Deficit attentivi nelle GCA
Nei diversi tipi di GCA le capacità attentive sembrano rappresentare un'area particolarmente problematica all'interno dei deficit cognitivi. Difficoltà nell'attenzione sono riscontrabili in una percentuale molto alta di pazienti in fase acuta, a poca distanza dall'evento lesivo. Tuttavia, spesso molte di esse rientrano spontaneamente nel giro di qualche settimana.
Nei sopravvissuti da ictus cerebrale, per esempio, si incontrano deficit attentivi dal 46% al 96% dei casi in fase acuta, ma questi scendono dal 20% al 43% a sei settimane dall'ictus. Sembra esservi quindi la possibilità di un recupero spontaneo nelle prime settimane successive alla lesione. Ciononostante, per una buona parte dei pazienti, le difficoltà permangono a lungo termine.
I deficit attentivi nei pazienti con gravi lesioni cerebrali si manifestano generalmente con difficoltà nella dimensione dell'intensità o della selettività. Nel primo caso il paziente esegue bene il compito nelle sue fasi iniziali, ma ha difficoltà di tenuta e tende quindi ad affaticarsi e cadere nella performance prima che il compito sia ultimato, presentando distraibilità, lentezza e maggior fatica mentale percepita, dovuta allo sforzo per ultimare il compito. Nel secondo caso, il paziente può avere impedimenti nel selezionare il materiale rilevante e scartare quello interferente, nello spostare l'attenzione su elementi differenti, o nell'eseguire due compiti contemporaneamente. In entrambi i casi è chiaro che anche il SAS è coinvolto, poiché le difficoltà risalgono all'incapacità di orientare e gestire in modo strategico le risorse attentive disponibili.
Si possono ritrovare quindi problematiche appartenenti a diversi livelli nella gerarchia dei processi attentivi illustrata precedentemente. Mentre i processi bottom-up o di attenzione esogena (l'orientamento automatico verso stimoli ambientali che per proprie caratteristiche attraggono l'attenzione) sembrano nella gran parte dei casi mantenuti, o risultano deficitari solo nella prima fase del recupero e nei casi particolarmente gravi, i processi attentivi che richiedono un controllo volontario da parte del soggetto risultano quelli più colpiti.
Sono presenti, infatti, frequentemente deficit in tutte le abilità che necessitano di un controllo superiore cosciente per essere implementate. Anche in una rassegna condotta da Barker-Collo e i suoi collaboratori nel 2010, su un campione di pazienti colpiti da ictus cerebrale, gli autori trovano con frequenza maggiore disturbi alle forme di attenzione più complesse.
Alcuni autori osservano, inoltre, una correlazione tra la presenza di deficit attentivi, anche sottili, a distanza di sei mesi dall'evento lesivo e la qualità degli outcome funzionali, ovvero il funzionamento del paziente nella vita quotidiana. Robertson e colleghi nel 1997 notano, infatti, che le abilità nell'attenzione sostenuta in pazienti con ictus cerebrale sono in grado di predire a distanza di due anni l'andamento del recupero motorio, spesso posto in una posizione di favore, almeno nelle prime fasi del recupero, rispetto alla riabilitazione cognitiva.
McDowd e i suoi collaboratori nel 2003 osservano come risultati peggiori ai test attentivi (in particolare nella componente alternata e divisa) predicessero outcome inferiori in diverse aree funzionali, come le abilità fisico-motorie, l'emotività, la comunicazione e l'inserimento sociale. Le capacità attentive sono coinvolte, inoltre, nelle prime fasi del processo di apprendimento, e un deterioramento di tali funzioni può tradursi anche in una difficoltà ad imparare nuove tecniche e sequenze d'azione, per esempio in campo lavorativo.
Ciò testimonia ancora come le abilità attenzionali rivestano un ruolo importante nella vita di tutti i giorni, e come il danneggiamento di tali capacità si ripercuota su ambiti diversi del funzionamento. Sono molti, infatti, i compiti della quotidianità che necessitano di supervisione attentiva o di concentrazione in quote più o meno elevate. Anche prendere parte a una semplice conversazione avanza diverse richieste simultanee (la selezione delle informazioni rilevanti, l'alternanza del fuoco attentivo da un argomento all'altro, e via dicendo). Se la capacità di far fronte a tali domande è deficitaria, ne consegue che anche la partecipazione sociale ne soffra.
Non bisogna dimenticare, poi, che le difficoltà nelle funzioni attenzionali si accompagnano quasi sempre a problemi nella memoria di lavoro e nelle funzioni esecutive, in quanto questi tre ambiti sono tra loro interconnessi. Visto il peso di tali capacità cognitive sugli esiti funzionali a lungo termine, sembra che una presa in carico precoce, già in fase sub-acuta, delle difficoltà attentive, attraverso una diagnosi esaustiva che comprenda tutte le sfaccettature di tale costrutto, possa aumentare le possibilità del paziente di avere risultati migliori nelle attività quotidiane o lavorative, con margini maggiori di autonomia e di partecipazione alla vita sociale, e una migliore qualità della vita complessiva.
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Autore:
Nives Balestra
[Visita la sua tesi: "Suonare insieme: sincronizzazione, rispecchiamento ed empatia"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Riabilitazione Neurocognitiva
- Docente: Marina Zettin
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