Il trauma cranio-encefalico
Il trauma cranico è la conseguenza dell'azione di forze fisiche esterne, violente ed improvvise, sul cervello, come nel caso di un forte colpo alla testa. Il danno cerebrale è dovuto allo sbattere del cervello sulle pareti della scatola cranica, conseguenza delle forze laceranti di accelerazione e decelerazione provocate dalla percossa. L'entità del danno e il livello di gravità dipendono dal piano di applicazione della forza estera, dalla quantità di energia applicata e dalla sua diffusione dalla superficie alle zone più profonde.
Nell'immediato il colpo violento al capo causa perdita di coscienza (LOC) di durata variabile. In seguito, vi è un periodo di obnubilamento, detto amnesia post-traumatica (PTA), nel quale il paziente ha difficoltà a rievocare gli eventi immediatamente prima o dopo l'incidente, non riesce a consolidare nuovi ricordi e può presentarsi confuso e disorientato. Sia la LOC che la PTA possono variare ampiamente la loro durata, passando da pochi minuti, ore, giorni, o settimane. Entrambe queste variabili sono connesse alla gravità del trauma, che si divide convenzionalmente in lieve, moderato o grave.
Le aree più colpite, a causa del modo in cui si diffondono le onde d'urto nella sostanza cerebrale, risultano essere solitamente i lobi frontali e temporali nella loro porzione basale e altre aree sottocorticali, in quanto queste zone sono maggiormente a contatto con la struttura ossea del cranio.
Al contrario di quanto avviene per altre lesioni cerebrali come le ischemie focali, alcune emorragie e tumori, dove il danno è circoscritto a una certa zona dell'uno o dell'altro emisfero, nel trauma cranico è difficile riscontrare lesioni focali. Il quadro lesionale è anzi generalmente diffuso dal momento che l'intero cervello subisce il colpo contemporaneamente, e le aree coinvolte sono quindi molte.
Il colpo e il contraccolpo che il capo subisce, producono, infatti, all'interno del tessuto cerebrale, un tipo di lesione definita danno assonale diffuso (DAI), cioè lo stiramento, la torsione o la rottura delle fibre assonali. Questo fenomeno rende più lenta e difficoltosa la trasmissione del segnale, anche quando non ci sono vere e proprie lesioni. Il danno assonale è comune a tutte le forme di gravità ed è una caratteristica unica del trauma cranico, conseguenza diretta delle forze meccaniche a cui è sottoposto il cervello nel momento dell'incidente.
Solitamente vengono distinti tre gradi di DAI, il primo grado è caratterizzato da alterazioni sparse della sostanza bianca, il secondo da lesioni del corpo calloso, e il terzo da lesioni nel tronco encefalico. Quando comporta solo allungamento o gonfiore delle fibre e non la loro rottura, il danno assonale non è visibile con le tecniche di visualizzazione comunemente utilizzate in ambito clinico come la TC (tomografia computerizzata).
Ciononostante, con tecnologie più costose come la risonanza magnetica (RM), è possibile notare alterazioni della materia bianca a livello dei due emisferi, del cervelletto e del tronco encefalico. In questi casi, dove non si presentano vere e proprie lesioni, il trauma dovrebbe essere lieve (TCL). I cambiamenti a livello anatomico a questo livello di gravità sembrano essere minimi, tuttavia essi possono comportare cambiamenti patologici importanti che impattano comunque il funzionamento cerebrale.
Le forze laceranti a cui è sottoposto il cervello possono inoltre danneggiare in modo diffuso i vasi sanguigni di piccolo e medio calibro e i capillari, causando in tal modo emorragie. Nei casi più gravi le emorragie estese possono anche rivelarsi fatali.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Nives Balestra
[Visita la sua tesi: "Suonare insieme: sincronizzazione, rispecchiamento ed empatia"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Riabilitazione Neurocognitiva
- Docente: Marina Zettin
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