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La teoria dei contenitori in criminologia


La teoria dei contenitori considera in modo specifico l’azione dei “controlli interni” ed “esterni”, capaci congiuntamente e vicendevolmente di regolare la condotta umana.
Essa si propone di spiegare non tutta la delinquenza, ma soltanto quella parte di essa non derivante né da fattori psichiatrici né da situazioni sottoculturali.
E muove da una considerazione dell’uomo come sistema binario (individuo-ambiente), nel quale agiscono fattori capaci di ridurre la vulnerabilità nei confronti della delinquenza, classificandoli in “contenitori interni” e “contenitori esterni”.
I contenitori interni (intra-personali), cioè legati alla struttura psicologica dell’individuo, sono responsabili dell’adeguamento comportamentale e sono rappresentati da buon autocontrollo, buon concetto di sé, forza di volontà, buon sviluppo delle istanze etiche e di sollecitazione (Super-io), alta tolleranza alle frustrazioni, senso di responsabilità.
I contenitori esterni (normativo-culturali), costituenti il freno strutturale operante nell’immediato contesto sociale del soggetto e che gli permette di non oltrepassare i limiti normativi, sono dati da un ragionevole insieme di aspettative sociali, sorveglianza ed efficacia dei sistemi di controllo sociale, opportunità di sfoghi alternativi, opportunità di consensi nel suo ambiente, identità e senso di appartenenza ad un gruppo.
Ad essi si aggiungono la famiglia e gli altri gruppi di rinforzo (istituzioni, apparati di prevenzione e repressione, ecc…).
Costituendo i contenitori di regolatori del comportamento normativo, la loro carenza costituisce una “componente di vulnerabilità” (interna o esterna), che rende conto nel singolo caso delle ragioni della condotta criminale.

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