Gadamer – Prossimità tra ragione e linguaggio

L’ideale di un linguaggio universale, l’ideale di Leibniz ripreso in chiave logica da Russell, perse valore. Una volta riconosciuta la diversità delle lingue, non era facile conciliare la centralità del linguaggio con questo ideale. Contro questa posizione, occorre invece accogliere nella filosofia la misteriosa prossimità tra ragione e linguaggio. E’ stato questo l’intento della svolta ermeneutica che ha preso le mosse dalla nuova centralità assunta dal linguaggio nel pensiero del novecento.

La forza normativa della ragion pratica non è quella del rigore degli argomenti; piuttosto è dovuta al lento modellarsi dell’orientamento di vita che si dispiega nella crescita in una comunità linguistica.

Qui non si tratta di un limite della razionalità; piuttosto è una razionalità differente da quella del sapere che consiste di proposizioni vere. Gadamer riconosce qui l’intuizione di Aristotele che ha pensato éthos e lògos come i due lati di una stessa medaglia. La prossimità di ragione e linguag-gio si conferma nell’intreccio di éthos e lògos con cui l’uomo è inserito nel gioco del mondo.

Il concetto aristotelico di Dio riflette uno stato ontologico del divino differente dall’esistenza umana che non può sempre vigilare e per la quale non si dà solo onnipresenza, ma abbandono nel sonno e risveglio, non si dà solo chiarezza, ma anche oscuramento. L’essere non è solo presenza.

Ma occorre chiedersi che specie è questa di essere che matura, che inizia ogni mattino e nella quale il dialogo con sé e con gli altri sprofondano nell’oscurità. E tutto questo deve essere giusto. Giusto significa trovare la parola giusta, dare il giusto consiglio, condurre un dialogo corretto, andare di pari con la musica e così via: ciò vuol dire essere immersi nella parola e nell’immagine.
Hans-Georg Gadamer – Linguaggio – XII Sull’ascolto (1998)