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Il principio di realtà nella lotta al crimine


Anche nella politica criminale il principio di realtà sembra insegnare che contro la realtà della criminalità ci si può difendere solo con altrettanto realismo, dovendosi riacquistare anzitutto la consapevolezza critica:
a.che, se da un lato, si deve ammettere che l’uomo, come la società, in quanto frutto anche della storia è perfettibile, quindi socializzabile e risocializzabile, dall’altro lato vanno abbandonati le illusioni che possono insorgere sulla lunga strada della lotta contro il crimine e sulla possibilità di una rapida rieducazione morale e di rigenerazione dell’essere umano e della società.
La criminalità moderna sembra, per ora, caratterizzata dal duplice fenomeno dell’aumento e dell’omogeneizzazione;
b.che il problema della politica criminale non è quello di un utopistico programma globale di eliminazione della criminalità, ma, più pragmaticamente, di un continuo impegno di contenimento del crimine entro ragionevoli limiti di sopportabilità sociale;
c.che è ferrea legge criminologica, di importanza fondamentale per la politica criminale, che il numero di coloro che pervengono al delitto cresce col decrescere di validi controlli sociali (religiosi, morali, familiari, culturali, scolastici, democratici, associativi, amministrativi, giuridici, penali).
Perenne e sempre risorgente è il problema di ricostruire il punto di sintesi tra le prorompenti spinte alla illimitata libertà dei singoli, dei gruppi, degli Stati e l’esigenza di imprescindibili regole di convivenza.
Sicché al limite potrà scegliersi la direttrice più ampiamente libertaria a scapito del controllo sociale, ma non aspettarsi di poter seguire con successo entrambe le strade: quella della libertà più illimitata e quella di contenimento della criminalità.

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