Da Capa a Nachtwey: il reportage di guerra come strumento di comunicazione
La fotografia ha assunto fin dalle sue origini degli aspetti contrastanti, e dato vita ad aspri dibattiti.
L’immagine fotografica può essere identificata come pura rappresentazione della realtà? La fotografia può essere considerata arte?
Queste sono solo alcune delle domande che critici e gente comune si sono posti nel corso dei secoli e che trovano oggi una risposta relativamente certa.
Ci è sembrato doveroso quindi, interpellare, tramite interviste, personalità operanti nel campo delle arti visive. In modo tale da avere opinioni reali e aggiornate sulla condizione odierna del prodotto fotografico.
Moltissime sono le sfumature ed i generi fotografici esistenti, ma solo uno di questi si caratterizza per forza, vigore espressivo, incisività ed evocazione di sentimenti; la fotografia di reportage. Con particolare attenzione per questo genere di immagini, si è voluto tracciare un vasto percorso storico approfondendo l’operato di coloro che ebbero il merito di dare vita al fotoreportage, calandosi negli scenari bellici a fianco dei soldati e offrendo il loro corpo alla morte solo per documentare la guerra.
Dal 1845 (anno del conflitto americano contro il Messico) ad oggi, ogni guerra è stata seguita, ritratta con l’ “occhio testimone” di fotografi impavidi, desiderosi di mostrare gli orrori ed il dolore offerto dai conflitti.
Uomini come l’inglese Robert Fenton, l’ ungherese Robert Capa, l’americano James Nachtwey e moltissimi altri, ci hanno regalato dei “documenti” dal valore inestimabile; testimonianze intrise non solo di informazioni ma di sentimenti e spunti di riflessione.
Le fotografie in generale possono essere viste come delle prove del mondo, quelle dei reportage di guerra sono molto di più. Esse sono atti che oltre a documentare la realtà, protestano aspramente contro quest’ultima e nel farlo intendono scuotere gli animi di coloro che guardano. Le immagini dei grandi reporter non lasciano scampo all’indifferenza, pongono al lettore un imperativo; autoanalisi.
La fotografia - come afferma Giorgio Bocca in un’intervista - supera qualsiasi mediazione concettuale, finendo per stimolare direttamente anche l'emotività e l'empatia personale del "lettore". La sua capacità "sintetica" in quanto traduzione iconica di una complessa serie di informazioni, direttamente 'leggibili' senza alcuna mediazione linguistica la pone in grado di trovare immediata rispondenza presso l'umanità di ogni uomo.
Si può credere che il fotografo sia affetto da cinismo, ma non è così, la professionalità è l’arma vincente che li spinge a non fermarsi davanti alle piaghe sociali. Documentare oggi per migliorare il domani è il motto della maggior parte di loro.
L’opera è stata suddivisa in tre capitoli.
Innanzitutto ci siamo avventurati nel lungo e intricato percorso del mezzo fotografico, che ha visto alle origini prove fallimentari, o poco utili alla sua evoluzione. Lo studio è proseguito con l’analisi semiologica della fotografia, affrontando inoltre l’ineliminabile impasse fra aspetto “oggettivo” e “soggettivo” dell’immagine. Sono state poi esaminate minuziosamente, alcune fra le più interessanti riflessioni dello studioso Roland Barthes, e passati in rassegna tutti i generi associabili alla fotografia. Facendo un netto riferimento al mondo letterario si è voluta sottolineare così la stretta relazione fra testo e immagine.
Il secondo capitolo esamina il percorso del reportage di guerra, enfatizzando l’aspetto della documentazione di quest’ultima da parte dei fotografi e di come questi, assieme ai soldati, si siano immersi nella scena rischiando a loro volta la vita. Viene quindi riportato un quadro generale dei maggiori conflitti mondiali dal 1855 fino ad oggi. Oggetto fondamentale dell’indagine è inoltre la figura di Robert Capa, fotografo ungherese che proprio grazie alla sua tenacia è diventato un mito. Grande enfasi verrà data anche alla prestigiosa agenzia Magnum photos, per anni, ricettacolo dei più importanti fotografi del mondo.
Il lavoro continua con un capitolo dedicato perlopiù alla figura di uno dei maggiori fotoreporter viventi, James Nachtwey, testimone di tutti (o quasi) i conflitti degli ultimi trent’anni. Verrà presa in esame la battaglia portata avanti dall’Agenzia VII e di come quest’ultima abbia tentato di dare una svolta al mercato dell’immagine.
Si procederà tra l’altro all’analisi di alcune immagini fotografiche appartenenti al genere del reportage di guerra, provando ad allargare gli “orizzonti” dell’occhio umano che è spesso vincolato alla denotazione di ciò che effettivamente vede, senza riuscire ad andare “oltre”.
L’ultima parte dello studio punta alle considerazioni finali della materia trattata, riassumendo quali aspetti del problema affrontato nel lavoro di tesi possono oggettivamente dirsi chiusi in maniera soddisfacente, e quali aspetti sono migliorabili con un approccio diverso da quello seguito.
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Informazioni tesi
Autore: | Nunzio Barrilà |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Catania |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Enzo Gabriele Leanza |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 88 |
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