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Essere con gli altri


La vita, nel suo scorrere, è impetuosa e violenta, trascina, e per non lasciarsi trascinare è necessario in qualche modo tirarsene fuori. La vita può essere patita se non ben amministrata. Nel rientrare in sé l’uomo riflette: l’anima, o la mente, fa da specchio al mondo e a sé nel mondo. Nel divenire intimi con se stessi avviene un evento particolare: il distacco da sé (quasi una prima tappa alla formazione del carattere).
Gli uomini fino a che restano immersi nel flusso della via non riescono neppure ad afferrare se stessi; nel trarsi fuori, al contrario, si afferrano proprio perché prendono distanza dal proprio io.
Per comprendersi l’uomo ha bisogno di guardarsi “come da fuori”, con un altro occhio. Non disperdersi nell’esteriorità, ma neppure affezionarsi alla propria soggettività. Per meglio comprendersi bisogna relativizzarsi. È necessario liberarsi dalla prigionia della propria soggettività, sciogliersi da sé. Solo così è possibile guadagnare la nostra giusta dimensione, calcolare il nostro effettivo peso e valore, definire con maggiore esattezza i nostri compiti. Questo passaggio non può essere compiuto altrimenti se non attraverso l’elaborazione di immagini di mondo entro cui ogni esistenza può trovare una sua collocazione, e perciò il suo significato. Il termine mondo, infatti, ha la stessa radice del termine latino mundus, che indica pulizia; lo stesso significato ha la parola greca kosmos da cui cosmesi, decoro, eleganza. Avere un’immagine del mondo significa pensare la realtà come un insieme ordinato senza di cui essa non sarebbe rappresentabile.

Tratto da GUIDA ALLA FORMAZIONE DEL CARATTERE di Anna Bosetti
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