Marcatori: microsatelliti
I microsatelliti sono marcatori molecolari di loci costituiti da unità di ripetizione molto corte (1-5 bp esempio (CACACACA)n oppure (GATAGATA)n). Nel caso in cui siano note le sequenze nelle regioni fiancheggianti i microsatelliti, è possibile disegnare primers specifici in grado di amplificare, tramite PCR, il locus microsatellite. Un marcatore molecolare può essere definito come quel locus genomico, rilevabile con sonde (=probe) o inneschi (=primer)
specifici che, in virtù della sua presenza, contraddistingue in modo caratteristico ed inequivocabile il tratto cromosomico con il quale si identifica e le regioni che lo circondano alle estremità 5‘ e 3‘.
I microsatelliti possono essere rivelati attraverso la costruzione di una biblioteca genomica a piccoli inserti. Alternativamente possono essere usati primers disegnati per specie affini. La principale fonte di variazione nel numero di unità ripetute sembra essere lo slittamento della polimerasi durante il processo di replicazione del DNA. Ciò risulta in polimorfismi di lunghezza che possono essere determinati attraverso elettroforesi su gel d’agarosio.
I microsatelliti presentano un alto livello di polimorfismo e sono marcatori informativi negli studi di genetica di popolazione comprendenti approfondimenti dal livello individuale a quello di specie strettamente affini.
La tecnica utilizzata per la loro rilevazione è la PCR. Il sequenziamento attraverso PCR porta alla determinazione della sequenza nucleotidica all’interno di un frammento di DNA amplificato attraverso la Polymerase Chain Reaction (PCR), utilizzando primers (lunghi 15-35 bp) specifici per un particolare sito genomico. Il metodo più comunemente usato per determinare le sequenze nucleotidiche è basato sulla terminazione di una replicazione di DNA in vitro. La procedura inizia con il legame del primer ad un frammento di DNA amplificato, seguito dalla divisione della reazione in quattro sotto- campioni. Ad ogni sotto-campione vengono aggiunti i quattro deossinucleotidi costituenti il DNA (dA, dC, dG e dT), un singolo dideossinucleotide (ddA, ddC, ddG o ddT) e l’enzima DNA polimerasi. Il prolungamento della sequenza avviene attraverso l’incorporazione dei deossinucleotidi nel nuovo filamento di DNA; quando viene incorporato un dideossinucleotide, la replicazione del DNA viene terminata. Poiché ogni reazione contiene molte molecole di DNA e l’incorporazione dei dideossinucleotidi può avvenire in posizioni differenti sul filamento, ognuno dei quattro sotto-campioni contiene frammenti di varia lunghezza
terminanti con una particolare base. Tali frammenti presenti in ognuno dei quattro sottocampioni vengono separati attraverso elettroforesi su gel di policrilammide. Il sequenziamento tramite PCR fornisce la misura più precisa di variazione genetica in quanto possono essere risolte tutte le possibili differenze fra gli individui esaminati. Coppie di primers universali utili per amplificare e sequenziare sequenze specifiche sono disponibili per il genoma cloropastico, mitocondriale e ribosomiale. Il sequenziamento è una tecnica lunga e molto costosa. La maggior parte degli studi è focalizzata su uno o pochi loci. A causa di questo e del fatto che geni diversi possono evolvere con tassi differenti, la misura in cui la diversità genetica stimata rifletta la diversità genetica totale è discutibile. Generalmente al di sotto del livello di specie viene rivelata variazione nucleotidica molto bassa e, quindi, il sequenziamento attraverso PCR è particolarmente utile in studi a livelli tassonomici più alti, per esempio nelle ricostruzioni filogenetiche.
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Dettagli appunto:
- Autore: Denis Squizzato
- Università: Università degli Studi di Padova
- Facoltà: Agraria
- Corso: Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali
- Esame: Biodiversità zootecnica e tracciabilità dei prodotti animali
- Docente: Cassandro Martino
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