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Tuttavia, prima di precisare in quali termini si possa parlare di INTERAZIONE,
EFFETTO BIOLOGICO e DANNO, è necessario introdurre qualche cenno sui
fondamenti di fisica nei campi elettromagnetici e sulle problematiche ad essi
connessi, partendo dalla descrizione della materia.
Ogni sostanza ha una struttura composta da atomi aggregati in molecole più o
meno complesse.
L’atomo e’ la più piccola frazione di un elemento chimico in grado di conservare
le caratteristiche chimiche e fisiche.
La sua struttura è formata da un nucleo costituito da protoni e neutroni, avvolto
da una nube di elettroni in rapidissima rotazione orbitale.
A tenere strettamente legate tra loro le particelle del nucleo sono le FORZE
NUCLEARI ,mentre ad agire tra nucleo ed elettroni sono le FORZE ELETTRICHE.
La carica elettrica costituisce, quindi, una delle proprietà fondamentali delle
particelle materiali e ad essa sono dovute la maggior parte delle caratteristiche della
materia: consistenza fisica, colore, resistenza meccanica, comportamento chimico
della materia.
La carica elettrica può essere positiva o negativa: cariche di segno uguale si
respingono, quelle di segno opposto si attraggono. La carica elettrica si misura in
Culomb.
Le cariche elettriche, con la loro presenza, modificano lo spazio circostante in
modo tale che se una carica è introdotta in tale zona essa è soggetta ad un’altra forza.
Infatti, la zona di spazio, a causa della presenza delle cariche elettriche, è sede di
un campo di forze: quindi una carica posta in esso e’ soggetta ad una forza F
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F=Kxq
Un flusso ordinato di cariche elettriche costituisce una corrente elettrica che
scorre nella direzione in cui si muovono cariche elettriche positive (protoni, ioni) o
negativi (elettroni, ioni); gli ioni sono atomi con elettroni in eccesso o in difetto.
L’intensità di una corrente elettrica si misura in AMPERE (A)
A: unita’ di misura che esprime il numero di cariche elettriche che attraversano la
sezione unitaria del mezzo conduttore nell’unita’ di tempo.
I conduttori elettrici materiali sono di due specie :
-CORPI METALLICI
-SOLUZIONI IONICHE
Una regione di spazio in cui le cariche elettriche sono sottoposte ad una forza
attrattiva o repulsiva più o meno intensa si definisce CAMPO ELETTRICO.
A sua volta il campo elettrico è generato dalle cariche, cioè la presenza di una
particella carica (elettrone, protone o ione) determina una perturbazione dello spazio
circostante tale per cui altre cariche elettriche risultano attratte o respinte dalla prima
particella.
Invece, una regione di spazio in cui eventuali dipoli magnetici sono sottoposti ad
un MOMENTO(coppia di forze applicate ad un oggetto tale da poter determinare un
moto di rotazione) si definisce CAMPO MAGNETICO.
A sua volta il CAMPO MAGNETICO può essere generato da dipoli
magnetici(che hanno sempre due poli, convenzionalmente definiti NORD e SUD)
ovvero dalla corrente elettrica.
Se in natura esistono cariche elettriche elementari quali l’elettrone e il protone,
al contrario non esistono cariche magnetiche singole, ma solo accoppiate(dipoli
magnetici); di conseguenza, mentre tra le cariche elettriche si manifesta una forza
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attrattiva o repulsiva -quindi nei materiali conduttori una corrente elettrica- i dipoli
magnetici sono soggetti a forze che ne modificano l’orientamento nello
spazio(bussola magnetica)senza dare origine a trasmigrazioni.
Un campo magnetico variabile, di frequenza f, produce un campo elettrico
variabile anch’esso a frequenza f, il quale dà luogo ancora ad un campo magnetico
variabile …e cosi’ via .
Campi elettrici e magnetici variabili nel tempo non rimangono isolati: l’uno dà
origine all’altro e coesistono in un campo elettromagnetico che non resta immobile in
un punto dello spazio, ma si propaga allontanandosi dalla sorgente con una velocità
finita, anche se elevatissima.
