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La politica di cooperazione comunitaria negli Stati ACP: particolarità e limiti di un modello associativo.

Tesi di Laurea: "La politica di cooperazione comunitaria negli Stati ACP: particolarità e limiti di un modello associativo". L'elaborato analizza sessant'anni d'intervento europeo per lo sviluppo con particolare attenzione ai rapporti tra l'Unione europea e i paesi dell'Africa Sub-Sahariana, ai dati relativi ai progetti di sviluppo e al ruolo svolto dagli attori non-statali nel dialogo tra donatori e beneficiari.

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5 Introduzione Questo studio vuole offrire una visione storiografica di sessant’anni d’intervento europeo per lo sviluppo, ricostruendo le origini e individuando le direttrici principali della politica di cooperazione comunitaria negli Stati dell’Africa, Caraibi e del Pacifico, che ancora oggi regola i rapporti tra l’Unione europea e settantacinque paesi in via di sviluppo. L’analisi di questo tema, spesso poco curato dalla manualistica, richiede uno sforzo di elasticità mentale assai stimolante, poiché presuppone il costante confronto tra tre piani di discussione -intergovernativo, paritetico e multilaterale- che sebbene diversi tra loro, alla luce di questo argomento si intersecano l’uno con l’altro, fornendo un quadro storico in costante movimento. Questa chiave di lettura fornisce una linea guida sull’impianto schematico assunto da questo studio. Innanzitutto, pur essendo un tema che oggi assume una dimensione globale nel più ampio panorama delle relazioni tra il Nord e il Sud del mondo, la politica di assistenza della CEE nacque come risposta alle sollecitazioni provenienti da taluni Stati sovrani, che chiedevano in contropartita ai costi e gli oneri dettati dal processo d’integrazione europeo, una soluzione che permettesse loro di proteggere gli interessi coloniali. Ecco, che l’analisi della politica di assistenza, più che di altre tematiche che riguardano il percorso storico del modello regionale europeo, illumina quelle difficoltà e quei limiti che contraddistinguono il cammino comunitario. Di fatti, secondo la corrente funzionalista che sta alla base del progetto europeo, un piano d’integrazione regionale che possa definirsi tale presuppone, innanzitutto, la graduale cessione di parte della sovranità nazionale a istituzioni sovranazionali indipendenti, che hanno il compito di tracciare un percorso d’integrazione settoriale, accessibile e disinteressato. È noto, tuttavia, come nei primi anni di attività, il processo d’integrazione europeo abbia faticato a mettersi in moto, a causa dell’intraprendenza di alcuni Stati nazionali che cercavano di alterare i rapporti di forza che si erano affermati al termine della Seconda Guerra Mondiale, mentre altri, spingevano verso il consolidamento dell’assetto geopolitico esistente per affermare il loro prestigio internazionale e per far fronte al nuovo scacchiere bipolare. A tal proposito, la politica di cooperazione fornisce un interessante soggetto d’analisi, poiché in un quadro d’integrazione economica, che presuppone una decentralizzazione del potere dallo Stato sovrano alle istituzioni indipendenti, è nell’orientamento delle relazioni esterne della Comunità che gli Stati europei poterono trovare uno spazio di manovra più ampio per affermare il loro prestigio.

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Informazioni tesi

  Autore: Manuel Morini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Civiltà e Forme del Sapere
  Corso: Storia contemporanea
  Relatore: Alessandro Polsi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 205

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cooperazione
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washington consensus
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