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I fattori criminogeni della folla


Circa gli aspetti criminogeni della folla (cosiddetta “psicologica”, cioè intesa come agglomerazione di persone riunite da un interesse comune) le opinioni hanno subito notevoli mutamenti.
Nel secolo scorso vi fu una ipervalutazione delle potenzialità antisociali della folla che ha portato a configurare i “delitti di massa”.
I moderni sociologi riconoscono che in una folla di uomini si comportano diversamente e peggio di come si comporterebbero da soli, ma che gli effetti psicologici dell’essere membro della folla riferiscono a seconda del temperamento nazionale (ad esempio mediterraneo o nordico), delle condizioni politico-culturali (ad esempio lunghe tradizioni democratiche o regime totalitario) e delle caratteristiche individuali (si ammette la possibilità di soggetti immuni dall’impulso della folla).
Come componenti specifiche della folla in senso psicologico e distintive rispetto alla semplice agglomerazione vengono indicate:
a.la minoranza attiva, in cui un ruolo particolarmente importante assumono i capi;
b.la maggioranza passiva, cioè i seguaci.
Tra i più affascinanti temi della storia, della politica, della religione e della psicologia sociale, il fenomeno del “capo” è stato studiato in ogni possibile contesto: da Freud fu considerato un caso di proiezione del Super-io dei membri sulla persona del capo, come figura paterna.
Dal punto di vista penale i delitti della folla presentano difficoltà pratiche di persecuzione, le quali portano in pratica a procedere contro i capi e le minoranze attive, per i quali sono previste in genere pene più severe.
In certi casi la punibilità del reato è, per così dire, inversamente proporzionale al numero di coloro che vi partecipano o che la praticano.

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