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Da autocoscienza a ragione in Hegel



L’autocoscienza che prevarrà sarà considerata “signore” mentre le altre “servitù”. È ciò che avviene nel mondo antico. La servitù lavorerà per il signore ma grazie a questo essa ingaggerà un processo di liberazione che il signore non sarà in grado di fare: mentre il signore dipenderà dalla servitù, questa si accorgerà che senza il proprio lavoro il signore non è in grado di vivere (perciò è come se si ribaltasse la situazione). Questo processo di liberazione dell’autocoscienza passerà poi per altri stadi: lo stoicismo (con l’indifferenza) lo scetticismo (attraverso la negazione della realtà); ma con lo scetticismo la coscienza non riesce a risolvere la consapevolezza della separazione tra sé stessa e la divinità e diventa coscienza infelice. Da questa situazione riesce ad uscirne attraverso il tuffo nell’infinito proprio del cristianesimo medioevale. In questo modo l’autocoscienza riconosce la propria assolutezza, conquista in maniera più piena la sua libertà e passa ad essere ragione. Ciò che appariva esterno alla coscienza adesso non è altro che un momento interno. Essa giunge all’idealismo ossia la consapevolezza che la realtà è il pensiero stesso, l’idea.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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