Il valore numerico di questa velocità è legato alla costante dielettrica ed alla
permeabilità magnetica del mezzo in cui l’onda si propaga .
La presenza di un campo e.m. a distanza dalla sorgente non è istantanea; esso si
manifesta dopo un tempo pari alla distanza divisa per la velocità di propagazione.
Il valore numerico della velocità di propagazione è legato alle caratteristiche
(costante dielettrica) del mezzo in cui l’onda e.m. si propaga.
Il campo elettromagnetico prodotto da una sorgente è distinto in due zone: campo
vicino e campo lontano e le estensioni di queste due zone dipendono dalle
dimensioni della sorgente e dalla lunghezza d’onda.
Le zone vicino alle sorgenti costituiscono campi reattivi (dove l’energia del
campo non abbandona totalmente la sorgente), le zone lontane si comportano
essenzialmente come campi di irradiazione, dove i fronti d’onda sono superfici
sferiche concentriche con centro sull’antenna .
9
La propagazione avviene in direzione perpendicolare al fronte d’onda ed il
campo elettrico E ed il campo magnetico H sono perpendicolari fra di loro e
perpendicolari alla direzione di propagazione.
I vettori E ed H, a mano a mano che l’onda procede, oscillano mantenendosi in fase
l’uno con l’altro: quando E è massimo anche H è massimo e quando E è minimo
anche H è minimo. Il rapporto fra i due moduli E/H è una quantità costante alla quale
si dà il nome impendenza d’onda e si misura in Ohm.
L’impendenza d’onda è legata alle caratteristiche elettromagnetiche del mezzo in
cui l'onda si propaga e nel caso dello spazio vuoto vale 337 Ohm.
Alla superficie di separazione tra mezzi diversi dalla onda incidente
nascono due altre onde: l’onda riflessa e l’onda rifratta.
Si definisce coefficiente di riflessione il rapporto tra l’intensità del campo riflesso
Er e l’intensità del campo incidente Ei.
Accenniamo infine al fenomeno della risonanza e. m.; questa si presenta quando
un corpo materiale ha una dimensione spaziale L pari ad un multiplo intero, n, della
semi lunghezza (λ /2) d’onda incidente:
L = n λ /2
Se poi si considera il corpo esposto come delimitato da una faccia A, anteriore,
rivolta all’onda incidente, e da una faccia B, posteriore, l’onda
che incide sulla faccia A in parte penetra e si propaga nel corpo; quando arriva sulla
faccia B si riflette e torna quasi tutta indietro, arrivata di nuovo sulla faccia A si
riflette e così via .
Risultato di ciò è che il campo e.m. all’interno del corpo cresce fino a che si
creano condizioni di equilibrio fra l’energia immessa e quella perduta all’esterno per
riflessioni e quella dissipata nel corpo stesso.
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I fenomeni di risonanza devono essere tenuti in considerazione quando si valuta
la pericolosità o il livello di rischio di un campo e.m.
A causa della risonanza, un campo incidente non particolarmente intenso può
provocare innalzamenti e concentrazioni dei campi all’interno di un corpo.
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§2.Interazione dei campi e.m. con la materia vivente: meccanismi di interazione,
trasferimento di energia da parte del campo al tessuto biologico, assorbimento
dell’energia elettromagnetica a radiofrequenza; limiti di esposizione di base (o
primari) e limiti di riferimento (secondari o derivati).
Quando un organismo interagisce con un campo E.M. il suo equilibrio viene
perturbato, ma ciò non si traduce automaticamente in un effetto biologico
apprezzabile e ancor meno in un danno.
Si parla, infatti, di effetto biologico solo in presenza di variazioni morfologiche o
funzionali a carico di strutture di livello superiore, dal punto di vista organizzativo, a
quello molecolare .
L’induzione di un effetto biologico, d’altra parte, non comporta necessariamente
un danno alla salute.
