3
essere è comunicare: solo ciò che è in grado di trasmettere il suo messaggio, di far
sentire la sua voce sul mercato delle idee e delle persone, sembra esistere davvero”
3
.
La comunicazione, sotto questo punto di vista, si configura quindi come una forma di
legittimazione della propria esistenza ma anche (e soprattutto) come forma di potere
fondamentale in quanto “chi ha già il potere, chi è già garantito nella propria esistenza
comunica con forza, gli altri possono farlo solo in proporzione ai loro mezzi”
4
; dove per
“potere” si vuole intendere la capacità, da parte di un attore sociale, di imporre la
propria volontà su di un altro (o più d’uno) attore sociale.
Comunicazione e informazione sono infatti, da sempre, fondamentali fonti di potere e
contropotere, di dominio e cambiamento sociale. Ciò in ragione del fatto che «la
principale battaglia che si gioca nella società è quella per le menti degli individui. Il
modo di pensare di questi ultimi determina la sorte di leggi e valori su cui le società si
fondano»
5
. Questo “potere” viene però esercitato anche in un altro modo, altrettanto
importante e complementare: la disinformazione. Ciò che non viene portato alla
conoscenza dell'opinione pubblica, ciò che è taciuto o che volutamente si omette è
altrettanto (se non più ) importante di ciò che si comunica in maniera aperta.
Questo studio si propone quindi di mettere in evidenza come questi due aspetti –
la voluta esposizione mediatica della Chiesa cattolica e la voluta disinformazione su
certi argomenti - influiscono, in maniera molto diversa ma complementare, nella vita
socioculturale e politica del nostro paese.
Partendo da queste premesse il lavoro sarà articolato su due binari paralleli:
“come comunica” e “come non comunica” la Chiesa cattolica italiana. Per iniziare
quest’indagine si è dovuto innanzitutto delineare con quali forme e con quali mezzi
l’istituzione ecclesiastica diffonde il proprio messaggio.
La prima parte dell'elaborato, perciò, sarà incentrata sullo studio della vasta gamma di
media sui quali può contare la Chiesa italiana per diffondere la propria parola. Verrà
osservata, in un primo momento, la comunicazione autoprodotta ovvero i media di cui si
3
U. Volli, Il libro della comunicazione, il Saggiatore, 1994
4
Ibidem
5
Manuel Castells, Comunicazione, Potere e Contropotere nella network society, Internationa Journal of
Communication, Roma, Caffé Europa, 2007.
4
è dotata la Chiesa per diffondere il proprio credo: la carta stampata, le radio, le
televisioni e il web.
In un secondo momento, invece, l'attenzione verrà posta sulla comunicazione
eteroprodotta (quella non direttamente gestita dalla Chiesa). Saranno effettuate due
analisi, una quantitativa e una qualitativa su quattro quotidiani a diffusione nazionale di
diversa tendenza ( la Repubblica, Corriere della Sera, il Manifesto, il Foglio), volte a
individuare in che modo e con quale risalto questi giornali ospitano la comunicazione a
carattere religioso durante l'arco di un mese (novembre 2008).
La seconda parte dell'elaborato, sarà invece incentrata su due aspetti poco noti alla
pubblica opinione, due ambiti ai quali la Chiesa cattolica italiana tende a non dare
risalto: la questione dei fondi incassati grazie al gettito dell’otto per mille e la prelatura
personale dell’Opus Dei. Si cercherà di evidenziare come queste due problematiche,
praticamente sconosciute alla maggior parte dell’opinione pubblica, siano in realtà
molto importanti da un punto di vista sociale.
Per concludere, si cercherà di capire – sulla base del lavoro di indagine svolto nelle
sezioni precedenti - il ruolo attuale della Chiesa nella società italiana, cercando di
evidenziare come questo potere, mediatico e non, influisce sulle scelte e sul sentire della
società italiana.
