L’atto di Fede
AUTO DA FÈ = Atto di Fede (lingua portoghese) è l'espressione più solenne e spettacolare dell'attività giudiziaria e di ammaestramento religioso dell'Inquisizione. È quindi un momento dell'attività giudiziaria siamo all'interno della procedura. È una solenne dimostrazione pubblica di appartenenza alla religione cristiana, un pellegrinaggio di fede: la popolazione viene chiamata a parteciparvi con la promessa di speciali indulgenze, simili a quelle ottenute da chi va in Terrasanta o a Santiago de Compostela.
Ci sono quindi due aspetto: l'aspetto giudiziario e l'aspetto politico-pedagogico.
Gli auto da fé si svolgono alcune volte l'anno e in essi sfilano tutti quelli che sono stati processati in quel periodo, liberando così le carceri. Vi partecipano tutte le comunità cittadine sia laiche che ecclesiastiche (Senato della città, magistrato della corte, concistoro), tutti i vari tipi di tribunali ognuno con stendardi e vesti. Partecipano anche le autorità religiose, il Sant'Uffizio che sfila con tutti gli addetti e infine la processione degli inquisiti. Essi portano spesso una candela spenta in mano, simbolo della spiritualità che va riaccesa, segno che sono peccatori e che sono stati inquisiti per reati religiosi, spesso hanno anche dei segni visibili indossando il San Benito: abitello indossato dai condannati dell'Inquisizione in età moderna. L'origine dell'etimologia è incerto ma si suppone che possa venire da "saco bendito" cioè sacco benedetto, nel senso che è una tunica lunga fino al ginocchio, che ha disegnato la croce di sant'Andrea (una X) è di tela rozza ed è una delle pene combinate dal Tribunale. Il San Benito è una delle condanne, in quanto nella sentenza si dice se si è obbligati a portare quest'abito e dice anche la durata (se per tutta la vita o per un certo periodo di tempo). Finito di indossare, questi abitelli vengono appesi nelle Chiese, a monito (anche qui azione pedagogica del Sant'Uffizio). Avere, indossare il San Benito è una forma di degradazione della persona, perché diventa manifesto a tutti che quella persona è stata condannata dal Tribunale. Chi lo indossa, viene privato di tutti i diritti civili (non può fare giuramento, non può fare da testimone, stipulare contratti), perché è segno di degrado sociale della persona. Se l'inquisito toglie l'abito prima del tempo e veniva scoperto da un familiare o dal Tribunale, veniva nuovamente e più duramente condannato. Certamente va portato durante l'auto da fé.
Oltre al San Benito c'è anche la mitra: un cappello a punta, in spagnolo "coraça" portato dagli inquisiti assieme al San Benito quando essi sfilano per le città durante la processione.
Nell'Auto da fé, coloro che sfilano hanno anche altri segni che riguardano il tipo di reato che hanno commesso. Per quanto riguarda i bestemmiatori, questi vengono fatti sfilare con la "mordazza", una specie di museruola che impedisce loro di parlare, chiude la bocca.
Nel San Benito ci sono altri segni, oltre la croce, come ad esempio i diavoli per i negromanti e le fiamme disegnate, per coloro che verranno condannate al rogo.
L'Auto da Fé è dunque la cerimonia che consiste in un lungo pellegrinaggio: si parte dalle carceri, si fa un giro per la città fino ad arrivare davanti ad esempio alla Chiesa, dove c'è il tablado, una sorta di palco su cui stanno gli inquisitori i quali stanno seduti e a questi gli si parano davanti tutti gli inquisiti, che si inginocchiano davanti al primo inquisitore che deve leggere la loro sentenza. A questo punto, l'inquisito rifiuta il peccato, quindi dichiara il pentimento e gli viene accesa la candela, perché sono riconciliati con la Chiesa. Finita la cerimonia, ognuno viene destinato a seconda delle pene che ha ricevuto. A questo punto, i giudici scrivono le "relaciones de causas" che riassumono i singoli casi. Gli inquisiti sono messi insieme, in base alle condanne che hanno ottenuto, dalle più leggere alle più severe.
Anche i condannati per reati minori sfilano nell'Auto da Fé: ci sono anche condanne lievi, di tipo spirituale come ad esempio digiuni, partecipazione alle messe, fare rosari, andare in un convento e incaricare un frate per la propria rieducazione religiosa, stare rinchiusi in un convento per un determinato periodo di tempo.
Le pene più comuni riguardano quelle che non possono definirsi "detentive" in senso stretto, dal momento che nella logica del Sant'Uffizio la prigione non è detentiva, ma serve a "ospitare" l'inquisito per il tempo prima del processo. Non sempre è così, perché le "pene detentive" sono quelle alla galera, cioè al remo ed è questa la più diffusa forma di pena che veniva data non solo dai tribunali religiosi, ma anche da quelli secolari, perché le marinerie mercantili hanno bisogno di remieri, cioè appunto i condannati alla pena del remo o addirittura sono schiavi.
Altra condanna detentiva, più lunga, per i condannati a vita: gli inquisiti vengono messi nel carcere della penitenza. Contrariamente a quello che si può immaginare con l'idea di ergastolo, questa è invece una forma blanda di carcerazione per cui chi viene rinchiuso può spesso uscire da esso per guadagnarsi soldi per poter sopravvivere. È una forma di carcere di lunga durata ma anche di scarso controllo e peso. Il San Benito è anche tra le pene di un condannato a vita.
