Il rapporto di lavoro: disciplinato da disposizioni civilistiche e dai contratti collettivi
Il d.lgs. 165/2001 ribadisce che il rapporto di lavoro è disciplinato dalle disposizioni civilistiche e dai contratti collettivi.
Sotto questo profilo la riforma modifica radicalmente il precedente sistema introdotto con la legge-quadro nel 1983, poiché la contrattualizzazione del rapporto di lavoro e della sua disciplina importa che anche nel settore pubblico i contratti collettivi si applichino direttamente ai rapporti individuali, senza la necessità che essi vengano recepiti, come in passato, in atti legislativi o regolamentari.
Per quanto attiene alla disciplina del rapporto questa è quindi essenzialmente determinata dai contratti collettivi; salvo alcuni istituti di rilievo definiti dal legislatore:
- va detto anzitutto che l’assunzione avviene con contratto individuale di lavoro nel rispetto dell’obbligo del concorso imposto in via generale dall’art. 973 cost., salve le assunzioni ai profili e alle qualifiche per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, che avviene mediante avviamento da parte dei centri per l’impiego;
- tra gli istituti con disciplina particolare è da annoverare il part-time, il quale, fin dall’origine della riforma, è stato sottoposto ad una disciplina speciale in collegamento con la normativa in materia di incompatibilità e di cumulo di impieghi e di incarichi.
In relazione a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche o livelli dei dipendenti della pubblica amministrazione, la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro part-time avviene a richiesta del lavoratore.
L’amministrazione di appartenenza può negare tale trasformazione solo quando l’attività esterna comporti un conflitto di interessi con quella di servizio;
- a partire dalla seconda fase della riforma, è stato consentito anche alle pubbliche amministrazioni di accedere alle tipologie contrattuali di lavoro flessibile, e la disciplina della materia è stata affidata ai contratti collettivi.
Per effetto di questa evoluzione normativa, le pubbliche amministrazioni possono, in generale, utilizzare solo alcuni dei contratti subordinati di tipo flessibile utilizzabili nel settore privato; e precisamente il contratto di lavoro a tempo determinato, la somministrazione a tempo determinato, nonché il contratto di formazione e lavoro.
Inoltre, non essendo applicabile alle pubbliche amministrazioni la nuova disciplina sul lavoro a progetto, esse possono ancora fare ricorso ai contratti di collaborazione continuata e continuativa.
Un aspetto particolare dell’estensione delle tipologie flessibili alle pubbliche amministrazioni nasce dalla necessità di renderla compatibile con l’art. 973 cost., in forza del quale “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”.
Per questo, anche per il reclutamento di lavoratori subordinati da assumere con contratto a termine e con contratto di formazione e lavoro, le pubbliche amministrazioni sono tenute al rispetto di meccanismi selettivi imparziali, anche se più agili rispetto a quelli adottati per l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato.
Soprattutto è fissata la regola generale secondo cui la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte della pubblica amministrazione “non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione”.
Si tratta di una previsione che differenzia profondamente il settore pubblico da quello privato;
- il legislatore ha inoltre regolato la responsabilità e il potere disciplinare in modo sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 7 St. lav., in particolare attraverso l’originale previsione di una sorta di patteggiamento: per cui, in presenza del consenso di entrambe le parti, il lavoratore viene sanzionato in misura ridotta ma rinuncia all’impugnazione della sanzione medesima;
- anche la disciplina delle mansioni presenta notevoli particolarità rispetto a quella fissata per il lavoro privato.
Si è infatti specificato che il dipendente pubblico deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni “considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”.
Anche l’assegnazione temporanea a mansioni superiori è soggetta a una disciplina speciale: essa può essere disposta per periodi non eccedenti i 6 mesi nelle ipotesi di carenze di organico, oppure per la sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto.
L’assegnazione a mansioni superiori, anche se illegittima, attribuisce al dipendente il diritto al maggior trattamento retributivo per il periodo di effettiva prestazione, ma non costituisce mai il presupposto del diritto alla promozione.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
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