5
PARTE PRIMA: COME COMUNICA LA CHIESA
1.1: Chiesa e Media
Nella Chiesa cattolica, fin dalla sua nascita come istituzione, la comunicazione (intesa
come diffusione della fede) è sempre stata una delle attività principali alla quale si sono
dedicati i fedeli. Obiettivo dichiarato era quello di diffondere il messaggio di Dio
tramite la predicazione di Gesù e degli apostoli. La celebre frase “Andate in tutto il
mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Marco 16,15), del resto, è la conferma
di come l’esigenza di comunicare sia connaturata nell’indole del cristianesimo fin dagli
albori della sua storia. Se, dunque, la comunicazione è vista come uno degli obiettivi
primari della religione, risulterà alquanto naturale l’inclinazione della Chiesa a servirsi
di tutti i possibili mezzi (messi di volta in volta a disposizione dalle tecnologie del
tempo) per far sentire la propria voce. Facendo un brevissimo excursus storico possiamo
notare come dalla parola divulgata tramite la predicazione dei fedeli si passò
rapidamente alla scrittura: da prima pergamene e codici; poi fu la volta del libro
manoscritto e dopo ancora di quello stampato ( il primo testo ad uscire dalla bottega di
Gutenberg fu una Bibbia e fu proprio lo Stato Pontificio che per primo utilizzò la
stampa per la propria comunicazione giuridica e di propaganda). Si giunse così ai
giornali, al teatro, al cinema e infine ai mezzi di comunicazione di massa, radio,
televisione e internet. Le dinamiche connesse allo sviluppo delle tecnologie e
all’evoluzione della società hanno sempre creato nuove esigenze comunicative, alle
quali la Chiesa non ha potuto sottrarsi e alle quali ha dovuto dare risposta.
La nascita di un nuovo strumento, infatti, ha sempre avuto per la Chiesa una duplice
natura: da un lato ha offerto nuove possibilità per la diffusione del proprio messaggio,
dall’altro ha creato nuovi problemi connessi alla libera circolazione di informazioni e
idee presso i cittadini. Un’informazione libera e indipendente è un problema per chi
detiene il potere in quanto la diffusione di nuovi punti di vista può minare le basi su cui
esso si regge. Non deve quindi stupire che da subito si sia voluto controllare ciò che
veniva pubblicato, introducendo pratiche come la censura, il visto preventivo o
6
l’istituzione dell’indice dei libri proibiti. Spesso, inoltre, i timori e le titubanze per gli
effetti negativi che un nuovo mezzo poteva causare, hanno avuto di gran lunga più peso
nell'orientare l'agire delle istituzioni ecclesiastiche, rispetto alle nuove potenzialità
offerte («è meglio proibire del tutto le letture, atte più a far danno alle persone incolte,
che a giovare ai dotti» sosteneva già nel quattrocento il vescovo di Alessandria Teofilo).
È questo il caso dell’avvento dei media elettronici, almeno in un primo periodo. Fino a
oltre la metà del secolo scorso, infatti, la radio era sì vista come un mezzo per
diffondere educazione e istruzione, ma anche e soprattutto come uno strumento che
«può portare a naufragi religiosi e morali»
6
. La televisione dal canto suo, era un
medium ancora più pericoloso in quanto, con l’uso delle immagini, rischiava di esporre
ulteriormente la gente allo scandalo e alla visione di messaggi che potevano turbarne la
coscienza. Solo nel 1963, con le innovazioni e le aperture apportate dal Concilio
Vaticano II - nel quale si prese atto del processo di secolarizzazione
7
della società –
questa situazione di integralismo morale della Chiesa cattolica iniziò un po’ a scemare.
Con l’approvazione del decreto Inter mirifica (summa del magistero della Chiesa in
materia di comunicazione sociale), i media vennero accettati per la prima volta e trattati
come un unicum socioculturale; venne inoltre indicato come dovere dei vescovi, quello
di utilizzarli per la loro predicazione e quello di farne materia d’insegnamento.
L’Inter mirifica fu quindi lo spartiacque, il punto di svolta nell’atteggiamento della
Chiesa nei confronti dei moderni mezzi di comunicazione, tanto che, pochi anni dopo, si
passò a considerarli come «strumenti preparati dalla provvidenza di Dio per facilitare
l’unione tra gli uomini»
8
. L’avvento di Giovanni Paolo II, sancisce il definitivo ingresso
della Chiesa nel panorama mediatico mondiale. La comunicazione viene ora considerata
dal Papa come la “nuova frontiera della missione della Chiesa”
9
e nel 1992, a trent’anni
dal Concilio Vaticano II, nell’istruzione pastorale Aetatis novae, se ne confermano le
conquiste e si danno precise istruzioni per la progettazione pastorale della
6
Pio XI, Divini Illius Magistris, 1929
7
Fenomeno tipico dei paesi occidentali in età contemporanea, per il quale la società nel suo complesso non adotta
più un comportamento sacrale e si allontana da usi e costumi tradizionali o religiosi, modificando il sistema dei
valori, le identità e le appartenenze. E’un processo che induce ad agire e a pensare nei confronti della natura, del
destino, del ruolo dei cittadini, in modo sperimentale, mai sacrale e trascendente.
8
Paolo VI, Communio et Progressio, 1971, 12
9
Espressione usata nel documento Cristifideles laici, 1989, n.44.
7
comunicazione sociale, sia a livello diocesano che nazionale.
