L'Eros nel Fedro di Socrate
Rappresentazioni essenziali dell'Eros nel Fedro
Eros è inteso come mania, follia.
a.Rapporto tra parola e scrittura. Si assiste ad un complesso intreccio di parola scritta e parola parlata. Tale intreccio riflette il problematico rapporto tra dottrine scritte e insegnamento orale in Platone.
b.Problema della retorica, e rapporto tra dialettica e retorica. Fedro incarna un’opzione ben precisa: quella di trattare l’eros in chiave retorica. Ma la retorica può consentirgli di trattare adeguatamente di Eros? Il problema dell’Eros si inserisce in un quadro ben più ampio.
c.Confronto tra il modello retorico e quello dialettico nella trattazione specifica di Eros. La posizione platonica è ambigua: per un verso egli mantiene la netta distinzione tra retorica e dialettica, affermando che solo la verità permette di conoscere l’essenza di Eros mentre le belle parole della retorica sono inadeguate. Ma Platone è più moderato nella critica della retorica: distingue tra una cattiva e una buona retorica. Socrate si serve di una sua retorica per convincere il suo interlocutore, ma la sua retorica si fonda sulla verità. Esiste quindi una retorica da condannare e una retorica di cui la stessa filosofia si deve servire. Anche la filosofia deve convincere, ma lo scopo a cui mira è sempre la verità.
N.b.: nel discorso cartesiano non c’è spazio per la retorica. Nell’ottica di Cartesio non serve argomentare, elaborare un discorso, in quanto le cose si danno nella loro immediatezza. Se basta l’intuizione non c’è bisogno di uno sforzo argomentativi: basta guardare, imparare a guardare il mondo: “guarda e non parlare”. Con Cartesio che si avrà l’eclissi della retorica. Contro le posizioni di Cartesio si sono imposte altre visioni: visioni che ritengono che il mondo non sia immediatamente coglibile, che non basta guardare, perché il mondo si configura come un “opaco intrasparente”.
Nel Fedro la tematica dell’Eros è introdotta dal discorso di Lisia, un discorso ben articolato, elaborato, ma che contraddice le opinioni comuni. Per Lisia si devono concedere i propri favori a quelli che non ci amano. Infatti coloro che amano sono folli, presi da mania, mentre gli altri sono lucidi, razionali. Il discorso di Lisia è tecnicamente perfetto, elegante, ma non si fonda sulla verità. Dopo il suo discorso si assiste a due discorsi di Socrate che si servono di un espediente teatrale con un suo profondo motivo d’essere. Socrate fa il primo discorso a capo coperto, il secondo a capo scoperto. Nel primo discorso egli mette in atto la mimesi di Lisia, riprendendo i suoi argomenti e completandoli, interpretandoli filosoficamente. Accoglie la tesi di Lisia secondo cui Eros è mania, ma le dà un solido fondamento. Socrate a capo coperto recita la parte di Lisia, segue la sua impostazione e la difende dandole delle basi.
Socrate mette in scena e migliora da Socrate il discorso dell’avversario, si fa attore e interpreta a suo modo la posizione di Lisia. Ecco perché il capo coperto: potrebbe non essere Socrate in quel momento, potrebbe essere chiunque, anche Lisia. E si vergogna: si vergogna di interpretare quel ruolo e di parlare negativamente di Eros. Nel primo discorso egli interpreta Lisia e critica amore. Nel secondo si scopre il capo, parla in prima persona e dichiara di voler dire la verità su Eros.
1° discorso: Eros è connesso al desiderio. Per lo più Eros è desiderio di piacere, di acquisizione, di bellezza. Il desiderio è qualcosa che domina, che s’impossessa del desiderante. Eros è desiderio nella forma di una mania. Chi cade preda dell’Eros inteso come mania, arriva al punto di modificare profondamente se stesso. Per Platone la mania ha una valenza religiosa. Essa si collega alla mantica, alla divinazione. E divinazione significa in primo luogo, impossessamento dell’uomo sacro da parte del dio. Il dio si rivela agli uomini attraverso l’uomo sacro. Chi è affetto da mania è quindi intimamente connesso con il dio.
