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La transizione politica italiana dal 1992 al 1996, elettorato, sistema elettorale e sistema partitico.

Nel volgere di pochi anni il sistema politico italiano ha subito profondi cambiamenti, che toccano gli aspetti più salienti del nostro sistema democratico modificando parte delle caratteristiche tradizionali, nel tentativo di eliminare le inefficienze della macchina statale ed aumentare il potere decisionale del governo, rendendolo più responsabile di fronte ai cittadini.
Il sistema politico italiano, fino agli inizi degli anni novanta, era caratterizzato da peculiarità che lo differenziavano dai sistemi delle altre democrazie occidentali, tanto da essere definito una “democrazia bloccata”. La rigidità dei comportamenti dell’elettorato, l’enorme potere dei partiti nelle istituzioni e la presenza di partiti antisistema non consentivano facilmente né un rinnovamento del personale politico, né tanto meno un adeguamento o ripensamento delle regole istituzionali. Durante i primi quarant’anni della repubblica non mancano piccoli cambiamenti politici, che vedono sempre più allargarsi le coalizioni di governo a discapito della posizione della Democrazia Cristiana. Dagli inizi degli anni ottanta, con Craxi presidente del consiglio, vengono introdotte anche innovazioni normative che aumentano il potere del governo, cercando di limitarne la dipendenza nei confronti dei partiti.
Verso la fine degli anni ottanta subentrano fattori esterni che aumentano la spinta al cambiamento, mettendo in crisi la base ideologica del partito comunista, e facendo scaturire una serie di nuovi atteggiamenti da parte di alcuni attori politici, nel tentativo di introdurre nel nostro sistema politico i principi di una democrazia maggioritaria.
Agli inizi degli anni novanta il sistema politico entra in crisi: alla difficile situazione politica si somma un grave deficit delle finanze dello stato, ed una sfavorevole congiuntura economica che esaspera ulteriormente i cittadini. In questo frangente hanno successo le iniziative dei movimenti referendari, che utilizzando i referendum come cassa di risonanza delle dinamiche politiche che si sviluppano fuori dalle aule parlamentari, spingono i partiti (riluttanti) a riformare le regole elettorali. Durante questa fase, che vede i partiti tradizionali impegnati ad accordarsi su come cambiare la legge elettorale e il sistema politico, subentra alla crisi politica una più profonda crisi giudiziaria, che attraverso il lavoro del “pool” di “Mani pulite” di Milano e dei loro colleghi delle procure di tutta Italia investe, in una sorta di reazione a catena, un gran numero di esponenti dell’Establishment parlamentare e governativo, dell’imprenditoria e della finanza pubblica e privata.
L’autorità dei partiti politici crolla e viene in parte sostituita dai media e dai magistrati, che contribuiscono a guidare gli eventi verso una modificazione del sistema politico.
Questa sintetica premessa delinea in parte la complessità dell’attuale transizione politica, che si riflette su una moltitudine di fattori che determinano il sistema politico nel suo complesso, quali il sistema governativo, il sistema statale, il ruolo delle istituzioni e quello dei media, solo per citarne alcuni.
Nei seguenti capitoli mi limito ad analizzare tre aspetti che influiscono sulla trasformazione del sistema politico, e nello stesso tempo ne indicano i caratteri.
Il primo capitolo è dedicato alla legge elettorale, non solo perché è la risposta legislativa più interessante del parlamento agli inizi del mutamento (1993), ma anche perché è considerata dai partiti politici come lo strumento principale che può determinarne la sopravvivenza o il successo politico, e stabilisce i vincoli e gli incentivi che influiscono maggiormente nel delineare il sistema partitico.
Il secondo capitolo è dedicato all’elettorato, ai suoi atteggiamenti verso la politica ed i partiti, per verificarne la disponibilità ad attuare un cambiamento verso una logica maggioritaria in grado di sfruttare a pieno i vantaggi della nuova legge elettorale, seppur con tutti i limiti del caso.
Dedico infine il terzo capitolo all’analisi del sistema partitico, secondo il modello di Sartori, per verificare se i mutamenti avvenuti abbiano effettivamente sortito un cambiamento effettivo a livello sistemico, tale da poter riclassificare il sistema partitico come pluralismo moderato, e se il nuovo formato possa quindi esprimere nuove qualità e potenzialità in grado di garantire una democrazia dell’alternanza con governi efficienti.

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4 Introduzione Nel volgere di pochi anni il sistema politico italiano ha subito profondi cambiamenti, che toccano gli aspetti più salienti del nostro sistema democratico modificando parte delle caratteristiche tradizionali, nel tentativo di eliminare le inefficienze della macchina statale ed aumentare il potere decisionale del governo, rendendolo più responsabile di fronte ai cittadini. Il sistema politico italiano, fino agli inizi degli anni novanta, era caratterizzato da peculiarità che lo differenziavano dai sistemi delle altre democrazie occidentali, tanto da essere definito una “democrazia bloccata”. La rigidità dei comportamenti dell’elettorato, l’enorme potere dei partiti nelle istituzioni e la presenza di partiti antisistema non consentivano facilmente né un rinnovamento del personale politico, né tantomeno un adeguamento o ripensamento delle regole istituzionali. Durante i primi quarant’anni della repubblica non mancano piccoli cambiamenti politici, che vedono sempre più allargarsi le coalizioni di governo a discapito della posizione della Democrazia Cristiana. Dagli inizi degli anni ottanta, con Craxi presidente del consiglio, vengono introdotte anche innovazioni normative che aumentano il potere del governo, cercando di limitarne la dipendenza nei confronti dei partiti.

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Parole chiave

elettorato
governo
politica
sisitemi partitici
sistema politico italiano
sistemi elettorali
legge elettorale
bipolarismo
democrazia bloccata
seconda repubblica

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