Il recesso ad nutum e l’obbligo del preavviso
In effetti, il codice civile ha confermato il principio generale, già accolto dal r.d.l. 1825/24, della libera recedibilità (ad nutum) di entrambe le parti del contratto di lavoro con il semplice preavviso, senza essere tenute a nessuna giustificazione.
L’art. 2118 c.c. prevede che “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato” con l’unico obbligo di dare preavviso nella misura stabilita dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, secondo gli usi.
In caso contrario, il recedente è tenuto a corrispondere all’altra parte un’indennità di natura risarcitoria detta indennità di mancato preavviso, corrispondente all’importo delle retribuzioni che sarebbero spettate per il periodo di preavviso.
Un’annosa questione che divide tuttora dottrina e giurisprudenza è quella della natura reale oppure obbligatoria del preavviso.
Questo può essere considerato quale periodo sospensivo dell’efficacia del negozio di recesso o il recesso può essere ritenuto immediatamente efficace, configurandosi l’obbligazione del pagamento della relativa indennità come alternativa rispetto all’obbligazione di dare il preavviso c.d. lavorato.
Sembra, in verità, che si debba propendere per la prima soluzione.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
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