Per poter parlare di danno, occorre che l’effetto biologico superi i limiti di
efficacia dei meccanismi di adattamento dell’organismo, meccanismi le cui
caratteristiche variano con l’età, il sesso, lo stato di salute e il grado di attività del
soggetto nonché le condizioni ambientali esterne, come temperatura e umidità, o la
contemporanea presenza di altri agenti nocivi
1
Il processo d’interazione tra un campo E.M. e un sistema biologico (in particolare
un tessuto) può pensarsi realizzato attraverso due fondamentali meccanismi fisici: il
trasferimento di energia da parte del campo al tessuto, attraverso le perdite per
conduzione e le perdite dielettriche, e l’assorbimento di questa energia da parte del
tessuto stesso, mediante l’innesco di fenomeni elettrochimici strettamente correlati
col contenuto in acqua dell’oggetto biologico sottoposto a irradiazione.
1
M. Grandolfo : Effetti biologici e sanitari dei campi elettromagnetici non ionizzanti (0-300Hz). Alta frequenza, in
Rivista di elettronica, vol. 9, n°4 Lug./Ag.1997.
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Per quanto concerne il primo meccanismo, un campo E.M. incidente su una data
superficie eccita una densità di corrente elettrica totale, funzione della posizione e
del tempo, j=j(r,t), la quale è data dalla somma di una componente di conduzione e di
una componente di spostamento e nel dominio del tempo.
Quanto alla frequenza, utilizzando le relazioni costitutive relative ad un mezzo
normale (cioè lineare, stazionario e spazialmente non dispersivo ), quale può
intendersi il singolo tessuto biologico, si nota che il tessuto si comporta come un
dielettrico quando la permettività relativa del mezzo è maggiore della permettività
del vuoto, oppure esso può essere assimilato ad un discreto conduttore quando la
permettività del vuoto è maggiore della permettività relativa del mezzo .
A tutto ciò va aggiunto, onde rimarcare ulteriormente il ruolo svolto dalla
frequenza, che le costanti dielettriche del tessuto ( ε r e σ ) oltre a variare in funzione
della tipologia di questo stesso (pelle, muscolo, grasso), risultano esse pure
dipendenti dalla frequenza.
In particolare, ε r la permettività relativa del mezzo materiale diminuisce al
crescere della frequenza: aumentando questa, decresce la capacità da parte delle
cariche elettriche microscopiche di seguire le oscillazioni del campo, cosa dalla quale
scaturisce una minore polarizzazione.
D’altra parte, la conducibilità elettrica del materiale sottoposta all’azione del
campo incidente, cresce al crescere della frequenza, il che va ascritto al fatto che
la membrana cellulare diventa trasparente alle radioonde solo ad alta frequenza,
contribuendo con l’intera cellula alla conduzione, mentre a bassa frequenza prevale
la conduzione del tessuto extracellulare, col che si correla una diminuzione della
conducibilità globale.
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Per quanto concerne, poi, il meccanismo d’assorbimento dell’energia
elettromagnetica a radiofrequenza (RF,10KHz÷ GHz) da parte del tessuto biologico,
il fenomeno di gran lunga più importante è quello della polarizzazione per
orientamento, che agisce sui dipoli permanenti già esistenti.
Tali dipoli, particolarmente abbondanti nell’acqua (la quale è una sostanza
costituita da molecole polari legate tra loro attraverso ponti a idrogeno), di cui
ciascun tessuto è ricco, sottoposti all’azione del campo elettrico, tendono ad
allinearsi con il campo stesso, contrastati dal moto di agitazione termica molecolare.
Le forze di attrito, che insorgono durante il movimento dei dipoli e che dipendono
dalla frequenza applicata e dal tempo di rilassamento dei dipoli stessi, provocano la
conversione in calore dell’energia trasferita dal campo EM.
Il rilascio dell’energia ad un sistema biologico viene descritto in termini di
potenza assorbita per unità di massa 0 SAR (“Specific Absorption Rate”), che
si ritiene il parametro dosimetrico più significativo per la valutazione di eventuali
effetti nocivi associati alle radiazioni elettromagnetiche nell’intervallo 100
KHz÷ 10GHz.
