o a una bambina l’esperienza del «sentirsi competente»: occorre creare l’ambientazione, relazionale e materiale, disporre tempi, spazi, risorse, relazioni, interazioni, in modo che il bambino possa agire autenticamente e, agendo, rendersi conto che può fare.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell'Educazione
- Esame: Didattica
- Docente: Cristina Palmieri
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