Il danno da inquinamento elettromagnetico
L’elettrosmog, quale fattore di inquinamento ambientale in grado di incidere negativamente sulla salute delle persone esposte, sta assumendo connotati sempre più specifici e rilevanti, dando luogo ad un conflitto a più fronti, dove le problematiche appaiono particolarmente complesse, essendo in gioco enormi interessi.
Settori in grande espansione, quello delle telecomunicazioni, e settori tradizionalmente strategici, quello dell’energia, non sembrano disposti a fare i conti con le necessità, inevitabilmente costose, della tutela dell’ambiente e della salute.
L’allarme scatta quando gli studi epidemiologici mostrano un eventuale - probabile rischio per la salute umana derivante da una incontrollata esposizione della popolazione e dei lavoratori alla continua emissione di onde elettromagnetiche, generate dall’attivazione di elettrodotti, di antenne trasmittenti, di ripetitori per la telefonia mobile, di elettrodomestici, ecc
Ma, quali sono i possibili rischi cui è esposta la salute umana?
Gli unici danni biologici ufficialmente riconosciuti, come sottolineato nel capitolo secondo, sono correlati con gli effetti termici delle radiazioni non ionizzanti, derivanti, cioè, dal riscaldamento a livello locale del sistema con cui queste ultime interagiscono.
Negli ultimi tempi, tuttavia, la comunità scientifica rivolge sempre maggiore attenzione ai c.d. effetti non termici della radiazione elettromagnetica, vale a dire quegli effetti, che, pur non traducendosi in un incremento di temperatura significativo, potrebbero sortire dannose conseguenze.
Tuttavia il problema dei possibili effetti a lungo termine dell’esposizione a campi elettromagnetici è, dal punto di vista scientifico, tuttora aperto. L’assenza di un quadro coerente di indicazioni epidemiologiche e biologiche non consente di stabilire una chiara e convincente relazione di causa ed effetto tra alcun tipo di esposizione e alcuna forma di tumore. E’ necessario fornire, comunque , chiare e tempestive motivazioni di scelte puramente cautelative per evitare che vengano interpretate come un’implicita ammissione di pericolosità, aumentando ulteriormente le preoccupazioni e le tensioni dei non esperti, dal momento che è la percezione del rischio che influenza l’atteggiamento psicologico verso i campi elettromagnetici e gli apparati che li generano, con possibili conseguenze anche alla salute.
Quindi, al fine di evitare inutili allarmismi, è compito della letteratura scientifica fornire al pubblico una corretta e completa informazione.
Pertanto, non essendoci certezze scientifiche in merito agli effetti biologici su indicati, è opportuno applicare il principio cautelativo, in base al quale nel campo della salute pubblica e dell’ambiente, bisogna intervenire prima che la scienza dimostri con certezza gli effetti nocivi derivanti dall’interazione umana con fenomeni inquinanti sospetti.
Un criterio protezionistico, universalmente accertato, deve, perciò, indurre all’eliminazione o, quanto meno, alla riduzione delle esposizioni indebite, intendendo con tale termine tutte quelle che non siano giustificate da un adeguato beneficio.
Una politica dei siti ed una riduzione generalizzata delle potenze di emissione dovrebbero mirare a un ottimizzazione dell’impatto globale, con un adeguato bilanciamento delle esigenze sanitarie, ambientali e socioeconomiche.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Lavezza |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Carmine Donisi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 173 |
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