In abiti civili
Se volessimo essere ironici potremmo dire che la difficoltà di pensare gli abiti civili quotidiani del futuro è stigmatizzata dagli slip che indossa Feyd-Rautha, per il resto nudo di fronte allo sguardo lussurioso del Barone Harkonnen. Questi slip non sono che una parte della tuta, e quin-di in sé stessi un vero paradosso funzionale o, se si vuole, un abbinamento ultrakitsch tra intimo e tuta spaziale.
Per il resto, gli abiti civili non possono essere ritrovati nel folto gruppo delle Bene Gesserit, sorta di cenacolo femminile votato alla massima espansione dei poteri della mente; ogni appartenente a tale scuola indossa una sorta di divisa, a meno che non ricopra degli specifici ruoli, quali l’essere la concubina di un potente (è il caso di Lady Jessica, madre di Paul Atreides).
Questa scelta dei costumi ribadisce l’assenza del vestito quotidiano del futuro, la sua irrapresentabilità; gli abiti femminili - gli unici che non siano tute o uniformi - sono quelli di rappresentanza, quelli di corte. Per questo, malgrado la storia sia ambientata in un futuro lontano (il 10191), essi possono essere pensati “secondo tradizione”. L’aristocrazia è intemporale dal momento che pensa il proprio valore come eternabile attraverso la trasmissione generazionale. Il velo ribadisce la memoria del loro ruolo di spose e la mediazione necessaria (il rispetto di un’asimmetria) cui deve sottostare lo sguardo dell’estraneo. Il mantello e l’ampiezza dei tessuti restituiscono nel contempo un’idea del femminile che, malgrado si affretti a predicare un contegno (capelli raccolti, busto stretto sul petto, ecc.), si presta anche a irradiare i propri flessuosi movimenti. Il vestito è un amplificatore di un’interiorità contenuta; traduce in immagine magniloquente un corpo parlato” a bassa voce”.
Il destino di Jessica è ora legato a doppio filo con quello di suo figlio Paul; sperduti tra le rocce del deserto, andranno in cerca dell’aiuto dei Fremen già abbigliati-entrambi con le tute concepite da questo popolo misterioso e capace di sopravvivere nelle zone più inospitali di Dune. Più tardi, il destino riserverà a Lady Jessica un nuovo ruolo di primo piano, quello di sostituire la vecchia Reverenda Madre dei Fremen. L’occasione di tale cerimonia è l’unica che permuta le tute dei Fremen con dei vestiti da cerimonia, indossati dallo stesso Paul Atreides. Le riprese e il montaggio scelto da Lynch non consentono una piena messa in valore delle scelte del costumista. Le donne, compresa la reverenda madre, vestono delle tuniche nere che scendono, lunghe, increspate e morbidissime fino a terra. Sulle braccia e sulle spalle le tuniche presentano delle aperture attraversate da legacci di nastro dello stesso colore della veste, oppure le braccia sono nude.
Anche per quanto riguarda gli uomini, essi sono vestiti con abiti molto simili tra loro, con piccole variazioni. Vi è una giacca molto abbondante e con spalline sovradimensionate ed alzate, pantaloni nello stesso colore grigiastro e solo la camicia presenta un motivo decorativo attorno al colletto di color bordeaux molto sobrio. Il tessuto appare felpato, ma rigido.
Poco poco, Paul si fa portare nel deserto per bere l’Acqua della vita, che rappresenta il quid differenziale del femminile. Paul diviene così un personaggio mitico in grado di riunire i termini contrari; si mette a capo degli animali che vivono sotto terra (i vermi) così come degli uomini, controlla tanto la terra (può aprirla con la sua voce) quanto il cielo (può portare la pioggia); non smentisce il proprio essere originato da padre e madre nel mentre riconduce la storia al suo punto d’origine. Contemporaneamente, l’esercito tutto “al maschile” che Paul ha arruolato tra i Fremen, si ritrova, al momento della battaglia con gli Harkonnen, attraversato da combattenti femminili, capitanate da Chani, fidanzata di Paul. L’esercito di resistenza diviene la milizia di un eletto (Paul) , e il popolo reietto (Fremen) diviene la nazione fedele del suo Dio; queste trasformazioni passano oltre la distinzione di gender, dato non è più il ruolo sociale intramondano che viene focalizzato, bensì quello che religiosamente ciascuno si può ascrivere sullo sfondo di un orizzonte trascendente.
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