APPROFONDIMENTI
In nome della Rosa o la Mosca nel pugno
A vedere come è finito l’ esperimento della “ Rosa nel pugno” cioè l’aggregazione tra i reduci del Partito Radicale di Pannella e quelli di Boselli ritengo utile riproporre una mia riflessione – forse troppo personale ma le “idee camminano sulla gambe degli uomini” come diceva Pietro Nenni - sulla “Rosa nel pugno” scritta circa un anno fa dove, da facile profeta, prevedevo non solo l’ inconsistenza ma la breve durata nella coalizione. Infatti i reduci del PSI – che fu il primo partito della classe operaia e che è stato sciolto nel 1992 proprio nel suo centenario travolto dalla scandalo di “tangentopoli” – hanno dato vita all’ unione con i radicali di Pannella soltanto per il simbolo che è di proprietà di Pannella. Le note di cronaca politica di questo nuovo“cartello elettorale” che ha ottenuto 18 deputati nelle ultime elezioni sottolineano il “fitto” di Pannella del simbolo come se il simbolo fosse la cosa più importante.Lo è infatti per il collegamento con il partito socialista francese e con quello europeo. Ma Pannella non è Mitterrand e Borselli non è Delors.
La ricostruzione o il rinascimento di un partito socialista e democratico in Italia nell’ambito della nuova entità politica dell’ Europa è tema molto più serio, molto più difficile, molto più contenutistico, di uno scontro“ floreale” fra combattenti e reduci dei partiti che furono di Ernesto Rossi e di Riccardo Lombardi.
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“ Se tu sei stato a Parigi da giovane essa ti accompagnerà per tutta la vita perché Parigi è una “ Festa mobile”. Ernest Hemingway (1899-1961)
Francia “mon amour” - La Seconda Repubblica italiana non è la Quinta Repubblica – Manca da noi un “Padre della Repubblica” – Siamo sempre in ritardo rispetto ai “cugini” – l’ incontro con la “Rosa nel pugno” il simbolo dei socialisti francesi - il cartello tra socialisti e radicali avviene con trent’ anni di ritardo – Non è più tempo di battaglie anticlericali – La sfida “tutta italiana” del Nuovo Partito Democratico -
L’ amore per il francese, la Francia ed i francesi mi è stato – credo inavvertitamente – “inculcato” dal mio professore di francese all’ Istituto Tecnico, Biagio Lauro, nostro insegnante del corso B ragioneria dal 1963 al 1967 all’Istituto Mattei di Casamicciola. Credo che lui non si ricorderà proprio di me. Non lo vedo da 38 anni ma non l’ho mai dimenticato e credo che non sappia quanto è stato importante per me e per la mia formazione culturale.
Il mio caro amico di scuola – di allora e di oggi – Antonio Pinto (pessimo alunno di francese!) credo che si ricorderà il “rivoluzionario” metodo di insegnamento del prof. Lauro – che era un laureato in legge abilitato in francese che aveva studiato in Francia credo alla Sorbona. Il prof. Lauro ci tratteneva su di una piccola lettura per giorni o forse mesi fino a quando non l’avevamo imparata e dalla lettura risaliva alla fonetica ed alla grammatica. Sembrava che perdessimo tempo ma invece chi voleva imparava il francese come me. Ci portava “ Le monde” in classe e dal giornale francese ci parlava dell’ attualità, della Francia, della sua storia e della sue Istituzioni repubblicane. Ci parlava del presidente De Gaulle, delle sue due “conferences de presse” annuali dove annunciava le linee della sua politica.
L’amore per la Francia, della sua Storia, il suo ruolo nel Mondo, nacque in me allora e non è mai andato via.
Il primo viaggio a Parigi
A vent’anni il mio primo viaggio all'estero era naturalmente vedere la Francia e Parigi cioè concretizzare il mio sogno, “toccare” con mano ciò che avevo solo immaginato.
Andai a Parigi nel marzo del 1970 insieme al mio compagno di università, Franco Mazzarella di Torre Annunziata conosciuto alla Facoltà di Economia e Commercio di Napoli per il cognome similare e per la vicinanza della matricola – 3/17 la sua e 3/87 la mia – che ci faceva stare nello stesso gruppo per seguire i corsi di ragioneria generale e di economia politica. Facemmo un durissimo viaggio in treno con un biglietto per i viaggi studenteschi e l’unico indirizzo che avevamo a Parigi era l’ostello per la gioventù ciò che i francesi chiamano “auberge de la jeunesse” che si trovava a Boulevard Kellermann, alla periferia di Parigi. Restammo nell’ ostello due giorni poi fummo buttati fuori perché non avevamo prenotazioni.Trovammo un piccolo albergo a Place d’Italie – nei paraggi – e restammo a Parigi tre settimane per mia volontà. Dopo tre giorni di visita alla città Franco mi abbandonò perché “troppo stanco”. Mi considerava matto per la mia voglia di vedere e di conoscere tutto. Passavo ore al Quartier Latin ed un anarchico a Montmartre che viveva facendo caricature, Jambum, mi disegnò con “le capital” in mano perché gli dissi che ero socialista.