Il SAR ( W/Kg ) si definisce come il rapporto tra la potenza elementare ( dPa )
assorbita da ( dissipata in ) una massa elementare ( dm ), contenuta in volume
elementare ( dV ) di densità ρ , e la massa stessa:
SAR = dPa /dm = dPa / ρ dV
La valutazione della potenza specifica assorbita può essere riferita all’intero
sistema biologico in esame(SAR medio) o ad una piccola regione specifica
all’interno di esso(SAR localizzato).
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A proposito dell’interazione tra campo EM e tessuto biologico, va evidenziato
che, oltre che dalla frequenza dell’onda incidente e dalle caratteristiche dielettriche
del mezzo, il SAR dipende da una molteplicità di altri fattori.
Infatti, tra questi è, senza dubbio, il rapporto intercorrente tra la dimensione del
corpo irradiato e la lunghezza d’onda λ (λ =c/f, con c velocità di propagazione nel
mezzo) della radiazione elettromagnetica; denotata, infatti con l la dimensione del
corpo sottoposto all’azione del campo EM, l’entità dell’assorbimento nel tessuto
biologico è funzione del rapporto l/λ , come riassunto dalle considerazioni seguenti.
Quando l/λ <<l, l’assorbimento d’energia è basso, mentre la profondità di
penetrazione è elevata, potendosi assumere un’uniforme distribuzione dell’energia in
tutto il volume esposto.
Se l/λ≅ l, l’assorbimento risulta maggiore, mentre la distribuzione dell’energia
non è più uniforme, addensandosi alla superficie dei corpi irradiati. A questo
proposito è interessante notare come, nella banda di frequenze in cui opera la nuova
generazione di telefoni cellulari (1.5 ÷ 2.5 GHz), lo spessore di taluni tessuti viene a
trovarsi nell’intervallo (λ /4, λ /2), ragion per cui l’attenuazione subita dall’onda
elettromagnetica non risulta sufficientemente significativa per poter escludere un
eventuale aumento degli effetti connessi con le riflessioni delle superfici.
E’ noto, infatti, che l’onda elettromagnetica che si propaga all’interno del tessuto
biologico subisce un’attenuazione per riflessione (visto che parte della potenza viene
riflessa a causa di fenomeni di disadattamento) e un’attenuazione per assorbimento
(associata alle caratteristiche dielettriche del mezzo).
Ora, se lo strato investito dalla radiazione presenta uno spessore inferiore alla
profondità di penetrazione, cosa che può avvenire a frequenze elevate, accade che
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l’onda, una volta giunta all’altra faccia dello stesso strato, venga nuovamente
riflessa, conservando ancora un’energia apprezzabile.
Si instaura in tal modo un regime di onde stazionarie (propagazione di un’onda
diretta e di un’onda riflessa) al quale si accompagna una forte focalizzazione del
campo, determinata, durante la riflessione, dalla superficie curva del corpo opposta a
quella irradiata.
Vengono così a crearsi i cosiddetti punti caldi (“hot spot”), in corrispondenza dei
quali l’assorbimento raggiunge valori di picco.
Per λ >>l, infine, l’assorbimento è molto direttivo e circoscritto alla zona
esposta.
2
Quanto appena detto dimostra l’esistenza di un particolare intervallo di frequenza
in cui l’assorbimento assume valore massimo (frequenza di risonanza); d’altra parte è
facilmente intuibile che, come tutti i sistemi fisici, anche un sistema biologico
possiede una frequenza propria, indipendente dall’ingresso e dall’ambiente esterno,
in corrispondenza della quale si consegue la massima ampiezza della risposta del
sistema stesso, qualora quest’ultimo venga sollecitato con un forzamento accordato
su quel preciso valore di frequenza interna.
Con buona approssimazione, la frequenza di risonanza espressa in MHz per un
corpo umano isolato rispetto ad una superficie conduttiva è dato da:
3
fris=114/h,
h (m) essendo l’altezza del corpo.
