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La Fondazione Gugghenaim


Nella seconda metà del 900, protagonista dello scenario artistico mondiale sarà la Fondazione Gugghenaim.

Tra il 1953 e il 1959, viene istituito il Solomon Gugghenaim Museum, costruito su progetto di Frank Llyod Wright secondo il linguaggio della cosiddetta “architettura organica”: questo linguaggio prevede edifici organicamente concepiti nel loro insieme e rispetto all’ambiente che li ospita.

Il museo prende il nome dal collezionista Solomon Gugghenaim, le cui collezioni si formano con la collaborazione della baronessa tedesca Hilla Rebay, grande conoscitrice dell’arte d’avanguardia del XX secolo.

Il nucleo originario del museo era costituito dalle collezioni di Kandinskij, inventore dell’astrattismo, ed era ospitato da una sede diversa rispetto a quella che lo ospita oggi: l’allestimento, ideato dalla baronessa Rebay, prevede la sistemazione delle opere in basso e uno stile neutrale sia per quanto riguarda i pavimenti sia per quanto riguarda gli arredi; l’atmosfera creata, accompagnata in sottofondo dalle melodie di Bach, è di totale contemplazione.
Questo primo embrione di museo prendeva il nome di “museo della non-oggettività”.

Con il tempo la collezione si è ampliata, abbracciando stili che non afferiscono esclusivamente all’astrattismo e richiedendo di conseguenza una nuova sede e un nuovo nome.

Il museo costruito da Wright, sia esternamente sia internamente, richiama una grande spirale continua che si pone in modo molto scenografico all’interno del panorama urbanistico e che viene concepita per essere percorsa dall’alto verso il basso. Molti artisti hanno tuttavia ritenuto che il progetto di Wright fosse poco funzionale al ruolo che il museo dovrebbe ricoprire, cioè quello di spazio espositivo (le pareti curve, per esempio, sono poco funzionali all’esposizione dei quadri), mentre altri hanno raccolto la sfida di dialogare con esso attraverso installazioni al suo interno di grande impatto scenografico.

Il Solomon Gugghenaim Museum è importante principalmente per due ragioni:
• Emerge per la prima volta il problema del rapporto tra contenente e contenuto.
• È il primo museo della Fondazione Gugghenaim, destinata a diventare con il tempo una vera e propria multinazionale.

Nel corso degli anni, la Fondazione Gugghenaim apre diverse filiali nei vari continenti.

A Venezia, per esempio, sorge la Peggy Gugghenhaim Collection, che ospita per lo più opere afferenti al surrealismo. In realtà, Peggy Gugghenaim aveva aperto prima una galleria a Londra e New York, quest’ultima operativa fino agli anni ’40.

La personalità della collezionista ha una grande influenza non solo sulla collezione ma anche sulla sede che la ospita, ovvero un palazzo storico del ‘700 che rappresenta anche la dimora della collezionista: nel giardino esterno trovano posto le statue, mentre le opere d’arte sono collocate in un ambiente della quotidianità, seppur sui generis.

Significativo è anche il Gugghenaim Museum di Bilbao, costruito da Frank O’Gery nel 1998: la struttura ha un grande impatto scenografico ed è costituita interamente da lame di titanio, che fanno del museo sede delle collezioni d’arte e opera d’arte allo stesso tempo. Anche in questo caso emerge la problematica dei rapporti tra il contenente e il contenuto, in quanto molti hanno ritenuto che la grandiosità della struttura architettonica distolga l’attenzione dalle opere d’arte ospitate, che entrano in competizione anche con le installazioni che O’Gery ha sistemato all’interno del museo.

Il Gugghenaim Museum è inoltre diventato il punto focale dell’economia locale che, all’epoca della sua costruzione, stava affrontando un periodo di dura crisi. Il museo ha dunque permesso la riqualificazione del territorio sia sul piano economico sia sul piano culturale.

Tratto da MUSEOLOGIA di Roberta Carta
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