Il manifesto di Mitterrand
A Parigi in quegli anni si respirava l’ aria del ‘68. Una gioventù viva, una gioventù di tutto il mondo.
Ritornai a Parigi 4 anni dopo – nel novembre del 1974 – per una sola settimana per un viaggio con Luigi Matarese “Barbone”, Carlo Arcamone ed il povero Carlo Magno. Volevo rivedere Parigi e rividi anche Jambum a Montmartre che mi fece un’ altra caricatura e questa volta gli dissi che facevo il giornalista così mi ritrasse con la sigaretta in bocca e la macchina da scrivere. Naturalmente con un enorme naso!
Durante un nostro giro fra le strade di Parigi – che facevo soprattutto con Carlo Arcamone – vidi appeso al muro un manifesto elettorale ancora in buono stato di Francois Mitterrand, capo del partito socialista francese che era stato il candidato delle sinistre nelle elezioni presidenziali del 1974 che furono vinte per pochi voti da Giscard d’Estaing, candidato della destra. Recuperai il manifesto con il simbolo del partito socialista francese, la rosa nel pugno, e lo portai a Casamicciola nella sezione del Partito Socialista Italiano.Lo feci mettere anche sotto vetro e credo che sia rimasto nella sezione fino alla chiusura nel 1992 poi credo che il liquidatore della sezione lo abbia gettato al macero. Ricordo lo slogan di Mitterrand: “ la seule idée de la droite: gagner le pouvoir. Mon premier projet: vous le rende ( la sola idea della destra: conservare il potere. Il mio primo progetto: rendervelo). Adattai lo slogan alla campagna elettorale della lista socialista per le comunali di Casamicciola del 1975 in cui fui eletto consigliere.
Il mio incontro con la “Rosa nel pugno”
Fu allora che feci il mio incontro con la “rosa nel pugno”, il simbolo dei socialisti francesi. Mitterrand era un uomo della IV Repubblica. Era stato Ministro con governi di centro-sinistra, non aveva passato la sua giovinezza nel partito socialista che si chiamava SFIO – Séction Francaise Internazionale Ouvriere - ma in una piccola formazione radicale. I radicali francesi furono ben diversi da quelli italiani.
Nel 1971 divenne segretario del nuovo partito socialista che fondò unificando le diverse anime della sinistra riformista francese sotto il simbolo della “rosa nel pugno”.
Mitterrand vinse le elezioni francesi nel 1981 ed è stato presidente della V Repubblica, che aveva avversato, per 14 anni fino alla morte.
L’amore per la Francia mi deriva anche dalla consapevolezza che i francesi sono nostri “cugini”. Abbiamo due grandi lingue, due grandi storie, ma noi italiani abbiamo uno Stato unitario da poco più di 100 anni ed abbiamo molto da apprendere dai “cugini” che hanno fatto la Rivoluzione democratica nel 1789. Da sempre la politica italiana é “copiata” da quella francese. Anche la nostra Costituzione ricalca quella francese della IV Repubblica con il parlamentarismo. I francesi arrivarono al presidenzialismo solo con De Gaulle nel 1958 ed alla loro maniera con una nuova Costituzione – la V Repubblica – ed un “semipresidenzialismo” unico.
L’avvio in Italia della Seconda Repubblica – ancora una volta un modo di dire “alla francese” - al nuovo sistema costituzionale dopo “tangentopoli” ricalca il clima del passaggio dalla IV alla V Repubblica. Ma da noi sta avvenendo ancora e con oltre 30 anni di ritardo rispetto alla Francia. Non abbiamo ancora una nuova Costituzione tale che possiamo dire che è nata da noi la Seconda Repubblica “costituzionalmente” ma soprattutto non abbiamo un “Padre della Patria” come De Gaulle o un “Padre della Repubblica” con il carisma e l’autorevolezza di Mitterrand.
Così sono morti i vecchi partiti ma i nuovi non si sono ancora consolidati e siamo ancora alla ricerca delle aggregazioni.
