La dialettica di ideale ed esperienza nel Diario di Kierkegaard
La coscienza contemporanea dominata dal sentimento del post avverte, forse come non mai, la propria debolezza e la propria inanità. In un tempo in cui tutte le risposte “forti” sembrano essere smontate da uno spirito scientifico che le scompone e le indaga microscopicamente, urge una soluzione positiva che ci permetta di rimettere attivamente mano sulla costruzione della nostra vita.
Il seguente lavoro è animato dalla volontà di trovare un punto di partenza da cui muovere per una formazione rispettosa della nostra natura e delle nostre inclinazioni, capace di far risaltare l'originalità, l'autenticità e la dignità che da sempre caratterizzano l'esistenza umana. In questa ricerca su una verità possibile mi sono imbattuto nell'esperienza kierkegaardiana, tanto affascinante quanto controversa e atta a interpretazioni discordanti. Il mio obiettivo è dunque tentare di fare un po' chiarezza e, lungi dal voler sistematizzare Kierkegaard o darne una valutazione e interpretazione globale, provare ad estrapolare un possibile stile di vita, ragionando su e con le pagine kierkegaardiane, verificandone la coerenza alla luce di una tensione irriducibile tra ideale ed esperienza.
Ovviamente l'opera kierkegaardiana è mossa da un profondo legame con il suo ideale di riferimento, quello religioso; in questo modo la critica ha per lo più sovrapposto l'ideale in generale e la fede religiosa, così tanto a lungo si è dibattuto sul rapporto tra Kierkegaard e la religione, ma difficilmente si è parlato di Kierkegaard in rapporto al suo ideale.
In questa sorta di metonimia, con cui si è voluta identificare la religione con l'unico ideale possibile, si perde un contributo rilevante che possiamo ricevere dall'esperienza kierkegaardiana: come relazionarsi al proprio ideale. L'obiettivo del mio lavoro diventa un'indagine su una questione preliminare in merito a questo argomento, ovvero cogliere gli schemi di riferimento da tenere presenti quando ci si imbatte nell'ideale in Kierkegaard.
Rileggendo il Diario secondo questa chiave di lettura, sono emerse considerazioni tutt'altro che scontate. L'esperienza kierkegaardiana è notoriamente caratterizzata da una profonda dicotomia tra il suo lato pratico e quello teorico, per dirla come Kierkegaard tra le dotazioni spirituali e le inclinazioni terrene; questa scissione si mostra anche nella considerazione dell'ideale, che Kierkegaard alterna giocando tra due sfumature mai dichiarate, ma profondamente diverse tra loro: da una parte troviamo uno scenario dominato dall'ideale costruttivo, capace di guidarci verso la realizzazione delle nostre peculiarità, dall'altra troviamo un ideale distruttivo e opprimente che soffoca il nostro io e ci spinge verso risposte impersonali e inautentiche. A rimanere sempre centrale è non solo l'ideale, ma anche la consapevolezza che ogni convinzione e ogni modello di riferimento trovano la propria realizzazione nell'esperienza, capace di diventare il luogo della nostra realizzazione, o la gabbia della nostra originalità, a seconda del modo in cui ci rapportiamo al nostro ideale; ecco perché appare corretto riassumere l'intera questione proposta nell'immagine di una costante dialettica tra ideale ed esperienza.
Nel primo capitolo presenterò tutte le ricorrenze dell'ideale all'interno del Diario, nel suo rapporto con l'esperienza. Nel secondo capitolo il discorso sarà allargato ai vari luoghi in cui l'ideale ricorre nell'esistenza e soprattutto nel pensiero di Kierkegaard. In questa prima parte non ricorreranno citazioni provenienti da altri testi, perché l'intento è innanzitutto di ricostruire un quadro chiaro di quanto si acquisisce dalla lettura del Diario.
La seconda parte del lavoro prosegue la parabola iniziata con i primi due capitoli, permettendoci di allargare ulteriormente il nostro orizzonte, proponendo una valutazione di quanto presentato. Nel terzo capitolo cercherò di recuperare le tematiche e i problemi proposti soprattutto nel secondo capitolo, approfondendo tali nodi attraverso i contributi di alcuni importanti pensatori. Come precedentemente accennato, malgrado la relativa novità dell'argomento proposto, i testi a cui ci si può riferire sono moltissimi: tenendo presente la suddetta nota sul metodo, ho cercato di recuperare gli autori più legati allo studio della figura kierkegaardiana, o comunque più in linea con il tema della mia analisi, considerando apporti che rendano giustizia ai vari contesti in cui la critica kierkegaardiana si forma. Nel quarto capitolo proverò a tirare le fila del discorso, presentando, attraverso gli autori già citati, le questioni lasciate aperte da Kierkegaard, e valutando in definitiva il contributo kierkegaardiano, provando a cogliere cosa possiamo conservare e cosa dobbiamo invece integrare.
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Informazioni tesi
Autore: | Piergiacomo Severini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Macerata |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Luigi Alici |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 109 |
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