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La riserva di giurisdizione dei tribunali ecclesiastici


Il giudizio sulla impugnazione della trascrizione civile del matrimonio religioso ha ad oggetto un atto dello stato civile e rientra nella giurisdizione del giudice dello Stato: in caso di pronuncia di nullità, gli effetti cesseranno ex tunc, ossia dal momento della avvenuta trascrizione.
Altro problema è se una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale possa avere efficacia civile: l’Accordo di Villa Madama ha disposto che ciò possa avvenire mediante un vero e proprio procedimento di delibazione della sentenza canonica, promosso davanti alla Corte d’Appello nel cui distretto si trova il luogo di celebrazione del matrimonio.
Nessun altro provvedimento concernente il matrimonio è ammesso agli effetti civili (il provvedimento pontificio di dispensa dal matrimonio rato e non consumato) in quanto provvedimenti emanati a seguito di un procedimento amministrativo privo di garanzie del rispetto del diritto di agire e resistere in giudizio.
Prima di analizzare il procedimento di delibazione, si rammenta che il Concordato del 1929 riservava esclusivamente alla competenza dei tribunali e dicasteri ecclesiastici le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa del matrimonio rato e non consumato.
Si trattava quindi di una riserva assoluta di giurisdizione a favore dei tribunali e dicasteri della Chiesa.
Detta disposizione non è stata riprodotta nel nuovo Accordo.
È sorta pertanto in dottrina e in giurisprudenza la discussione sulla sopravvivenza o meno di detta riserva e ci si è chiesti se non sia aperta una competenza “concorrente” dei Tribunali dello Stato.
Secondo la dottrina, confermerebbero il venir meno della riserva:
il richiamo del Protocollo Addizionale agli artt. 796 e 797 c.p.c., i quali, esigendo che la sentenza da delibare non sia contraria ad altra sentenza pronunciata dal giudice italiano o che non sia pendente davanti al giudice italiano un giudizio tra le stesse parti e per il medesimo oggetto, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza straniera, riconoscono evidentemente la possibilità di una giurisdizione statale in materia di nullità di matrimonio canonico trascritto;
la mancata riproduzione nel testo del 1984 della disposizione concordataria sulle riserva risolverebbe in radice la questione, in quanto essa, costituendo un limite alla giurisdizione statale, si risolverebbe in una limitazione della sovranità dello Stato, che come tale deve essere enunciata in modo espresso.
Quanto alla giurisprudenza, la Cassazione a Sezioni Unite ha affermato l’esistenza di una concorrenza di giurisdizioni, civile ed ecclesiastica, “stemperata” dal criterio della prevenzione, per cui adita (indifferentemente) una giurisdizione non sarebbe più possibile rivolgersi all’altra.
Qualora si aderisse all’orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale anche i tribunali civili possono dichiarare la nullità del matrimonio c.d. concordatario, sussisterebbe in ogni caso il problema relativo al diritto applicabile: da una parte il ricorso al diritto canonico sarebbe imposto dalle norme di diritto internazionale privato; dall’altra, si è ritenuto che l’applicazione da parte dei tribunali dello Stato di un diritto di natura religiosa contrasterebbe con il principio supremo della distinzione degli ordini sancito dall’art. 7 cost.

Tratto da DIRITTO ECCLESIASTICO di Stefano Civitelli
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