La “Rosa nel pugno” di Mitterrand mi piacque immediatamente. Faceva bella mostra con il leader francese nella nostra sezione socialista così incominciai a chiedere – negli ambienti socialisti napoletani che frequentavo negli anni ‘ 70 – come mai in tempo di “ trasformazione” del Psi verso lidi socialdemocratici alla francese o alla tedesca non si fosse pensato di utilizzare la “Rosa nel pugno” per un rinnovato partito socialista in luogo del Garofano. Qualcuno – non ricordo chi – mi disse che Craxi ci aveva pensato ma che la “Rosa del pugno” se l’erano presa immediatamente i radicali fin dal 1971.
Così i radicali di Pannella finivano per essere i “simboli” dei socialisti francesi in Italia mentre i socialisti dovevano fare ricorso ad un altro fiore. Pensavo allora che il congresso di Torino del 1978 in cui Giorgio Ruffolo presentò il “progetto socialista” divenisse la Bad Godesberg dei socialisti italiani dove la SPD tedesca cambiò radicalmente nel 1956.
Apprendere oggi che la Rosa nel pugno è diventato il simbolo per le prossime politiche di una alleanza tra socialisti, radicali, liberali mi riempie di nostalgia. Ma la Politica non si fa con la nostalgia o con il rancore. E’ un “cartello elettorale” nemmeno una fusione ed avviene con trent’anni di ritardo. E’ fuori dal tempo della Storia.
L’ occasione mancata del 1974 per il soggetto politico socialdemocratico
Una forza socialdemocratica – autenticamente come la SPD tedesca ed il PSF francese - doveva nascere in Italia almeno 31 anni fa nel 1974 al tempo del referendum per il mantenimento del divorzio nella nostra legislazione. Se allora fosse nato un nuovo soggetto politico dalla fusione del Psi, del Psdi, del Pri e dei radicali la storia d’ Italia sarebbe stata diversa. Così come sarebbe stata diversa la storia dei radicali che nacquero nel 1956 – 49 anni fa – da una scissione del Pli e dal gruppo degli “Amici de Il Mondo” di Mario Pannunzio e di Ernesto Rossi. I primi radicali – fra i quali Eugenio Scalfari – erano sì laici ma volevano soprattutto una nuova politica economica.
Pannella ha fatto invece del partito radicale il partito esclusivamente dei diritti civili, delle proteste non violente, ma questi temi hanno finito per essere secondari di fronte ai problemi economici – la disoccupazione, i dislivelli sociali, il Mezzogiorno – fino a suscitare l’interesse soltanto di una minoranza e per giunta anche ricca come ha dimostrato il fallimento del referendum sulla fecondazione assistita.
La tragedia dei socialisti italiani
Così di fronte ad una Chiesa cattolica effettivamente aperta alle questioni sociali, veramente in prima fila concretamente nel dare aiuto ai bisognosi, è scemato e francamente appare fuori tempo ed antistorico un pregiudiziale anticlericalismo.
Che i combattenti e reduci del Partito Socialista Italiano che stanno nello SDI – quelli di De Michelis e Bobo Craxi non meritano nemmeno la polemica - debbono chiedere la Rosa nel pugno a Pannella per dare un senso al loro rifiuto nella progettazione di un nuovo Partito Democratico è segno che la tragedia dei socialisti italiani dopo “tangentopoli” non avrà ancora fine. La vera sfida oggi per i “liberali di sinistra”, i “socialisti riformisti”, i “post comunisti”, i “cattolici democratici degasperiani”, i “laici azionisti” è “tutta italiana” ed è quella di creare un sol Partito Democratico.
Chiudo con Baldassare Gracian (1601-1658) che ha detto che “è regola degli accorti abbandonare le cose che ci abbandonano e cioè di non essere un astro al tramonto”.
Se i socialisti ed i radicali del nuovo millennio non abbandoneranno le nostalgie ed i rancori saranno “astri al tramonto” facendo rivoltare nella tomba uomini come Pietro Nenni, Francesco De Martino, Riccardo Lombardi , Ernesto Rossi e usciranno dal serio dibattito per la “nuova sinistra”.
Si porteranno nell’ oblio anche la Rosa nel Pugno.
Non so se avrò di nuovo l’ occasione di ritornare a Parigi. Non so se Jambum è ancora vivo e se fa ancora le caricature. Se fosse ancora lì a Montmartre gli chiederei di farmi la terza caricatura. Con i capelli brizzolati ed il sigaro in bocca al posto della sigaretta questa volta e… le mani? Un pugno di mosche, Jambum, un pugno di mosche.
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