Il desiderio nel caso di Eros, è desiderio di possesso. La persona amata viene resa implicitamente un oggetto e posta su di un gradino inferiore rispetto all’amante. Il desiderio finisce con l’oggettivare l’amato, con lo svalutarlo. Il possesso compiuto uccide Eros pensato come desiderio e la persona amata è messa da parte come un oggetto. Se questa è davvero la dinamica dell’Eros, Lisia ha ragione. Concependo Eros come desiderio si giunge all distruzione dell’Eros stesso. Se amore è desiderio oggettivante, chi ama è condannato ad una perpetua tensione, ad un’infinita frustrazione.
Palinodia dell’amore di Socrate
Socrate si scusa di aver descritto Eros in termini negativi. Se amore è un dio non può essere esclusivamente un male. La mania allora può recare del bene, può configurarsi come un dono divino; può essere positiva e nociva insieme. La mania infatti riflette la duplicità profonda dell’amore. La mania è la possibilità di rivelazione del divino. La capacità mantica è allo stesso tempo considerata benedizione e maledizione. Lo stesso discorso è valido per la mania e per l’Eros. Se è vero che l’amore è una mania, allora, esso è la più grande fortuna concessa dagli dei agli uomini. L’amore ha così funzione ermeneutica, di mediazione. Si ritorna alla tesi fondamentale del Simposio: amore inteso come mania, è un demone.
Tutto ciò di cui si parla verte sull’anima, sull’origine divina dell’anima dell’uomo. Platone mira a dimostrarne l’immortalità attraverso una serie d’immagini. L’anima è un’ auto-mobile, ha in sé il principio del suo movimento. Ma se l’anima non dipende da altro, allora è immortale perché nulla può arrestare il suo moto. Se a in sé il principio del suo movimento, allora non è soggetta né a generazione né a corruzione: è quindi eterna e immortale. Mito dell’Auriga e della biga alata: Platone deve spiegare perché l’anima ricada nel corpo. Le nostre sono anime che hanno perduto le ali. La funzione dell’ala è quella di rendere possibile il raggiungimento degli dei. L’ala ha una funzione religiosa e partecipa del divino più di ogni altra parte dell’anima.
Immagine della pianura della verità e legge di Adrastea: il desiderio è la chiave di tutto, ciò che spinge l’anima verso il mondo delle idee, ma che può dirigerla anche verso il mondo sensibile. L’amore è il residuo delle ali nelle anime cadute, ciò che consente di ritornare alla nostra vera natura, immortale e trascendente. L’amore è in grado d far nascere nell’anima incarnata il desiderio del mondo ideale. Amore è anzitutto amore della bellezza in sé, amore dell’amore. Di fronte all’amore l’uomo non può restare indifferente. Chi ama costringe l’amato a ricambiare con un qualche sentimento, che può essere anche di odio. Ma chi tratta dell’amore allo stesso tempo deve amare. L’Eros è considerato un dono divino, un dono che prende l’anima e la fa dirigere verso l’alto.
L’unica forma per esprimere l’amore è la narrazione. Ma è una forma adeguata per trattare tale tema? E come si può capire se una narrazione è bella o brutta? Platone torna a trattare della forma del discorso a prescindere dal suo contenuto, torna a trattare del problematico rapporto tra retorica e dialettica. Egli ritiene che la forma più adeguata per parlare di amore sia il mito. Il mito è una forma retorica ben precisa utilizzata per parlare di cose d ci propriamente non si potrebbe parlare. Emerge per questo la problematica del rapporto tra retorica e filosofia.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Valentina Ducceschi
[Visita la sua tesi: "Il Vangelo morto sulla croce - Lettura de L’Anticristo di Friedrich Nietzsche"]
- Università: Università degli Studi di Pisa
- Facoltà: Filosofia
- Esame: Filosofia Morale - a.a. 2004/2005
- Docente: Adriano Fabris
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