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Universalità dei diritti e filosofia dell'economia politica

Quali sono i diritti umani? E sono realmente uguali per tutti?
Il modello economico attuale è il più adatto a permettere l'effettività e l'estensione di questi a chi ne è sprovvisto?
Perché, nonostante il progresso scientifico, il mondo resta profondamente ingiusto?
Questi sono gli interrogativi che hanno ispirato la mia ricerca.

Il primo capitolo contiene una necessaria panoramica sul diritto positivo.
La Dichiarazione Universale ha riconosciuto che all'umanità intera spettano determinati diritti, non limitando però tale riconoscimento ai soli diritti civili e politici: per un effettivo sviluppo della persona umana, infatti, è fondamentale che siano legittimati e garantiti anche determinati bisogni “sostanziali”; questo ha portato al riconoscimento e alla tutela dei diritti economici e sociali, non solo a livello mondiale, bensì anche sul piano “regionale” (pur con notevoli differenze).

La Dichiarazione ha però avuto un prezzo in termini ideologici: ha originato infatti un'aspra resistenza da parte dei Paesi asiatici, islamici e africani, che ne hanno contestato l'origine, lo scopo “imperialista”, ma anche l'efficacia nel favorire, dando la priorità ai diritti civili, lo sviluppo economico dei popoli, unico vero strumento ritenuto capace di garantire la soddisfazione dei bisogni primari dell'uomo; è possibile che tale contestazione sia strumentale, ovvero volta a esimere i governi autoritari da qualunque giudizio? Tutto ciò è stato oggetto del secondo capitolo.

Nel terzo capitolo la mia analisi si è poi concentrata su un altro punto critico, che riguarda i diritti umani e la loro compatibilità con il modello antropologico che si è diffuso dall'Occidente al resto del mondo, poiché questo modello, declinato nell'economicismo-consumismo attuale, ha un prezzo elevato in termini di giustizia sociale (impedendo la soddisfazione dei bisogni di tutti) e sotto un profilo di sostenibilità ecologica: lo evidenziano le più recenti analisi della FAO e di altri osservatori mondiali.

Questo modello ha un impatto su tutti gli esseri viventi, animali compresi, e il settore dell'alimentazione è emblematico delle contraddizioni esistenti. Nel quarto capitolo ho provato ad argomentare il perché della necessità di una rinuncia all'alimentazione carnivora: ragioni etiche, ecologiche, e umanistiche.

Infine mi sono chiesto come dovrebbe essere orientata l'economia, per favorire l'espansione effettiva dei diritti umani su scala mondiale.
Il problema risiede nei valori che guidano i desideri dell'uomo: cosa intendere, dunque, per sviluppo umano?

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7 CAPITOLO I I diritti umani nel diritto internazionale. Le generazioni di diritti, in particolare i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali 1.1 Introduzione I diritti dell'uomo costituiscono una classe variabile, come la storia di questi ultimi secoli mostra a sufficienza. Il loro elenco infatti si è modificato e va modificandosi col mutare delle condizioni storiche, dei bisogni e degli interessi, delle classi al potere, dei mezzi disponibili per la loro attuazione, delle trasformazioni tecniche.1 Ancora oggi non è possibile enunciare con ferma certezza una definizione universale dei diritti umani, che venga cioè riconosciuta dall'intera comunità internazionale. Sono molte (e in alcuni casi in opposizione) le differenze esistenti, originate da culture giuridiche nazionali le quali, in base alle proprie concezioni di libertà e di eguaglianza personale e politica, hanno condizionato lo sviluppo dell'idea dei diritti dell'uomo. Le condizioni socio-culturali (filosofiche e religiose) presentano infatti dei forti punti di rottura tra i vari Paesi, dall'Africa all'Asia, dall'Europa all'America, per effetto sia delle realtà presenti che delle tradizioni, dei costumi e delle abitudini che risalgono a origini diverse. Sul piano politico molti sono stati i conflitti tra mondo occidentale e orientale, soprattutto negli anni della 1 N. Bobbio, L'età dei diritti, Einaudi, Torino, 2008, pag.9 ss.

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