Siamo passati quindi dalla “immoralità insolente e spaventosa” rimproverata ai media
del tempo da Clemente XIII nell'enciclica Christianae rei publicae salus del 1763, alla
“presenza amica” del messaggio pontificio di Papa Wojtyla del gennaio 1999.
Oggi, stando alle parole della lettera pastorale Il lembo del mantello del cardinale
Martini, « la Chiesa deve praticare la comunicazione, […] deve influenzare la
produzione di messaggi, servendosi di tutti i media ».
La Chiesa quindi, alla fine di questo lungo percorso, non solo è approdata a pieno titolo
nel panorama mediatico mondiale, ma ha deciso e fatto in modo di esserne doppiamente
presente. Da un lato si è dotata di tutti i moderni strumenti di comunicazione (radio, tv,
giornali, internet), dall'altro ha sviluppato una notevole capacità di influenza verso gli
altri mass media non direttamente di sua proprietà, raggiungendo in questo modo il
duplice risultato di parlare e far parlare di sé, assumendo un ruolo sempre più rilevante
nell'indirizzare l'opinione pubblica e le scelte a livello sociale dei principali paesi
occidentali.
La comunicazione autoprodotta da parte della Chiesa cattolica (quella che si identifica
con le iniziative assunte e gestite direttamente dall’istituzione ) e quella eteroprodotta
(quella che corrisponde ai messaggi costruiti, gestiti e veicolati da soggetti esterni)
saranno trattate nei prossimo paragrafi. Considerata la vastità dell'argomento, sarà presa
in considerazione solo la situazione italiana.
8
1.2: La comunicazione autoprodotta: i media della Chiesa
cattolica italiana
Il costante sviluppo tecnologico ha reso possibile diffondere il proprio messaggio
praticamente in tutto il mondo e comunicare la “Buona Novella”, in maniera istantanea,
ad un’audience sempre più globale. Non deve quindi stupire che l’attuale tendenza
della Chiesa sia quella di dotarsi di tutti i moderni strumenti per ampliare la propria
visibilità e portare avanti la propria missione, visto e considerato anche il progressivo
distanziamento della morale individuale da quella collettiva e la tendenza a declinare in
chiave soggettiva le norme del proprio agire (in quell’ottica, già accennata, di sempre
maggiore secolarizzazione della religione).
Per far fronte alla situazione di competitività della sfera della comunicazione e per
mantenere il controllo della propria “immagine” la Chiesa Cattolica italiana ha dato vita
nel 1996 al “Progetto culturale orientato in senso cristiano”, creando un modello
centralistico di sinergie tra i media di ispirazione cristiana. La Cei (dopo un monito
lanciato dal suo segretario monsignor Camillo Ruini che spronava i vescovi ad
«investire nella comunicazione e nei mezzi di comunicazione» ) compie una serie
importante di azioni coordinate: il potenziamento di “Avvenire” sotto la direzione di
Dino Boffo, l’istituzione della tv digitale via satellite Sat 2000, la contemporanea
creazione di Blusat 2000, emittente radio via satellite, la fondazione del Consorzio
Radiotelevisioni Libere Locali (CORALLO) e il rilancio dell’agenzia giornalistica Sir
(Servizio d’Informazione Religiosa). Tutte iniziative che coinvolgono vecchi e nuovi
media e testimoniano la volontà della Chiesa di comunicare con il mondo a 360 gradi,
utilizzando, come già detto, tutti i mezzi a propria disposizione. Cerchiamo quindi di
delineare un quadro che ci consenta di aver un’idea del panorama mediatico a
disposizione delle istituzioni ecclesiastiche italiane, mettendo di volta in volta in
evidenza gli esempi più rappresentativi per ogni medium preso in esame.
9
1.2.1: La carta stampata
La Chiesa cattolica dispone di una vasta gamma di pubblicazioni a stampa che vanno
dal giornale quotidiano, ai periodici, dalle riviste missionarie ai bollettini delle
parrocchie. In tutto, la Chiesa italiana dispone di circa 3000 testate di cui: 3 quotidiani,
142 settimanali, 42 riviste facenti capo alla Federazione stampa missionaria italiana,
circa 650 testate prodotte da movimenti o associazioni, 320 testate dei santuari, 422
riviste di congregazioni e ordini religiosi maschili e femminili e diverse migliaia di
bollettini parrocchiali. A queste si aggiungono le testate prodotte dalle Edizioni Paoline
e quelle del gruppo del Messaggero di S. Antonio, le riviste di spiritualità, teologia e
cultura, e le 200 case editrici e librerie associate nella UELCI (Unione editori e librai
cattolici italiani) , oltre alla già citata Sir (agenzia stampa di informazione religiosa che
fa capo alla CEI). All'interno di questa gran varietà di generi sono presenti pratiche
giornalistiche assai diverse tra loro che rendono necessaria una suddivisione. Troviamo,
infatti, un giornalismo specializzato in notizie religiose ( che tratta notizie prettamente
inerenti la vita cristiana come le decisioni prese dalle varie chiese locali, le cronache dei
pellegrinaggi, le nomine dei vescovi ecc...), un giornalismo di opinione legato a un
posizionamento specifico all'interno dello spazio politico (che si occupa della
promozione delle idee e dei programmi dei partiti politici cattolici), un giornalismo
istituzionale ( legato al bisogno di comunicazione interna dei vari gruppi religiosi e fatto
da bollettini, lettere informative, servizi regolari di documentazione) e un giornalismo di
orientamento cristiano fondato su scelte etiche e valori personali ( che comprende un
lavoro giornalistico volto all'affermazione dell'identità cristiana all'interno della propria
professione e della società).
