La stima della perdita attesa nel corporate e investment banking
La perdita attesa connessa a un finanziamento può a sua volta essere scomposta in due elementi: la probabilità di insolvenza della controparte e il tasso di perdita in caso di insolvenza
PA =E (TI) x [1-E(TR)]
Dove PA rappresenta il tasso di perdita attesa, E(TI) il tasso di insolvenza atteso e E(TR) il tasso atteso di recupero in caso di insolvenza.
La probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del debitore e dunque da fattori quali le condizioni economico-finanziarie attuali e prospettiche dell’impresa, la qualità del management della stessa, le prospettive di evoluzione del settore produttivo della congiuntura economica in generale. Viceversa, il tasso atteso di recupero dipende principalmente dalla natura del finanziamento e dalle eventuali garanzie che assistono lo stesso.
La stima del tasso di insolvenza.
La stima del tasso di insolvenza può seguire quattro principali approcci. Il primo e più diffuso è senza dubbio rappresentato dai modelli analitici soggettivi. Si tratta delle tradizionali analisi di fido che stanno alla base del processo decisionale delle banche di tutto il mondo. Questi approcci consentono di tenere adeguatamente in considerazione sia variabili di natura quantitativa, sia le variabili di natura qualitativa che un modello di natura statistica non è tipicamente in grado di cogliere. In secondo luogo, presentano il vantaggio di beneficiare di un’analista finanziario che, grazie all’esperienza acquisita, è in grado di tradurre in valutazione e in conseguenti decisioni elementi che difficilmente vengono colti da una semplice analisi di tipo quantitativo. Un secondo approccio per la stima della probabilità di insolvenza è rappresentato dai modelli di natura statistica che vanno generalmente sotto il nome di modelli di scoring. Si tratta di modelli multivariati che, analizzando diversi indici contabili e attribuendo a ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, una ponderazione, giungono a una valutazione del merito creditizio che viene sintetizzata in un unico valore numerico. I modelli si scorino possono essere a loro volta classificati in 3 categorie: l’analisi discriminante lineare, l’analisi probit/logit e le reti neurali. La prima si basa sull’identificazione delle variabili (tipicamente indici contabili) che consentono di discriminare meglio fra imprese sane e anomale. Il risultato è un output numerico che, se superiore o inferiore a una certa soglia, consente di associare l’impresa oggetto di analisi a uno dei due gruppi di riferimento (sane o anomale) e dunque consente di valutare la stessa impresa come affidabile o non affidabile. L’analisi probit/logit confinando il risultato dell’analisi statistica in un intervallo compreso fra 0 e 1, consente di attribuire al valore numerico un significato di probabilità di insolvenza. Infine, le reti neurali e gli algoritmi genetici hanno trovato recentemente applicazione come modelli di scoring in particolare per le decisioni di affidamento legate ai portafogli caratterizzati da un elevato numero di crediti omogenei, come quelli connessi all’attività di credito al consumo. Per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi ei modelli di scorino: fra i primi vanno annoverati l’oggettività della procedura di valutazione e la possibilità di ottenere valutazioni consistenti dalle quali ricavare una storia dei tassi di insolvenza. Fra i secondi, invece, vanno evidenziati l’incapacità di cogliere variabili qualitative, quali, per esempio, la qualità del management, che solo un analista esperto è in grado di valutare in modo appropriato. Un terzo approccio per la stima dei tassi di insolvenza è quello che si fonda sui dati storici prodotti dalle agenzie di rating. Queste ultime pubblicano, infatti, periodicamente i dai relativi alle frequenze, marginali e cumulate, con le quali le imprese delle diverse categorie di rating sono storicamente divenute insolventi.La stima del tasso di recupero.
Una seconda variabile rilevante da stimare per ottenere una misura della perdita attesa è il tasso di recupero, ossia della misura in cui, a fronte dell’insolvenza della controparte, si sarà in grado di recuperare la propria esposizione. I fattori che incidono su questa variabile sono:
1. la gravità dello stato di insolvenza
2. il grado di liquidità delle attività dell’impresa, ossia la relativa facilità con cui l’attivo residuo può essere convertito in liquidità atta a rimborsare i creditori
3. l’eventuale presenza di garanzie, reali o personali, e il grado di liquidità e/o efficacia delle stesse
4. lo stato dell’esposizione, inteso come l’eventuale presenza di forme di seniority o di subordinazione nei confronti di altri creditori.
La stima del tasso di recupero può essere effettuata seguendo diverse modalità. Una prima consiste in una valutazione soggettiva condotta dalla singola banca sulla base dell’esperienza storica del proprio portafoglio. Una seconda modalità è quella seguita da alcune banche anglosassoni, le quali utilizzano i dati di recovery ricavabili dal mercato dei corporate bonds o dei prestiti sindacati in funzione del grado di seniority e di garanzia del finanziamento.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Alessandra Depaola
[Visita la sua tesi: "Obiettivi di performance e strategie aziendali. Il caso Krifi S.p.A."]
- Università: Università degli Studi di Ferrara
- Facoltà: Economia
- Esame: Economia delle aziende di credito
- Docente: Prof. Andrea Calamanti
- Titolo del libro: Corporate e Investment Banking
- Autore del libro: G. Forestieri
- Editore: Egea
- Anno pubblicazione: 2005
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