Skip to content

Il recesso nel rapporto di lavoro: i reali interessi in gioco


Il recesso costituisce un atto o negozio unilaterale e recettizio, la sua efficacia è cioè subordinata alla conoscenza effettiva o presunta di esso da parte del destinatario.
L’ordinamento affida a ciascuno dei contraenti il potere di determinare la durata del rapporto e, in particolare, la valutazione fiduciaria del comportamento dell’altra parte, riconoscendo la facoltà di recedere dal contratto con preavviso (c.d. recesso ad nutum), anche contro la volontà dell’altro.
Soltanto in presenza di anomalie funzionali del rapporto, come l’inadempimento di un’obbligazione sinallagmatica, al recesso ordinario, e cioè con preavviso, si sostituisce il recesso straordinario, intimato senza preavviso e dunque con effetto immediato.
Nel contratto di lavoro occorre distinguere, in relazione agli interessi tutelati, tra il recesso del lavoratore (dimissioni) e il recesso dell’imprenditore (licenziamento): mentre il primo, data l’implicazione della persona nella prestazione lavorativa, è espressione della libertà morale, il secondo è espressione di un interesse patrimoniale del datore di lavoro e dunque della libertà di iniziativa economica.
Questa corretta individuazione degli interessi in gioco consente di comprendere come la scelta dei codici borghesi sia espressione dell’astratto principio liberale della perfetta eguaglianza giuridica tra i contraenti, ma soprattutto di una politica che dava il più ampio spazio all’iniziativa economica.
Al tempo stesso essa spiega la ragione per cui, dopo l’emanazione della Costituzione, le esigenza di tutela del lavoratore in quanto contraente debole hanno indotto il legislatore a sottoporre il recesso del datore di lavoro a limiti di carattere formale e sostanziale.

Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.