Gli Auto da Fè si concludono con il rogo dei condannati a morte, mentre i condannati alle galere vengono ricondotti in carcere.
Ci sono quindi due aspetto: l'aspetto giudiziario e l'aspetto politico-pedagogico.
Gli auto da fé si svolgono alcune volte l'anno e in essi sfilano tutti quelli che sono stati processati in quel periodo, liberando così le carceri. Vi partecipano tutte le comunità cittadine sia laiche che ecclesiastiche (Senato della città, magistrato della corte, concistoro), tutti i vari tipi di tribunali ognuno con stendardi e vesti. Partecipano anche le autorità religiose, il Sant'Uffizio che sfila con tutti gli addetti e infine la processione degli inquisiti. Essi portano spesso una candela spenta in mano, simbolo della spiritualità che va riaccesa, segno che sono peccatori e che sono stati inquisiti per reati religiosi, spesso hanno anche dei segni visibili indossando il San Benito: abitello indossato dai condannati dell'Inquisizione in età moderna. L'origine dell'etimologia è incerto ma si suppone che possa venire da "saco bendito" cioè sacco benedetto, nel senso che è una tunica lunga fino al ginocchio, che ha disegnato la croce di sant'Andrea (una X) è di tela rozza ed è una delle pene combinate dal Tribunale. Il San Benito è una delle condanne, in quanto nella sentenza si dice se si è obbligati a portare quest'abito e dice anche la durata (se per tutta la vita o per un certo periodo di tempo). Finito di indossare, questi abitelli vengono appesi nelle Chiese, a monito (anche qui azione pedagogica del Sant'Uffizio). Avere, indossare il San Benito è una forma di degradazione della persona, perché diventa manifesto a tutti che quella persona è stata condannata dal Tribunale. Chi lo indossa, viene privato di tutti i diritti civili (non può fare giuramento, non può fare da testimone, stipulare contratti), perché è segno di degrado sociale della persona. Se l'inquisito toglie l'abito prima del tempo e veniva scoperto da un familiare o dal Tribunale, veniva nuovamente e più duramente condannato. Certamente va portato durante l'auto da fé.
Oltre al San Benito c'è anche la mitra: un cappello a punta, in spagnolo "coraça" portato dagli inquisiti assieme al San Benito quando essi sfilano per le città durante la processione.
Nell'Auto da fé, coloro che sfilano hanno anche altri segni che riguardano il tipo di reato che hanno commesso. Per quanto riguarda i bestemmiatori, questi vengono fatti sfilare con la "mordazza", una specie di museruola che impedisce loro di parlare, chiude la bocca.
Nel San Benito ci sono altri segni, oltre la croce, come ad esempio i diavoli per i negromanti e le fiamme disegnate, per coloro che verranno condannate al rogo.
L'Auto da Fé è dunque la cerimonia che consiste in un lungo pellegrinaggio: si parte dalle carceri, si fa un giro per la città fino ad arrivare davanti ad esempio alla Chiesa, dove c'è il tablado, una sorta di palco su cui stanno gli inquisitori i quali stanno seduti e a questi gli si parano davanti tutti gli inquisiti, che si inginocchiano davanti al primo inquisitore che deve leggere la loro sentenza. A questo punto, l'inquisito rifiuta il peccato, quindi dichiara il pentimento e gli viene accesa la candela, perché sono riconciliati con la Chiesa. Finita la cerimonia, ognuno viene destinato a seconda delle pene che ha ricevuto. A questo punto, i giudici scrivono le "relaciones de causas" che riassumono i singoli casi. Gli inquisiti sono messi insieme, in base alle condanne che hanno ottenuto, dalle più leggere alle più severe.
Anche i condannati per reati minori sfilano nell'Auto da Fé: ci sono anche condanne lievi, di tipo spirituale come ad esempio digiuni, partecipazione alle messe, fare rosari, andare in un convento e incaricare un frate per la propria rieducazione religiosa, stare rinchiusi in un convento per un determinato periodo di tempo.
Le pene più comuni riguardano quelle che non possono definirsi "detentive" in senso stretto, dal momento che nella logica del Sant'Uffizio la prigione non è detentiva, ma serve a "ospitare" l'inquisito per il tempo prima del processo. Non sempre è così, perché le "pene detentive" sono quelle alla galera, cioè al remo ed è questa la più diffusa forma di pena che veniva data non solo dai tribunali religiosi, ma anche da quelli secolari, perché le marinerie mercantili hanno bisogno di remieri, cioè appunto i condannati alla pena del remo o addirittura sono schiavi.
Altra condanna detentiva, più lunga, per i condannati a vita: gli inquisiti vengono messi nel carcere della penitenza. Contrariamente a quello che si può immaginare con l'idea di ergastolo, questa è invece una forma blanda di carcerazione per cui chi viene rinchiuso può spesso uscire da esso per guadagnarsi soldi per poter sopravvivere. È una forma di carcere di lunga durata ma anche di scarso controllo e peso. Il San Benito è anche tra le pene di un condannato a vita.
Gli Auto da Fè si concludono con il rogo dei condannati a morte, mentre i condannati alle galere vengono ricondotti in carcere.
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Mobilità e Diaspore del mondo moderno
- Docente: Giovanna Fiume
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