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Gentile e teoria della prassi in Marx


Gentile invece rinviene in Marx una filosofia della prassi: il merito di Marx è stato quello di criticare il materialismo tradizionale, concependo l’oggetto non come un dato, ma come un processo, intrinsecamente legato all’attività umana. È l’azione che produce e modifica l’oggetto, il quale a sua volta viene a modificare anche il soggetto, così che da effetto diventa “causa della causa”. In ciò consiste il rovesciamento della prassi. La prassi che aveva come principio il soggetto e come termine l’oggetto si rovescia tornando dall’oggetto al soggetto. Per Marx reale è l’individuo sociale che non può sciogliersi dai legami della società (che è effetto della sua prassi). È studiando la prassi a priori che Marx si è arrogato il diritto di affermare che si possa determinare a priori lo sviluppo della storia, ossia costruire una filosofia della storia. Essa è caratterizzata dall’inevitabile lotta di classe ed è per questo che Gentile sostiene che la filosofia della storia di Marx è caratterizzata dal determinismo e dal teleologismo. Dal momento che Marx era stato filosofo prima che rivoluzionario, la sua teoria poteva essere confutata solo filosoficamente e non attraverso l’esperienza come voleva fare Croce. L’errore di Marx era stato quello di considerare il pensiero forma derivata e accidentale dell’attività sensitiva. A ciò Gentile opponeva una tesi che diventerà nucleo portante del suo sistema filosofico: il pensiero è reale perché e in quanto pone l’oggetto (nel momento in cui il pensiero esiste, pensa e se pensa, fa). In questo modo Gentile si accostava alla tradizione idealistica di Fichte ed Hegel che avevano risolto il reale alla coscienza che il soggetto ha di esso.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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