Tipologie di anomalie in pubblicità: hard, soft concettuali e soft esecutive

Il primo tipo di anomalia, hard, prende l’avvio dalla natura del prodotto che già presenta nelle sue caratteristiche forti novità anticonvenzionali. Il dentifricio Colgate Total unisce benefit normalmente separati: fa bene e profuma l’alito. Marche come Cuore, Hag, Muller hanno saputo collegare la salute con il piacere. Ancora, Swatch ha saputo unire l’eleganza con il basso prezzo.
In assenza di benefit oggettivi, rivoluzionario può essere il benefit soggettivo, il brand character. E’ il caso delle anomalie soft concettuali in grado di dare unicità alla marca. La piccola Wolkswagen ha mitizzato il brutto ma buono (“It’s ugly but it gets you there”). Sempre fra le automobili, ecco la campagna globale per Citroen Xsara Ricasso: il robot immagina, l’uomo disciplina.

Possiamo considerare anomalie più deboli quelle che agiscono più sulla forma che sull’idea (soft esecutive). E’ il caso di Heinz, che diventa la rude ketchup,  maleducata perché fa aspettare chi la vuole fuori dalla bottiglietta. Oppure, possiamo citare la campagna della Kellogg’s Frosted Flakes: degli adulti confessavano vergognosi la loro passione per dei cereali infantili; la confessione avveniva secondo i codici televisivi: in controluce, solo delle ombre.

Le anomalie rischiano spesso la provocazione fine a se stessa, generando quasi un senso di solo di solo fastidio. E’ il caso della produzione della Benetton o della SonyPlaystation.

Abbiamo visto tre tipologie di anomalie in pubblicità: Morgan suggerisce tre livelli di applicazione di questa strategia: la rappresentazione della marca, come il nome, il packaging la provenienza; il canale distributivo o il mass medium, l’esperienza del prodotto.

In certi casi, infatti, l’anomalia fa parte dell’identità di marca. E’ il caso delle marche post moderne che hanno nell’ambiguità la loro ragion d’essere. Un esempio su tutti è il caso di Virgin.