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Le uova del serpente: cinema e antiutopia

Questa tesi ha per oggetto, lo stretto rapporto esistente nel corso di tutto il Novecento, fra Cinema e antiutopia. Nel corso di quello che è stato definito “Il secolo breve”, il cinema ha contribuito ad alimentare e incarnare un immaginario collettivo sempre più globale. Il Novecento è stato parallelamente il secolo in cui l’elaborazione in chiave narrativa di un nuovo “ordine sociale” caratterizzato da giustizia ed equità, contrapposto ad un presente considerato opprimente, ovvero l’ordine dell’utopia, cede il passo all’elaborazione di opere di stampo antiutopico.
Dopo aver succintamente ricostruito l’evoluzione e il rovesciamento del pensiero utopico, la tesi analizza i fattori che hanno contribuito ad alimentare lo scarto tra il sogno costituito dall’utopia e l’incubo costituito dall’antiutopia attraverso l'analisi della filmografia antiutopica, che include tuttora gran parte della fantascienza cinematografica.

Collocando l’origine dell’antiutopia cinematografica nel corso degli anni 20’, in quel filone estetico che ha poi preso il nome di “espressionismo tedesco”, ho individuato tre scansioni temporali caratterizzanti.

Da antiutopie caratterizzate da opposizioni e asimmetrie laceranti, che sono quelle che hanno accompagnato l’intera modernità (proletariato v.s. borghesia, ragione v.s. irrazionalismo ecc.), sono passato ad analizzare nel corso della filmografia degli anni ’60 e ’70, distopie caratterizzate da categorie completamente diverse. Se l'elemento che disegnava maggiormente la produzione precedente era quello del contrasto, la caratteristica che rappresenta maggiormente la scansione successiva è l’omologazione sociale più spinta, la stasi entropica e totalizzante, riconducibile peraltro alla gran parte della tradizione letteraria “di genere” (Zamjatin,Huxley,Orwell).

La sterile e coercitiva “stabilità” di questa filmografia verrà poi abbattuta dalla vertiginosa instabilità di quella degli anni ’80, ’90. L’ultima parte della tesi infatti, chiamata significativamente “lo specchio infranto” , vedrà emergere le tematiche della frammentazione, della commistione tra organico e inorganico, dello sgretolamento e l’alterazione sistematica della realtà materiale, dall’esplosione caotica e sistematica degli universi informativi e dei quadri della rappresentazione.

Ci si proietta quindi in universo di “morbida coercizione” e di labirintica alienazione, che assomiglia sempre più ad un tempo che possiamo sfiorare, ma che rimane sempre più difficile interpretare : il nostro presente.

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3 1 Introduzione : Cinema e Antiutopia L’utopia ha da sempre esercitato una grande influenza nella storia del pensiero occidentale. Dall’antichità, fino alle soglie della contemporaneità, le opere di pensatori come Platone, More, Campanella, Morris, Bellamy e molti altri, hanno esercitato una duplice funzione : quella di richiamare fortemente l’attenzione sui mali e sulle storture che affliggono il presente e quella di prefigurare altri scenari, nei quali grazie all’istituzione di un nuovo “ordine”, politico e sociale, gli aspetti negativi della realtà possano trovare una risoluzione ed un superamento. L’attività di riflessione critica sulla realtà, passa gradualmente nel corso del Novecento, in ambito narrativo, dall’utopia all’antiutopia o distopia. Il procedimento base della narrazione distopica, consiste principalmente, nell’enfatizzazione e nell’esagerazione volontaria degli aspetti più negativi ed aberranti che caratterizzano il presente e nella loro proiezione in una società o in un universo immaginario che assume i contorni dell’incubo, o dell’indesiderabilità più assoluta. Scrittori come Zamjatin, Orwell, Huxley e successivamente autori quali Bradbury , Dick e molti altri, hanno profetizzato nelle loro opere scenari antiutopici spesso speculari agli aspetti più negativi ed ai drammi, che hanno caratterizzato quello che è stato definito “il Secolo breve”, proprio perché basate sull’estrapolazione e sulla drammatizzazione di elementi realmente preesistenti. La tragica esperienza dei regimi totalitari e della loro istituzione più peculiare, ovvero il campo di concentramento, così come la riflessione sui limiti del processo di sviluppo e sugli sconvolgimenti del reale apportati dal

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