2
G. BENEDETTI: Modalità di assorbimento dei campi elettromagnetici nei tessuti biologici e standard di sicurezza
vigenti. Giornate di studio AEI: “Impatto ambientale dei campi elettromagnetici”, 2 – 3 luglio 1998 Facoltà di
Ingegneria de L’Aquila.
3
CNRP: Guidelines for limiting exposure to time – varying electric, magnetic and elettromagnetic fields (up to 300
GHZ),in Health Phisics. Vol. 74 n. 4 Aprile 1998.
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Ne riesce che, diminuendo le dimensioni del soggetto irradiato, aumenta la
frequenza di risonanza e, a parità di potenza incidente, aumenta il valore di picco
dell’assorbimento.
Si è calcolato che, per un soggetto umano medio, la frequenza di massimo
assorbimento vale circa 70 MHz, laddove nel caso di adulti più bassi, bambini e
individui seduti, essa può eccedere i 100 MHz. Per questo motivo, oltre al valore
medio del SAR per tutto il corpo, occorre prestare particolare attenzione alla
frequenza di risonanza dei vari organi, i quali, per quanto detto, possono presentare
un valore di SAR localizzato, per particolari intervalli spettrali, estremamente
diverso da quello medio.
Altro importante fattore d’influenza del SAR è l’orientamento del corpo esposto
rispetto alla polarizzazione della radiazione: quando l’asse longitudinale del corpo
umano risulta parallelo al vettore campo elettrico, in presenza di una struttura di
campo tipica dell’onda piana (condizioni di campo lontano ), la potenza assorbita
dall’intero corpo raggiunge valore massimo.
A questo si aggiunga, poi, il ruolo svolto dalle condizioni al contorno, quali, il
grado di conducibilità del terreno o l’eventuale prossimità di parti metalliche o di
altri corpi irradiati.
Per definire i livelli di esposizione da non superare è necessario comprendere gli
effetti biologici-sanitari di determinati fattori di rischio, descrivere i processi e
sperimentare soluzioni tenendo conto che l’accettabilità o meno di un’attività umana
è stabilita da un’analisi costi-benefici che garantisce che il danno sia
approssimativamente piccolo in rapporto al beneficio che ne deriva e che ogni
operazione sia accompagnato da un processo di ottimizzazione.
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Le direttive che suggeriscono i limiti di esposizione ai campi EM sono state
sviluppate da parte dalle varie commissioni scientifiche a partire da una scrupolosa e
puntuale analisi di tutta la letteratura disponibile a riguardo, dalla quale si sono
estrapolate, per la stesura delle norme da imporre, soltanto quelle affermazioni cui è
seguito un reale, oggettivo riscontro in termini di prova sperimentale.
Nell’ambito delle linee guida emanate, si opera una prima distinzione tra effetti
diretti ed effetti indiretti della radiazione elettromagnetica: gli uni sono associati
all’interazione diretta del campo EM con il corpo; gli altri riguardano le interazioni
con oggetti presenti nell’ambiente circostante e aventi un potenziale elettrico diverso
da quello del corpo stesso.
Tra gli effetti diretti, poi, si individuano gli effetti termici e gli effetti non termici.
Per effetto termico si intende un effetto causato da un incremento della
temperatura corporea locale o generale, dovuto alla cessione di energia al sistema
biologico da parte del campo EM, che risulti maggiore o uguale di 1° C.
In modo complementare, possono definirsi gli effetti non termici, i quali risultano
essere, pertanto, quegli effetti che si riscontrano in assenza di un rilevabile
innalzamento di temperatura o che si manifestano attraverso un comportamento del
sistema biologico diverso da quello che si avrebbe se l’effetto fosse di tipo termico.
A seconda del tipo d’effetto, diverso è il parametro (o i parametri) fisico che la
normativa suggerisce di adottare per la valutazione dell’interazione tra campo e
“bersaglio” biologico.