a) Quotidiani:
I quotidiani cattolici italiani sono tre: un quotidiano nazionale (Avvenire) e due locali
(L'eco di Bergamo e il Cittadino di Lodi). Queste testate raggiungono il 3% della
diffusione totale quotidiana. Avvenire è il più importante quotidiano cattolico a
diffusione nazionale. Fortemente voluto dall’allora pontefice Paolo VI, nasce nel 1968 a
10
Milano dalla fusione di due quotidiani cattolici locali: l’Italia di Milano e L’avvenire
d’Italia di Bologna. La volontà del Papa era quella di dotarsi di uno strumento unitario e
al passo coi tempi per la diffusione della cultura cattolica in tutta la penisola. Avvenire si
autodefinisce «quotidiano di ispirazione cattolica» e dichiara di muoversi nel rispetto
della Chiesa, mantenendo una piena autonomia nei confronti delle gerarchie
ecclesiastiche anche se, fin dai primi momenti della sua vita, la Cei si fece carico di
indicarne la linea editoriale e provvedere alla raccolta fondi. È un quotidiano che va
quindi considerato a cavallo tra il giornale di settore
10
e quello di tendenza
11
dal
momento che «rappresenta gli interessi particolari di un gruppo abbastanza ristretto»
12
.
Nato in un periodo di profonde trasformazioni sociali, il quotidiano dovette
immediatamente confrontarsi con una società sempre più laicizzata (il referendum sul
divorzio del 1974 dimostrò per la prima volta che la componente cattolica era diventata
minoritaria nel Paese) e spinse il giornale ad assumere sempre più la “missione” di
difesa dell’identità dei credenti. Negli anni ’90, sotto la guida di Dino Boffo, Avvenire
si trasforma profondamente ampliando la propria attenzione verso la società civile e
lanciando numerose iniziative editoriali come “Popotus”, inserto bisettimanale di
informazione per ragazzi e tre inserti mensili: “Luoghi dell'Infinito”, “Noi Genitori e
Figli”, “Non Profit”. Per non tradire la sua essenza di strumento al passo coi tempi, nel
1998 il giornale sbarca su internet e pochi anni dopo, nel 2002, si dota di nuovi inserti
settimanali: “è lavoro” (professioni), “è vita” (bioetica), “Agorà domenica” (cultura), e
recentemente “è famiglia” (affari sociali). Edito da Avvenire Nuova Editoriale Italiana
S.p.a. , attualmente conta su una tiratura
13
di circa 152000 copie
14
ed è uno dei
quotidiani che gode dei maggiori finanziamenti pubblici, avendo ricevuto nell'anno
2003 5.990.000 euro, ex art. 3 legge 250/90.
10
Giornali che fanno riferimento a interessi specifici di determinate categorie, delle quali rispecchiano i bisogni, le
competenze, i linguaggi […] sono portati per vocazione e per rispondere alle esigenze di mercato a trattare con
particolare attenzione gli specifici argomenti riguardanti categorie e lobby; la loro ragion d’essere comporta anche un
modello di selezione delle notizie. (da Maurizio Boldrini, Il quotidiano, Milano, Mondatori Università, 2006)
11
Non è espressione diretta di un partito, ma ha una linea editoriale molto netta e posizioni volutamente di parte su
questioni politiche e sociali. Una forte ideologia ne delimita strettamente il pubblico, che rappresenta uno specifico
schieramento culturale e sociale, prima che partitico. (Ibidem)
12
Ibidem
13
Si intende il totale delle copie stampate esclusi gli scarti di macchina. La tiratura comprende le copie diffuse, le
copie rese e le copie destinate ad usi vari.
14
fonte Ads (Accertamenti diffusione stampa), dati relativi al 2006, www.adsnotizie.it