La diligenza del prestatore di lavoro
L’art. 2104 c.c. stabilisce che “il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta”.
Questo, peraltro, non significa che esista un obbligo autonomo di diligenza, come affermano alcuni autori; esiste semplicemente un obbligo relativo all’esecuzione della prestazione di lavoro intellettuale e manuale da soddisfare mediante la subordinazione, di cui la diligenza non è altro che la misura.
Il rinvio al criterio della “natura della prestazione” impone anche un riferimento alle mansioni, che non sono altro che il criterio di determinazione qualitativa dell’oggetto della prestazione di lavoro.
Infatti, il primo comma dell’art. 2104 c.c. ha previsto che la diligenza possa differenziarsi secondo il tipo di lavoro e quindi di mansioni (c.d. diligenza professionale).
Tuttavia, il riferimento alle mansioni resta alquanto descrittivo, perché anche a parità di mansioni può essere necessario un diverso comportamento del prestatore in vista dell’adempimento.
Quindi le mansioni non sono che uno degli indici che denotano la natura della prestazione; sempre nel primo comma dell’art. 2104 c.c. ne sono previsti contestualmente altri due: l’interesse superiore della produzione nazionale e l’interesse dell’impresa.
Quanto al primo parametro, la formula adoperata dal legislatore rinvia all’ideologia corporativa dello statalismo economico: tale riferimento è stato abrogato implicitamente per effetto della caduta dell’ordinamento corporativo.
Quanto al secondo parametro, è possibile intenderlo in senso oggettivo (interesse dell’impresa in sé, come istituzione) oppure soggettivo (interesse dell’imprenditore).
In questo secondo senso la portata della norma sarebbe modesta: il prestatore di lavoro, in virtù dell’obbligo di diligenza, deve in ogni caso tenere un comportamento conforme all’interesse dell’imprenditore.
Parte degli interpreti si sono quindi orientati nel senso oggettivo: poiché l’attività del lavoratore viene organizzata dal datore di lavoro nell’ambito della collaborazione che caratterizza il rapporto di lavoro, si deve concludere che la diligenza andrà commisurata al risultato di tale collaborazione e quindi all’attività organizzatrice dell’imprenditore.
In sostanza, l’interesse dell’impresa va individuato con riferimento all’imprenditore e quindi inteso in senso soggettivo; ma non come generico interesse del creditore all’esatto adempimento dell’obbligazione da parte del debitore, bensì come specifico interesse dell’imprenditore all’esercizio della propria attività di organizzazione del lavoro alle proprie dipendenze.
Continua a leggere:
- Successivo: L’obbedienza e il potere direttivo del datore di lavoro
- Precedente: Il contenuto della subordinazione del lavoratore
Dettagli appunto:
-
Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
Altri appunti correlati:
- Microeconomia
- Diritto Amministrativo
- Microeconomia
- Diritto del rapporto individuale di lavoro privato
- Economia Politica
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Il Salario minimo legale: tra legge e contrattazione collettiva
- Retribuzione proporzionata e sufficiente e ''nuovi lavori''
- Profili giuscommercialistici del decreto 23maggio 2011 n. 79
- Antitrust e tutela dei consumatori: il confronto con le azioni collettive risarcitorie
- Il Costituzionalismo alla prova: il lavoro in Italia e in Unione Europea
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.