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Se anche la Chiesa si perde nella rete

Quella odierna è stata da molti definita l'era della “Postmodernità” o della “società mediale”. Una società dominata dall’onnipresenza e dalla pervasività dei mezzi di comunicazione, impregnata dal relativismo, dalla globalizzazione economica ma soprattutto della globalizzazione culturale che vede nei media i suoi grandi artefici.
La “società postmoderna”, si configura quindi come una società della comunicazione dove il concetto di comunicare si sgancia almeno parzialmente dal suo originario e basilare significato di “passaggio di informazione” e diventa quasi sinonimo di “esistere”: «nella realtà attuale essere è comunicare» (U. Volli, Il libro della comunicazione).
Comunicazione e informazione sono da sempre fondamentali fonti di potere e contropotere, di dominio e cambiamento sociale. Ciò in ragione del fatto che la principale battaglia che si gioca nelle odierne società è quella per le menti degli individui e il modo di pensare di questi ultimi determina la sorte di leggi e valori su cui le società si fondano.
A partire dagli anni '60 del secolo scorso, la Chiesa ha compreso che la comunicazione è ormai divenuta una parte integrante della vita moderna, una sfida alla quale non può sottrarsi e alla quale non deve tardare a dare risposte. Col Concilio Vaticano II perciò la Chiesa sancì il definitivo l'ingresso nel panorama mediatico e l'inizio di quella “battaglia comunicativa” che dura fino ad oggi.
Da allora si è dotata di tutti i moderni mass media e ha iniziato a usarli con forza per comunicare la propria dottrina, il proprio pensiero, per esercitare il proprio “potere”, inteso nell'accezione di «capacità, da parte di un attore sociale, di imporre la propria volontà su di un altro attore sociale».
Questo “potere” però viene esercitato anche in un altro modo, altrettanto importante e complementare: la disinformazione. Il non detto, il taciuto, ciò che viene volutamente omesso è altrettanto – se non più – importante di ciò che si comunica in maniera aperta.
Questo studio si propone quindi di mettere in evidenza come questi due aspetti – la voluta esposizione mediatica e la voluta disinformazioni su certi argomenti - influiscano, in maniera molto diversa ma complementare, nella vita socioculturale e politica del nostro paese.
Partendo da queste premesse,il lavoro sarà quindi articolato su due binari paralleli: “come comunica” e “cosa non comunica” la Chiesa cattolica.
Per iniziare quest'indagine sulla comunicazione della Chiesa, occorre innanzitutto delineare con quali forme e con quali mezzi l’istituzione ecclesiastica diffonde il proprio messaggio.
La prima parte, perciò, sarà incentrata sullo studio della vasta gamma di media sui quali può contare la Chiesa italiana per diffondere la propria parola. Verrà osservata sia la comunicazione autoprodotta, sia quella eteroprodotta. Si prenderanno in considerazione la stampa, le case editrici cattoliche, le tv, le radio e i siti web per mettere in evidenza gli strumenti di cui dispone la Chiesa per comunicare il proprie credo e la mole di informazione che viene diffusa direttamente.
In un secondo momento invece, saranno effettuate due analisi, una quantitativa e una qualitativa su quattro quotidiani a diffusione nazionali di diversa tendenza (la Repubblica, Corriere della Sera, il Manifesto, Libero), volta a individuare in che modo e con quale risalto questi giornali ospitano la comunicazione a carattere religioso durante l'arco di un mese (novembre 2008).
La seconda parte dell'elaborato, è invece incentrata su due aspetti poco noti alla pubblica opinione, due ambiti ai quali la Chiesa cattolica italiana tende a non dare risalto: la questione dei fondi incassati grazie al gettito dell’Otto per Mille e la prelatura personale dell’Opus Dei. Si cercherà di evidenziare come queste due problematiche, praticamente sconosciute alla maggior parte dell’opinione pubblica, siano in realtà molto importanti da un punto di vista sociale.
Nell'ultima parte infine, si cercherà di capire – sulla base del lavoro di indagine svolto nelle sezioni precedenti- il ruolo attuale della Chiesa nella società italiana, cercando di evidenziare come questo potere, mediatico e non, influisca sulle scelte della collettività. Si porrà l’attenzione su come l’agenda dei media sia influenzata dalla costante presenza della religione e di come ciò si tramuta a livello concreto nelle scelte e nel sentire della società italiana.

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2 Introduzione Quella odierna è stata da molti definita l'era della “postmodernità” o della “società mediale”. Una società dominata dall’onnipresenza e dalla pervasività dei mezzi di comunicazione, una società in continuo movimento e mutamento, una società che vive di interconnessioni sempre più fitte e di trasformazioni sociali, culturali, economiche e tecnologiche che avvengono con una rapidità senza precedenti. Viviamo nell’epoca del relativismo 1 , della globalizzazione economica ma soprattutto della globalizzazione culturale che vede nei media i suoi grandi artefici. Essi si vanno a sostituire alle grandi istituzioni ( Stato-Nazione ) che sono entrate in crisi con l’avvento della società globale, vanno a colmare lo spazio lasciato vuoto dalla mancanza di identificazioni sicure (religione, classe, politica) e di sicuri punti di riferimento, spostando il processo di formazione dell’opinione pubblica dalle istituzioni politiche all’universo della comunicazione. Sono quindi i mass media la parte prevalente della cultura della contemporaneità, i più forti creatori di miti e al tempo stesso un potente mezzo di coesione sociale. La società attuale è talmente legata ad essi (e viceversa) che sarebbe impossibile per chiunque approcciarsi allo studio dei mezzi di comunicazione senza tener conto del contesto sociale nel quale sono inseriti e al quale fanno riferimento. Al contempo risulta impossibile scindere i due ambiti e valutarli come due realtà indipendenti. I mass media sono il frutto dell’evoluzione della società, la quale, a sua volta, «è permeata di valori e contenuti che hanno origine e rappresentazione nei media» 2 costruendo così un complesso rapporto di rimandi e interdipendenze. In quest’ottica possiamo considerare la società postmoderna come la società della comunicazione, dove il concetto di comunicare si sgancia almeno parzialmente dal suo originario e basilare significato di “passaggio di informazione” e diventa quasi sinonimo di “esistere”. Parlare e far parlare di sé, far sentire in modo attivo il proprio pensiero, il proprio credo, assume infatti un'importanza fondamentale dato che “nella realtà attuale 1 Il relativismo è una posizione filosofica che nega l'esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva. Chi è relativista sostiene che una verità assoluta non esiste e non è conoscibile oppure è conoscibile e esprimibile soltanto parzialmente ( relativamente appunto). Gli individui dunque, possono ottenere solo conoscenze relative. 2 M. Livolsi, La società degli individui, Roma, Carocci 2006

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