Le origini, l’introduzione del matrimonio civile e il regime concordatario
Sulla base della qualificazione sacramentale del matrimonio, la Chiesa in passato ha affermato la propria potestà a stabilire i requisiti di validità del matrimonio e i diritti e doveri dei coniugi, lasciando allo Stato esclusivamente la disciplina degli aspetti patrimoniali del vincolo.
Il matrimonio civile è introdotto per la prima volta in Olanda nel 1580, al fine di regolare la posizione di dissidenti religiosi, per consentire cioè l’instaurazione del rapporto coniugale anche a coloro che non appartenevano alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni riconosciute dallo Stato.
Nel 1651 il matrimonio civile appare anche in Inghilterra.
Solamente con la Rivoluzione francese si giunge alla completa laicizzazione dell’istituto, qualificando il matrimonio come contratto civile.
In Italia il matrimonio civile fu introdotto con codice civile del 1865: conformemente all’indirizzo liberale separatista del tempo, venne sancito il principio per cui l’unico matrimonio considerato giuridicamente rilevante era quello civile, che diventava imprescindibile per chiunque volesse acquistare la qualità di coniuge di fronte allo Stato.
Il matrimonio religioso era fatto lecito, ma giuridicamente irrilevante.
Con la stipula dei Patti Lateranensi del 1929 fu introdotta, accanto al matrimonio civile, la possibilità di contrarre un matrimonio canonico coi venivano collegati gli effetti civili mediante il procedimento di trascrizione nei registri dello stato civile ad opera dell’ufficiale dello stato civile.
All’ordinamento canonico, pertanto, spettava disciplinare la capacità delle parti, gli impedimenti alla celebrazione e la sua forma; all’ordinamento civile competeva la regolamentazione del procedimento di trascrizione e del rapporto matrimoniale (i diritti e i doveri dei coniugi).
Tale ripartizione di competenze tra Stato e Chiesa si rinveniva anche nel momento patologico del matrimonio, poiché ai tribunali della Chiesa cattolica era riconosciuta la giurisdizione in via esclusiva a giudicare dell’invalidità del negozio matrimoniale, ai tribunali dello Stato giudicare dell’eventuale invalidità della trascrizione del matrimonio e della separazione dei coniugi.
Il Concordato disciplinava anche l’efficacia civile delle sentenze di nullità pronunciate dai tribunali ecclesiastici: l’esecutività veniva concessa con ordinanza della Corte d’Appello, la quale, senza effettuare alcun controllo sull’operato degli organi ecclesiastici, si limitava a prendere atti dell’intervenuta pronuncia di nullità matrimoniale in sede canonica.
Era prevista anche l’efficacia civile dei provvedimenti di dispensa pontificia (scioglimento) nel caso di mancata consumazione del matrimonio.
La l. 1159/29 detta “Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio davanti ai ministri dei culti medesimi”.
Tale legge si differenzia profondamente dalla normativa concordataria poiché disciplina un mero matrimonio civile celebrato in forma speciale; infatti, la legge sancisce tutti i requisiti per una valida celebrazione del matrimonio rimanendo salva l’integrale applicazione della legge civile relativamente alla disciplina sostanziale del matrimonio-atto e alla giurisdizione dei tribunali dello Stato.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Ecclesiastico, a.a. 2006/2007
- Titolo del libro: Manuale breve diritto ecclesiastico
- Autore del libro: E. Vitali e A.G. Chizzoniti
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