Nel caso di effetti termici, infatti, si parla in genere di effetti sull’intero
organismo vivente, o su un singolo organo, e il parametro considerato per l’analisi è
la potenza assorbita per unità di massa.
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Nel caso di effetti non termici, invece, si devono considerare le interazioni dei
campi EM a livello cellulare e subcellulare, come le membrane delle cellule, o anche
a livello di catene molecolari o di singole molecole, situazioni nelle quali i parametri
dell’interazione da considerare sono i potenziali di membrana oppure la durata di
apertura /chiusura dei canali ionici di membrana .
In ogni caso, proprio degli effetti diretti a breve termine gli istituti internazionali
hanno tenuto conto nel dettare le indicazioni circa i limiti di esposizione alle
radiazioni elettromagnetiche, perché essi sono gli unici ben accertati e dimostrati.
A tal proposito, va notato che i soli danni biologici universalmente riconosciuti
sono relazionati agli effetti termici della radiazione.
Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine, quali l’aumento del rischio di
cancro, tutti gli organismi preposti hanno concluso che i dati disponibili risultano
insufficienti a fornire i presupposti per approntare misure più restrittive riguardo
all'esposizione ai campi EM, malgrado molteplici ricerche epidemiologiche abbiano
individuato un legame tra possibili effetti carcinogenetici (il carcinoma è un tumore
maligno che si sviluppa a livello di tessuto epiteliale) e l’esposizione a densità di
flusso magnetico in bassa frequenza (50-60 Hz).
I limiti all’esposizione, inoltre, si distinguono in limiti di base (o primari) ed in
limiti di riferimento ( o secondari o derivati).
I limiti di base, congegnati per prevenire qualsiasi conseguenza negativa degli
effetti a breve termine legati a campi EM tempo – varianti (stimolazione di nervi e
muscoli periferici, scosse e bruciature derivanti dal contatto con oggetti conduttori ed
elevate temperature a livello tessutale), sono specificati, al variare della banda
frequenziale d’interesse, in termini di grandezze rilevanti ai fini biologici, quali la
densità di corrente indotta e ovviamente il SAR.
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Essendo tali grandezze non agevolmente misurabili, in quanto non possono
essere determinate direttamente, vengono introdotti i limiti di riferimento, che sono
espressi in termini di parametri fisici più facilmente accessibili, come l’intensità del
campo elettrico e magnetico o la densità di potenza incidenti.
I limiti primari devono essere sempre rispettati, mentre è ammesso il
superamento di quelli secondari, purchè rimanga assicurata per altra via
l’ottemperanza ai limiti di base.
La normativa sperimentale, poi si sviluppa seconda una struttura a due livelli, in
funzione della quale si opera un ulteriore distinzione tra lavoratori e popolazione, con
riferimento a due diverse situazioni: ambiente controllato e ambiente non controllato.
Per ambiente controllato si intende un’area in cui è presente un livello di campo
incidente al quale risultano esposte persone (adulti sani) che, in relazione al loro
impiego (dipendente o autonomo), sono consapevoli dell’esposizione stessa ed
eventualmente fornite di informazioni ed addestramento appropriati.
Per ambiente non controllato, viceversa, si intende un’area dove gli individui
(appartenenti ad un campione più ampio ed eterogeneo, nel quale intervengono
soggetti di tutte le età e con stati di salute differenti) non hanno in genere né
conoscenza né controllo dei livelli di radiazione a cui possono essere sottoposti.
Ed è per queste motivazioni che per la popolazione vengono tipicamente fissati
limiti più bassi che per i lavoratori.
Prendendo in esame i correnti valori limite dettati dalle diverse normative
internazionali (IRPA-ICNRP, CENELEC, ANSI-IEE), si evince un sostanziale
accordo nell’indicare, come valore di soglia per gli effetti dannosi alla salute, una
potenza assorbita per unità di massa pari a 4 W/Kg mediati sull’intero corpo; in
ambienti caldi, questa soglia si abbassa a 1W/Kg.