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Le forme della relazione


Il corpo è interno/esterno, è apertura/chiusura. Nel gioco di queste relazioni si viene mano a mano formulando l’esperienza di sé come io corporeo. Siamo sempre copro eppure l’io corporeo non emerge con la stessa evidenza in ogni momento.
Già Aristotele, in riferimento al modo di percepire se stessi, aveva distinto tra i sensi della distanza e quelli della prossimità. I sensi della distanza (vista-udito) portano ad evidenza gli oggetti e tengono sullo sfondo il corpo. Se guardo un paesaggio, vedo soprattutto il paesaggio e mi sento poco corpo. I sensi della prossimità sono il gusto, il tatto e l’odorato. Con essi ci si sente corpo. Il toccare e il sentirsi toccati porta ad evidenza il corpo come oggetto nello spazio.
Non vi è mai separazione tra corpo e mente, ma vi sono alcuni stati in cui la mente si sente più corpo e altri in cui il corpo si sente più mente. Questa modificazione la si può notare anche nella vista quando si considera come essa si sdoppi tra vedere e essere visti, dando con ciò una diversa esperienza dell’io corporeo. Lo sguardo che ci guarda ci costringe e domandarci chi siamo. Gli altri ci riconducono a noi stessi a partire dalla nostra esteriorità, dal nostro inequivocabile essere corpi. Sotto lo sguardo dell’altro ci cogliamo nella nostra nuda corporeità.
Ma nel sentirmi corpo posso, ad esempio, percepirmi come oggetto del desiderio dell’altro e per ciò non come cosa inerme, ma desiderabile e perciò potente.
Sotto lo sguardo dell’altro posso dunque sentirmi umiliato o seducente. Ma nel sedurre l’altro posso essere desiderato semplicemente come corpo e corrispondervi. Il corpo acquista significato nel gioco relazionale.

Tratto da GUIDA ALLA FORMAZIONE DEL CARATTERE di Anna Bosetti
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