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La disapplicazione degli atti amministrativi


Come si è già accennato, al giudice ordinario la legge di abolizione del contenzioso amministrativo assegnò, quasi a compensare, l’esclusione di un potere di annullamento degli atti amministrativi, la capacità di procedere alla c.d. disapplicazione.
La legge di abolizione del contenzioso amministrativo ha suscitato interpretazioni molto varie.
Punti fermi, condivisi con ampiezza dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sono praticamente solo i seguenti:
a. la disapplicazione presuppone l’esistenza di una controversia inerente a un diritto soggettivo;
b. la valutazione degli atti amministrativi e dei regolamenti ai fini della loro disapplicazione concerne solo la legittimità, e non l’opportunità;
c. attraverso la disapplicazione il giudice può sindacare la legittimità dell’atto amministrativo anche d’ufficio.
Così configurata, la disapplicazione si configura come elemento di un modello di tutela alternativo rispetto all’impugnazione del provvedimento.
L’istituto della disapplicazione è stato utilizzato in due ipotesi: nel caso di una pretesa di un privato verso l’Amministrazione che si fondi su di un atto amministrativo, e nella controversia tra privati in cui sia rilevante un titolo rappresentato da un atto amministrativo.
La disapplicazione si riferisca agli effetti prodotti dall’atto amministrativo e inerenti al rapporto dedotto in giudizio.
Invece non è corretto invocare la disapplicazione nel caso di un atto amministrativo “nullo”: tale atto non è passibile di essere disapplicato, perché è comunque improduttivo di effetti giuridici.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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