Dalla gavetta ai banchi. I giornalisti italiani tra praticantato e scuole
Il giornalismo si impara in redazione”. Una verità dai limiti sempre più evidenti. Se è vero che la gavetta rimane necessaria, è altrettanto vero che non è più sufficiente. Non basta appropriarsi dei segreti del mestiere per essere un buon giornalista. Alla conoscenza dei meccanismi di redazione e all’esperienza sul campo occorre affiancare un solido bagaglio culturale, che garantisca al cronista competenze e credibilità. Il praticantato ha mostrato qualche lacuna sotto il duplice punto di vista dell’accesso – chiuso e discrezionale – e della formazione – monodimensionale. Oggi ottenere un contratto da praticante in una testata è diventata un’impresa piuttosto ardua. L’assunzione di un praticante è un investimento molto oneroso per un giornale. Il risultato è che sempre meno testate assumono praticanti, perché sempre maggiore è l’offerta di lavoro a basso costo da parte di pubblicisti, collaboratori occasionali e stagisti. Inoltre, abbiamo constatato come sia ormai piuttosto raro che il caposervizio o il caporedattore prenda sotto la sua ala protettiva il nuovo entrato, insegnandogli i trucchi del mestiere. I professionisti più anziani quasi mai si mettono a disposizione del praticante e le esigenze della redazione prevalgono su quelle della formazione. Di conseguenza, il raggiungimento della professionalità giornalistica sembra quasi regolato da una sorta di apprendimento osmotico e automatico. Ma la carenza più grave del praticantato è rappresentata, secondo noi, dalla monodimensionalità. Difficilmente il praticante ha la possibilità di lavorare contemporaneamente e indifferentemente per più media. Salvo i casi in cui l’aspirante giornalista venga impiegato nelle diverse testate che fanno capo allo stesso gruppo editoriale. Per queste ragioni, il praticantato ci sembra un’istituzione non del tutto adeguata rispetto alle esigenze di formazione di un giornalista moderno. Il sistema dell’informazione, infatti, risulta radicalmente trasformato dall’avvento delle nuove tecnologie, che richiedono al giornalista competenze e saperi nuovi, multipli e diversificati.
Le scuole di giornalismo – create nel 1989-1990 come strada alternativa al praticantato – possono garantire al moderno giornalista una preparazione multimediale e a tutto campo. Infatti, come abbiamo avuto modo di verificare, nei piani di studio trovano spazio e approfondimento stampa, radio, tv e web. Un impianto multimediale confermato anche dalle numerose testate-laboratorio in cui gli allievi svolgono la pratica. Dalla nostra ricerca emerge che tutte le scuole si sono attrezzate tempestivamente dal punto di vista dell’uso di Internet e dell’on line. Persistono ancora però alcune carenze nella formazione radiotelevisiva. L’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano e l’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino rappresentano i casi di eccellenza nel panorama formativo italiano, in quanto garantiscono all’allievo una formazione veramente multimediale, polifonica e “diversificata tecnologicamente”. Le scuole hanno soprattutto l’indubbio merito di riuscire ad affiancare la teoria alla pratica, coniugando il learning by job con il training accademico.
L’istituzione delle scuole ha rappresentato uno step importante nel percorso di liberalizzazione dell’accesso alla professione, perché lo ha reso meno discrezionale e quindi più giusto. Il requisito della laurea – non necessario invece per chi svolge il praticantato tradizionale – ha consentito di elevare notevolmente la soglia qualificante e il livello culturale dei giornalisti, garantendo il libero accesso ai più meritevoli. Siamo quindi fermamente convinti che le scuole di giornalismo siano il canale da privilegiare nell’accesso e nella formazione di giornalisti sempre più preparati, sia da un punto di vista culturale, che da un punto di vista tecnologico. Grazie a questa nuova strada, l’Italia si è avvicinata ad altre nazioni europee ed agli Usa, dove le scuole di giornalismo costituiscono la fonte più accreditata per l’accesso alla professione. In definitiva, uno scambio reciproco tra la nostra esperienza e la best practice americana non può che portarci verso una formazione sempre più completa e polivalente.
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Corda |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Mario Morcellini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 310 |
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